La Germania mantiene il surplus commerciale e ora vuole anche le armi nucleari

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L’esercito europeo attualmente è sostanzialmente a guida tedesca ove l’esercito tedesco ne costituisce la spina dorsale, anche a livello di comando. A questo aggiungiamo il dato che anche per il 2019 il surplus economico tedesco è stato il più alto del mondo. Ora la Germania torna a chiedere alla Francia di mettere il proprio arsenale nucleare sotto guida europea. Tuttavia l’Europa è a guida tedesca e il fine è abbastanza palese e trasparente: al di là dei paroloni la Germania vuole fare asso piglia tutto. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy

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Raggiungere la bomba

“Sotto il comando dell’UE”

Johann Wadephul, vicepresidente del gruppo parlamentare della CDU/CSU al Bundestag e responsabile per la politica estera e militare del gruppo parlamentare dell’Unione, ad inizio settimana ha riaperto la discussione sull’accesso della Germania alle forze nucleari francesi. Wadephul, infatti, chiede che la Repubblica federale “prenda in considerazione una cooperazione con la Francia sulle armi nucleari”. [1] “Il nostro bisogno di disporre di un deterrente nucleare è una realtà”; pertanto è “nell’interesse tedesco poter influenzare la strategia nucleare di chi ci protegge”. La Germania deve “essere pronta a partecipare a questo deterrente nucleare secondo le proprie capacità e risorse”. In cambio, la Francia dovrebbe “mettere le sue armi nucleari sotto un comando congiunto dell’UE o della NATO”. Il presidente francese Emmanuel Macron, che “ci aveva più volte chiesto” di “osare di più per l’Europa”, “ora può dimostrare che anche lui è disposto a farlo”, ha detto Wadephul. Il politico della CDU non ha tuttavia spiegato con quali “mezzi propri” la Germania dovrebbe partecipare al “deterrente nucleare”.

Dalla bomba nazionale a quella “europea”

Gli sforzi delle élite tedesche per trasformare il paese in una potenza nucleare o, in alternativa, per ottenere l’accesso al nucleare militare francese sono vecchi. Già negli anni ’50, i principali politici di Bonn, tra i quali il cancelliere Konrad Adenauer e il ministro della Difesa Franz Josef Strauß, si erano dichiarati in linea di principio favorevoli ad una “bomba tedesca” [2]. Il governo federale, tuttavia, con una certa riluttanza, firmerà il Trattato di non proliferazione nucleare solo il 28 novembre del 1969; per la sua ratifica Bonn aveva poi avuto bisogno di molto tempo, fino al 2 di maggio 1975. All’inizio degli anni 2000, quando l’UE sembrava trovarsi in una fase di rapido ampliamento della difesa comune, gli esperti di politica estera e i consiglieri del governo a Berlino, ancora una volta si erano concentrati sull’accesso tedesco alle armi nucleari, questa volta sotto forma di “forze nucleari comunitarie”. [3] In un documento tedesco di strategia militare del 2003 veniva presa in considerazione la costituzione di “Forze armate strategiche europee riunite”, le quali “avrebbero potuto utilizzare il potenziale nucleare di Francia e Gran Bretagna sotto un alto comando comune europeo”. [4] “La superpotenza europea”, era scritto nel documento, “farà pieno uso dei mezzi previsti dalla politica di potenza internazionale”.

Lo “scudo nucleare europeo”

Gli esperti di politica estera, i consulenti del governo e i pubblicisti tedeschi, sin dall’elezione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, insistono per dotare la Germania di un’arma nucleare. “Berlino dovrà prendere in considerazione lo sviluppo di uno scudo nucleare europeo basato sulle potenzialità francesi e britanniche”, aveva dichiarato il direttore del Global Public Policy Institute di Berlino, Thorsten Benner, a metà novembre 2016. [5] Erano seguite numerose dichiarazioni simili. [6] Il ragionamento è sempre lo stesso: è necessario uno scudo nucleare e non possiamo più fare affidamento su quello degli Stati Uniti. In discussione ci sono soprattutto due varianti. Una riguarda la costruzione di armi nucleari tedesche; si parla di “Germania nucleare” ([7]). Un’altra prevede l’uso della “Force de frappe” francese secondo diversi gradi di influenza. Le opzioni vanno dal cofinanziamento tedesco delle forze nucleari francesi, associato a un certo grado di influenza diretta, fino al posizionamento dei sistemi di armamento “sotto un comando comune dell’UE”, come richiesto recentemente da Wadephul.

