La Moneta Fiscale come soluzione economica: la proposta di Armando Savini su “Il Vaso di Pandora”

Immaginate uno strumento capace di dare una spinta all’economia italiana senza aumentare il debito pubblico nei modi tradizionali. Un’idea che circola da tempo, e che sta tornando con forza nel dibattito economico, è quella della moneta fiscale.

In termini molto semplici, la moneta fiscale — come proposta da anni dall’esperto Fabio Conditi — non è una nuova moneta che sostituisce l’euro. Pensatela piuttosto come una sorta di “buono” o “certificato” fiscale, emesso dallo Stato, con un valore riconosciuto per il pagamento delle tasse. Questi “buoni” potrebbero essere utilizzati da cittadini e imprese in mezzo di pagamento con cui dedere un mezzo per pagare i propri obblighi fiscali, creando così un circuito virtuoso all’interno del Paese.

Per chiarire ancora meglio: immaginate che lo Stato sia come un grande fornitore di servizi per tutti noi — scuole, ospedali, strade, ecc. Per finanziarli, ha bisogno delle tasse che cittadini e imprese versano. E’ grazie a questo credito che vanta che può emettere moneta fiscale, valida solo all’interno del teritorio nazionale. Questo è una cosa legittima e potrebbe farlo. La UE lo concede.

Anche la moneta che usiamo tutti i giorni, l’euro, è in fondo una promessa di pagamento. Quando lo Stato spende, in realtà sta trasferendo a qualcuno (un’impresa che costruisce una strada, un medico, un dipendente pubblico) la possibilità di pagare tasse future. È come se dicesse: “Ecco a te questo ‘pezzo di carta’ (o numero sul conto); con questo potrai saldare il tuo debito con me, quando arriverà il momento delle tasse.”

In questo senso, la moneta in circolazione è legata a un debito fiscale che lo Stato ci autorizza a estinguere. L’euro è una moneta basata sul debito, senza alcun altro valore.

L’idea della moneta fiscale, come la immagina Fabio Conditi, è un’evoluzione di questo concetto. Invece di aspettare che un cittadino o un’impresa guadagni euro per poi pagare le tasse, lo Stato potrebbe emettere direttamente dei certificati o buoni fiscali già validi per farlo.

Immaginate lo Stato che dica: “Ecco a voi questi buoni fiscali. Potete usarli tra di voi per acquistare e vendere beni o servizi e, alla fine, per pagare le tasse che mi dovete.”

Così facendo, lo Stato non crea nuova moneta “ufficiale” (euro) — il che potrebbe infrangere le regole europee — ma anticipa il diritto a saldare un debito fiscale futuro, mettendo in circolo uno strumento di pagamento accettato all’interno del Paese.

È come se dicesse: “Vi fornisco fin da ora un mezzo per estinguere un debito fiscale che avrete più avanti. Nel frattempo, potete scambiarlo anche tra di voi.” Questo potrebbe rilanciare l’economia interna, senza bisogno di interventi diretti della Banca Centrale Europea.


L’idea di Conditi è stata ripresa e rilanciata recentemente dall’economista Armando Savini, durante un intervento sul canale Il Vaso di Pandora. Savini parte dalla constatazione che l’Italia ha perso, nel tempo, strumenti fondamentali di politica economica. In assenza di una banca centrale nazionale e con investimenti pubblici frenati dal timore del debito, si rende necessaria una via alternativa per immettere liquidità nell’economia reale.

Nel suo intervento, Savini ha sottolineato come altri Paesi, in particolare la Cina, abbiano saputo utilizzare strumenti di politica economica attiva per sostenere la crescita, senza farsi ingabbiare da vincoli ideologici liberisti. La proposta della moneta fiscale, guardando anche alle idee di Conditi, si inserisce proprio in questa riflessione: trovare soluzioni nuove, concrete e praticabili per rilanciare l’Italia, sfruttando al meglio le possibilità offerte dal contesto europeo.

Savini ha anche tracciato un parallelo tra il sistema economico cinese e quello europeo, evidenziando le debolezze dell’architettura economica italiana rispetto a un modello come quello cinese, dove lo Stato investe e guida strategicamente lo sviluppo.

