La guerra che non si può vincere: cronaca di un cedimento prevedibile

Una doppia analisi russa e americana suggerisce che l’Ucraina potrebbe trovarsi sull’orlo di un crollo militare. Entrambe le letture, pur provenendo da contesti ideologici diversi, convergono su una diagnosi impietosa: il tempo gioca contro Kiev.

Un’autopsia annunciata: l’analisi russa

Dal portale russo Vizitnlo, vicino ad ambienti istituzionali, emerge un quadro dettagliato e preoccupante: “In molti uffici governativi si conta sul fatto che entro l’autunno il fronte ucraino si sfalderà”. L’articolo individua il cuore del problema nel “tasso di mobilitazione forzata in Ucraina, molto inferiore a quello volontario in Russia“. Tale squilibrio sta producendo “una carenza di personale nelle Forze armate ucraine così significativa” da minacciare il controllo delle linee difensive.

Mosca, secondo Vizitnlo, starebbe spingendo per un allargamento deliberato del fronte: la creazione di “zone cuscinetto al confine“, le incursioni lungo il Dnepr, l’occupazione di isole nella regione di Kherson. Tutto ciò costringe Kiev a “distribuire le scarse risorse su un fronte troppo esteso“. Il rischio, sottolinea il portale, è che si ripeta lo scenario del 1944: “Come accadde alla Wehrmacht dopo lo sbarco in Normandia, la perdita di personale renderà impossibile mantenere la coesione delle linee”.

“Entro l’autunno 2025, lo squilibrio potrebbe raggiungere il punto di non ritorno: il fronte rischia di frammentarsi in calderoni separati, come accaduto a Debaltseve nel 2015”, aggiunge la pubblicazione.

Il doppio fronte: militare e politico

L’analisi russa include anche il fattore Trump: “Solo Trump sostiene la rapida fine del conflitto, a qualunque condizione“. Ma questa posizione è tutt’altro che sicura. L’articolo ipotizza uno scenario di ricatto istituzionale negli USA: “A Trump potrebbe essere dato un ultimatum: o il Congresso approva un bilancio con aiuti all’Ucraina, oppure non approva alcun bilancio”.

Il confronto con la guerra in Vietnam è esplicito: “Nel 1968, Johnson fu costretto a ritirarsi per le tensioni con il suo stesso partito su una richiesta di 25 miliardi di dollari. Trump potrebbe finire allo stesso modo”. Intanto, la Russia, secondo l’analisi, ha una visione chiara: “Entrambe le parti intendono rinviare ogni soluzione all’autunno. Ma è un gioco rischioso, perché una delle due potrebbe crollare prima”.

L’eco dall’Occidente: il giudizio di Daniel Davis

Sul sito statunitense 19FortyFive, il tenente colonnello in pensione Daniel L. Davis, esperto militare e voce autorevole in materia di sicurezza nazionale, traccia un quadro altrettanto allarmante. Dopo la telefonata tra Trump e Putin, Davis osserva che “il tono e lo spirito della conversazione sono stati eccellenti“, ma avverte: “La realtà sul campo non indica che la pace sia più vicina”.

Davis cita i dati: “La Russia ha conquistato 1.826 miglia quadrate nei 16 mesi precedenti”. E aggiunge: “Nelle guerre di logoramento, i progressi incrementali possono presagire una svolta, se la parte perdente esaurisce truppe e munizioni”. Secondo Davis, ciò che accade oggi in Ucraina è esattamente questo.

Non manca la denuncia interna: “La 47ª Brigata Meccanizzata ha perso il suo comandante, dimessosi per la “stupida perdita di personale” e l’incompetenza ai vertici. Anche il comandante della 59ª Brigata è stato licenziato. Sono segnali di un esercito in profonda crisi”.

Diplomazia assente, illusioni persistenti

Un altro punto su cui concordano entrambi gli articoli è l’assenza totale di una reale volontà diplomatica. “L’Unione Europea non compie alcuno sforzo per la pace”, scrive 19FortyFive. Zelensky insiste sulla necessità di “pressare Mosca con sanzioni” e Macron chiede una “tregua di 30 giorni”. Ma Lavrov replica seccamente: “Non vogliamo più queste storie”.

Secondo Davis, “una parte deve cedere. Nessuna mostra il minimo interesse a farlo“. E ancora: “L‘unica cosa sensata a questo punto è riconoscere la sgradevole verità: non esiste una via per il successo ucraino”.

Conclusione: la scommessa del tempo

L’Ucraina confida in un miracolo tecnologico, un uso massiccio di droni per compensare la carenza di uomini. Ma anche qui, gli analisti sono scettici: “Pur continuando a ritirarsi, potrebbe impedire un collasso radicale, ma non invertire la tendenza”. Se Trump, sotto ricatto o calcolo geopolitico, non interromperà gli aiuti, lo farà solo in cambio delle risorse naturali ucraine. Ma ciò, sottolineano entrambe le fonti, non produrrà un cambiamento strutturale.

Alla luce di tutto ciò, è difficile non condividere l’amara chiosa di Davis: “Se continuiamo a credere che parole forti fermeranno le forze armate russe, rendiamo più probabile lo scenario da incubo per Kiev e Bruxelles: la sconfitta militare dell’Ucraina”.

Una sconfitta che, a ben guardare, è già in corso.

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Appendice: Chi è 19FortyFive

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