Un chiaro no

In Francia, la rinnovata pressione tedesca per la condivisione della forza nucleare sta causando un certo risentimento. Parigi non ha mai avuto dubbi sul fatto che non intende rinunciare al controllo esclusivo sulle sue armi nucleari. A fine 2018, Bruno Tertrais, vicedirettore della Fondation pour la recherche stratégique di Parigi, aveva scritto sul principale giornale di politica estera tedesca che il governo francese “non avrebbe in alcun modo consentito una forza nucleare europea comune sotto la guida dell’UE”; sarebbe anche “irrealistico” supporre “che i partner europei possano cofinanziare le forze armate francesi” al fine di “ottenere una voce in capitolo nella politica di sicurezza francese”. I commentatori francesi nei giorni scorsi hanno parlato dell’insistenza di Berlino sottolineando che la proposta avanzata da Wadephul era già stata “stroncata sul nascere”. [9] L’influente ex generale Vincent Desportes ha sottolineato che il potere decisionale in merito allo scudo nucleare francese non sarebbe stato “condiviso”; una implementazione dell’approccio tedesco nel prossimo futuro è “impensabile” [10]. Corentin Brustlein, direttore del Centre des études de sécurité dell’Institut français des Relations internationales (ifri) di Parigi, conferma che anche “a livello politico non ci sarebbe alcuna volontà di condividere i poteri decisionali in merito all’uso delle armi nucleari” [11]. Il riferimento è al discorso sulla dottrina nucleare francese che il presidente Emmanuel Macron intende presentare venerdi.

Bombe nucleari degli Stati Uniti

In considerazione del rifiuto francese di aprirsi alle arroganti richieste tedesche, il Ministro della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer esorta a mantenere la cosiddetta compartecipazione nucleare nella forma delle bombe atomiche statunitensi depositate presso la base aerea di Büchel nell’Eifel. A Büchel, infatti, ci sono 20 bombe B61. La prospettiva è quella di una loro sostituzione con il modello successivo B61-12. [12] Se necessario, sarebbero i Tornado dell’aeronautica tedesca a lanciarli sul bersaglio. La Germania dovrebbe “continuare a dare il proprio contributo nel contesto della compartecipazione nucleare”, ha affermato lunedì il ministro Kramp-Karrenbauer [13].

Miliardi di euro

La “compartecipazione nucleare” tuttavia ha delle conseguenze alquanto costose, perché i Tornado di stanza a Büchel, data la loro età, entro pochi anni dovranno essere sostituiti. Già in questo trimestre, Berlino dovrà decidere con quale jet da combattimento sostituire i Tornado utilizzati per la “compartecipazione nucleare”. Il favorito al momento è un aereo americano, e cioè il modelo F/A-18, prodotto dalla americana Boeing. [14] In discussione attualmente c’è l’acquisto di circa 40 jet F/A-18. Il prezzo: diversi miliardi di euro.
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[1] Hans Monath: “Wir sollten uns an nuklearer Abschreckung beteiligen”. tagesspiegel.de 02.02.2020.
[2] S. dazu Griff nach der Bombe.
[3] S. dazu Hintergrundbericht: Atombomben für Deutsch-Europa.
[4] S. dazu “Untergang oder Aufstieg zur Weltmacht?”
[5] S. dazu Make Europe great again.
[6] S. dazu Der Schock als Chance und Griff nach der Bombe.
[7] S. dazu Die deutsche Bombe.
[8] Bruno Tertrais: Europas nukleare Frage. Internationale Politik, November/Dezember 2018. S. 108-115.
[9] Pierre Avril: Berlin défie Paris sur le dossier nucléaire. lefigaro.fr 04.02.2020.
[10] Thomas Romanacce: Un député allemand veut que la France partage ses armes nucléaires avec l’Allemagne. capital.fr 04.02.2020.
[11] Georg Ismar, Albrecht Meier: SPD will keine Beteiligung an “nuklearem Wettrüsten”. tagesspiegel.de 03.02.2020.
[12] S. dazu Deutschlands Beitrag zur Bombe.
[13] Georg Ismar, Albrecht Meier: SPD will keine Beteiligung an “nuklearem Wettrüsten”. tagesspiegel.de 03.02.2020
[14] S. dazu Europas Kriegsautonomie.

source:  German Foreign Policy

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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