La nostra crisi, la loro opportunità

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Il seguente articolo scritto da John Waters per l’Irish Times, è molto interessante, pone alcune domande: che senso  ha oggi parlare di “patria” , che senso ha l’entità “paese” quando poi i “paesi” si  indicano solo in termini economici?

la sopravvivenza di concetti quali “bene comune” sono finzioni residue che si basano su un senso nostalgico della realtà. Non soltanto in un paese che si è affidato all’economia globale non è più plausibile un appello etico, ma oltretutto non ha proprio senso parlare di un’entità definita “paese”.

In secondo luogo Egli evidenzia un’altra scomoda verità, che nella crisi attuale c’è chi fa comunque lucrosi guadagni  sul fallimento, sull’impoverimento, è permesso dalle regole di borsa. Io mi  domando che lavoro è un lavoro che guadagna virtualmente, che lavoro è?  Dov’è il lavoro, non è lavoro dell’ingegno, è lavoro dell’astuzia, che sfrutta la conoscenza dei meccanismi tecnici della speculazione. Ma in questi termini un delinquente da cosa si distingue? Evidentemente che c’è una delinquenza legalizzata ed una no.  Tutto questo lo abbiamo accettato tutti noi accettando la “globalizzazione”, la via per rendere i guadagni astronomici sfruttato il “mercato globale”, così si chiama il mondo. E’ un’assurdità, quando il denaro non è legato al lavoro è un’assurdità, invece vive e si moltiplica di vita propria si genera a debito sul lavoro della gente, gonfiando le economie e poi facendole fallire, pagano infine sempre chi il lavoro lo fa, come vediamo… Tutto questo l’abbiamo accettato, perchè non ce ne siamo accorti? Non ce ne siamo neanche accorti finora… Si è giocato tutto su una assenza. Abbiamo lasciato fare e lasciamo ancora fare, basta che ci sia un viso rispettabile, non ci balena neanche il sopsetto  che il pproblema è su dove abbiamo costruito, su quali basi e su quali regole. Ci siamo arrabbiati sulle opzione che ci hanno presentate , ma non erano le migliori, erano avvelenate, per il guadagno ed il predominio di pochi, per l’idea di un bene e di una Europa e di un mondo globale, una realtà globale. Ci hanno sviato, hanno sviato la nostra attenzione e lo faranno ancora, siamo troppo prevedibili.  Ci accontentiamo.  (VietatoParlare.it)

Ma ecco l’articolo:

fonte: http://www.presseurop.eu/ articolo di  John Waters

Gaillimh, Ireland. Picture by LaetiBobo

L’altra mattina sul sito dell’Irish Times un link pubblicitario ha attirato la mia attenzione: “L’euro starà anche per disintegrarsi, ma ciò non significa che non se ne possa trarre qualche vantaggio”. Il tono di quell’affermazione perentoria, così antitetica alla compassione che di norma si dovrebbe accompagnare a queste faccende, mi ha indotto a cliccarci sopra.

È saltato fuori che si trattava della pubblicità di un sito che offre newsletter quotidiane di aggiornamento sugli investimenti, con informazioni e “soltanto le notizie da cui si può trarre profitto”. Promette a chi si abbona di ricevere dritte da insider sugli sviluppi più immediati della crisi dell’euro. L’incombente “punto di flesso” – il momento di inversione in corrispondenza del quale i mercati si ribalteranno – potrebbe fornire agli iniziati opportunità di “profitti straordinari”. Vengano signori! Vengano!

Nel mio caso, alla lettura  della pubblicità si è accompagnata una strana e imbarazzante sensazione: mi sono reso conto non soltanto che gli affari continuano malgrado il disastro in corso, ma anche che il disastro stesso offre possibilità di lucro ad alcuni. Non ci aspetterebbe mai di leggere cose simili nelle pagine dei commenti o delle lettere di un giornale, eppure eccola lì, invece, indirizzata al medesimo pubblico di lettori: l’idea di mercati “dalle zanne e dagli artigli insanguinati”.

In prima pagina sull’edizione cartacea dell’Irish Times di quel medesimo giorno c’era un articolo intitolato “L’Europa vuole esaminare minuziosamente l’Irlanda anche molto dopo il bailout”. Ma che cosa si intende per “Irlanda” in questo caso? Il titolo implica l’esistenza di una comunità normale, che abbia  interessi condivisi: l’idea che alcuni distinti “noi” stiano affrontando una situazione comune a tutti. Questa comunità può includere anche coloro che pensano di “trarre straordinari guadagni” da eventi che precipitano tutti gli altri in un disastro fatale?
L’inserzione pubblicitaria sulla speculazione nella zona euro ci ricorda che in questo contesto non esiste un “noi” di cui valga la pena parlare, che la sopravvivenza di concetti quali “bene comune” sono finzioni residue che si basano su un senso nostalgico della realtà. Non soltanto in un paese che si è affidato all’economia globale non è più plausibile un appello etico, ma oltretutto non ha proprio senso parlare di un’entità definita “paese”.

Oggi esistono soltanto gli interessi conflittuali di attori che cercano di affermarsi in un gioco dal quale, per puro caso, dipendono anche le sorti reali di popoli reali che vivono vite reali. È ormai questo che si intende per “economia”. Le nostre organizzazioni mediatiche – tutte entità commerciali – sono impegnate nel business di informarci su quello che sta accadendo, ma anch’esse sono intrappolate nell’assurdo dualismo della realtà economica moderna: allo stesso tempo si rivolgono a una popolazione generica immaginaria – che si presume sarà colpita in modo negativo dagli eventi – e fanno cenni di complice approvazione agli  avvoltoi che volano in cerchio sulle nostre teste. (traduzione di Anna Bissanti).

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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