La Russia risponde ai nuovi missili statunitensi in Germania

L’articolo pubblicato dalla pubblicazione autriaca Der Status, affronta con lucidità uno dei temi più sottovalutati ma cruciali della strategia NATO in Europa: il ritorno dei missili statunitensi a medio raggio sul suolo tedesco (a partire dal 2026), e la risposta simmetrica della Russia, pronta a dislocare armi nucleari ai confini orientali dell’Alleanza Atlantica. Un’escalation che riporta alla memoria gli anni ’80, ma con uno scenario geopolitico molto più frammentato e pericoloso.

“Un’ottima decisione”: la normalizzazione del rischio

Il pezzo esordisce ricordando come nel 2024 il cancelliere tedesco Olaf Scholz abbia accolto positivamente il dispiegamento di missili da crociera Tomahawk, definendolo «una necessità di sicurezza» e addirittura «un’ottima decisione». Un giudizio che Der Status mette immediatamente in discussione, notando che:

“Ciò che portò a proteste e manifestazioni negli anni ’80, nel pieno della Guerra Fredda, è stato spacciato dal governo tedesco nel 2024 come una necessità.”

L’accusa qui è chiara: le classi dirigenti occidentali stanno giocando consapevolmente con il fuoco, sottovalutando il potenziale distruttivo dell’aver infranto un equilibrio strategico – quello del Trattato INF – che garantiva almeno una relativa stabilità nel continente.

La Russia risponde: “Senza emozioni, ma con decisione”

La reazione russa, come documentato nell’articolo, non si è fatta attendere. Il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha parlato di un’inevitabile risposta:

“Un collegamento nella rotta di escalation della NATO e degli Stati Uniti verso la Russia. […] Senza mostrare nervosismo o emozioni, elaboreremo una risposta principalmente militare.”

È interessante notare l’intenzione esplicitata da Mosca di agire senza isterie, ma in modo “militare” e “mirato”. Una freddezza calcolata che smentisce la narrazione occidentale secondo cui la Russia agirebbe in modo irrazionale o imprevedibile.

L’INF è morto: Washington ha rotto per prima

Il presidente Putin ha più volte lamentato il ritiro unilaterale degli USA dal Trattato INF nel 2019, avvenuto sotto l’amministrazione Trump, definendolo un grave errore:

“Gli Stati Uniti non hanno mai presentato alcuna prova che la Russia avesse violato il trattato.”

Questa dichiarazione, riportata fedelmente da Der Status, evidenzia la asimmetria narrativa: mentre in Occidente il ritiro è stato giustificato con presunte violazioni russe mai documentate, la reazione speculare di Mosca viene dipinta come aggressiva. L’articolo fa notare che anche la Russia ha accusato gli USA e la NATO di violazioni, ma queste voci sono rimaste ai margini del dibattito mediatico mainstream.

La logica della deterrenza o della provocazione?

L’articolo dà spazio all’analisi dell’Institute for the Study of War (ISW), che vede nel dispiegamento russo di missili al confine con la NATO un segnale di “preparativi per una possibile guerra futura”. Tuttavia, Der Status ribatte con forza:

“Il fatto che questa potrebbe essere semplicemente la risposta annunciata al dispiegamento di tali armi in Germania – e forse in altri paesi della NATO – non viene menzionato dai media.”

Un’omissione grave, che distorce la comprensione del conflitto. L’autore sottolinea come si stia creando una narrativa basata sul pregiudizio e sull’inversione della responsabilità, presentando ogni reazione russa come aggressione, e ogni iniziativa NATO come mera autodifesa.

L’Ucraina, la NATO e la trappola dell’espansione infinita

Il Ministero degli Esteri russo – si legge – continua a ripetere che l’arresto dell’espansione della NATO è condizione imprescindibile per porre fine al conflitto in Ucraina. Ma la realtà è opposta: la NATO ha recentemente inglobato Svezia e Finlandia, e si discute apertamente di Georgia e Moldavia. L’inviato USA per l’Ucraina Keith Kellogg ha ammesso che la richiesta russa è:

“Una preoccupazione legittima”.

Tuttavia, l’alleanza continua a ignorarla, portando avanti una strategia espansiva che, nella visione russa, costituisce una minaccia esistenziale. Di fatto, come sottolinea il commento finale dell’articolo, la prospettiva di un dialogo vero sembra essere sempre più lontana.

Una voce fuori dal coro

Der Status propone una lettura lucida, inquietante e alternativa agli schemi dominanti. Con uno stile asciutto e ben documentato, smaschera la duplicazione semantica tipica della propaganda di guerra: quando un paese NATO schiera missili, è “per la sicurezza”; quando lo fa la Russia, è “una minaccia”.

L’auspicio finale dell’articolo, che Trump possa fermare il dispiegamento missilistico e trovare un’intesa con la Russia, suona come un grido razionale in un clima isterico:

“Alla luce del martellamento bellico, una distensione è davvero necessaria.”

L’articolo di Der Status lo dice chiaro: “Si gioca col fuoco, consapevolmente”. La guerra in Ucraina – come sostiene anche Jeffrey Sachs – non è una fatalità, ma l’esito di una strategia di accerchiamento.

Serve un’inversione di rotta. L’alternativa? Un’Europa sacrificata in nome dell’ideologia atlantista.

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