In quest’ottica,  l’economista ha proposto l’introduzione di strumenti monetari alternativi, compatibili con le norme europee ma potenzialmente trasformativi per l’economia italiana. Un chiaro riferimento è stato fatto a Fabio Conditi, da anni promotore del concetto di moneta fiscale anche in sedi istituzionali e politiche.

Tra i passaggi più rilevanti di Armando Savini:

Il contesto: debolezza dell’architettura economica europea

Secondo Savini, l’Italia è oggi priva delle principali leve di controllo economico:

Non ha più una banca centrale sovrana.

Ha perso le banche pubbliche, necessarie per il credito a basso costo.

Gli investimenti pubblici sono stati demonizzati in nome del contenimento del debito.

Questa situazione, secondo l’economista, è figlia di una visione liberista e poco critica, dominata dall’idea che il debito pubblico sia un “macigno”, come sostenuto da economisti come Carlo Cottarelli, a cui Savini si oppone apertamente. Il problema, sostiene, è che la Germania ha mantenuto le sue banche pubbliche, e ha potuto crescere anche grazie a questi strumenti, mentre l’Italia è rimasta vincolata e priva di strumenti.

Il modello cinese: un’alternativa strategica

Savini indica la Cina come esempio positivo di gestione economica pubblica:

Investimenti massicci da parte dello Stato.

Moneta creata direttamente dalla banca centrale e immessa nell’economia reale.

Controllo strategico dei settori produttivi prioritari.

In contrasto con l’Europa, la Cina non ha seguito i dogmi del FMI, e questo le ha permesso di espandere infrastrutture, innovazione e occupazione. Secondo Savini, la lezione è chiara: servono strumenti di moneta e credito alternativi, utilizzabili all’interno del sistema attuale ma capaci di generare impatto reale.

Le proposte concrete: moneta fiscale e certificati di credito

Savini ha illustrato due strumenti principali che potrebbero essere introdotti anche domani, senza violare i trattati europei:

1. Banconote di Stato o biglietti di Stato interni
Una valuta alternativa non ufficiale ma riconosciuta dallo Stato, utilizzabile solo all’interno del territorio nazionale.

Potrebbe funzionare come mezzo di pagamento tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione.

Richiama strumenti storici come le 500 lire di carta o i più recenti Minibot.

2. Certificati di Credito Fiscale (CCF)
Crediti fiscali vantati da aziende nei confronti dello Stato (es. detrazioni) vengono monetizzati e resi cedibili.

Questi certificati possono essere scambiati, spesi per pagare fornitori o dipendenti.

Creano liquidità senza bisogno di emissioni di debito pubblico tradizionali.

Savini cita esplicitamente Fabio Conditi, sostenitore dei CCF e promotore del concetto di credito fiscale cedibile presso varie istituzioni, compresi alcuni membri dell’attuale governo italiano.

Il precedente del Superbonus 110%

Come prova della fattibilità di questi strumenti, Savini cita il Superbonus 110%:

Uno strumento che ha mobilitato miliardi, generando detrazioni fiscali cedibili e usate come valuta.

Ha creato lavoro, rilanciato l’edilizia e stimolato l’economia.

È stato però bruscamente interrotto dal Ministero dell’Economia (Giorgetti), con la motivazione che “stava creando moneta”.

Savini contesta questa lettura, sostenendo che creare moneta interna, a uso domestico, non è una violazione, ma un’opportunità in un contesto dove la BCE non fornisce più stimoli diretti all’economia reale.

Critica all’approccio attuale

L’economista denuncia l’inadeguatezza della classe dirigente italiana, colpevole di:

Non comprendere la differenza tra moneta e debito pubblico.

Non sfruttare le possibilità offerte dai regolamenti europei, che permettono forme di credito fiscale e strumenti interni.

Essere spesso più attenta alle campagne elettorali che alla politica economica di lungo termine.

Conclusione: una proposta attuabile

Savini sostiene che l’Italia potrebbe generare fino a 1.000 miliardi di euro attraverso la moneta fiscale. L’alternativa è tra:

Continuare a vivere in un vincolo esterno permanente, con economia stagnante;

Oppure usare strumenti compatibili ma innovativi, che mettano al centro la sovranità economica nazionale senza dover uscire dall’euro.

L’economista conclude il suo ragionamento con un messaggio chiaro ed amaro: “ci vogliono politici che pensano alle prossime generazioni, non alle prossime elezioni.”