Trump e il Futuro di Gaza
Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti prenderanno il controllo della Striscia di Gaza dopo la guerra con Israele, con l’obiettivo di rimuovere detriti, tunnel ed esplosivi lasciati da Hamas. Secondo l’ex presidente, Washington avrà una “posizione di proprietà a lungo termine” nella regione e guiderà lo sviluppo economico dell’area, creando posti di lavoro e abitazioni per i suoi futuri abitanti.
L’annuncio è stato fatto accanto al premier israeliano Benjamin Netanyahu, il quale ha definito la proposta “qualcosa che potrebbe cambiare la storia”. Parallelamente, Trump ha avanzato l’ipotesi di trasferire la popolazione palestinese di Gaza in un altro paese arabo o musulmano, valutando che la ricostruzione della Striscia sotto un’amministrazione palestinese “non funzionerà mai”.
Secondo Trump, il controllo americano trasformerebbe Gaza in una sorta di “Riviera del Medio Oriente”, con investimenti internazionali e un’attrattiva turistica globale. Tuttavia, questa visione si scontra con molteplici ostacoli politici e logistici. Un giornalista presente ha contestato la legittimità dell’idea, sostenendo che Gaza sia un territorio sovrano. Trump ha evitato una risposta diretta, sottolineando piuttosto il ruolo stabilizzatore che gli Stati Uniti potrebbero avere nella regione.
L’idea di un’amministrazione americana su Gaza rimane altamente controversa, anche all’interno di Israele, dove il trasferimento forzato della popolazione palestinese rappresenta un tabù. Tuttavia, Trump ha sottolineato che la realtà attuale impedisce un rapido ritorno degli sfollati: la maggior parte degli edifici della Striscia è stata distrutta, mentre acqua potabile ed elettricità sono praticamente inesistenti.
Gaza non potrà essere completamente ricostruita se non tra 10-12 anni
Durante un’intervista trasmessa su Newsmax TV nel programma “The Record”, l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, ha dichiarato che la ricostruzione completa di Gaza non potrà iniziare prima di 10-12 anni, e che il completamento di un progetto credibile potrebbe richiedere dai 15 ai 20 anni (vedi: Breitbart). Witkoff ha spiegato che l’idea di ricostruire la Striscia in cinque anni è irrealizzabile, poiché solo la rimozione degli ordigni inesplosi richiederà almeno due anni. Inoltre, saranno necessari altri tre anni per sgomberare le macerie. Una volta completate queste operazioni, un’analisi del sottosuolo dovrà verificare la stabilità delle fondamenta, compromesse dalla vasta rete di tunnel scavati da Hamas.
Greta Van Susteren, conduttrice dell’intervista, ha sollevato un interrogativo cruciale: chi governerà Gaza? Ha sottolineato che Israele non permetterà a Hamas di ricostruire e governare il territorio, rendendo necessario un nuovo assetto amministrativo. Witkoff ha concordato, affermando che attualmente “non c’è molto da governare a Gaza” e ribadendo l’irrealizzabilità di una ricostruzione rapida. Secondo l’amministrazione Trump, qualsiasi futuro governo della Striscia non potrà includere membri di organizzazioni terroristiche come Hamas.
L’idea di Trump rappresenta dunque un drastico cambio di paradigma rispetto alla gestione internazionale di Gaza, ma le implicazioni geopolitiche ed etiche di tale proposta restano enormi. Sarà una soluzione realistica o solo un’idea destinata a scontrarsi con le complesse dinamiche della regione?
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