L’ Azerbaigian minaccia di attaccare una centrale nucleare armena per produrre una catastrofe nucleare

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La situazione nella parte settentrionale del confine tra Armenia e Azerbaigian si è intensificata il 12 luglio.

La causa scatenante sono state le violazioni del regime di cessate il fuoco nella direzione nord-est del confine armeno-azero avviato dalle forze armate azere dal 12 luglio, in merito al consistente bombardamento mirato di infrastrutture civili, nonché della situazione creata da continue azioni aggressive dell’Azerbaigian.

Gli scontri sono in corso ora da tre giorni. La situazione nel Nagorno-Karabakh è rimasta calma. A Baku sono state precedentemente riportate la morte di 11 soldati azeri; a Yerevan, quattro sono stati uccisi e dieci feriti.

Ma oggi, un fatto inatteso e grave: l’ Azerbaigian ha minacciato l’Armenia di poter sferrare un attacco missilistico contro una centrale nucleare (vedi qui  l’armena VERELQ Information and Analytical Center – IAC e l’agenzia di stampa russa Interfax). Secondo Vagif Dargyakhly, il capo del servizio stampa del Ministero della Difesa dell’Azerbaigian:

“La parte armena non deve dimenticare che gli ultimi sistemi missilistici in servizio nel nostro esercito possono colpire la centrale nucleare di Metsamor con alta precisione, e questo si trasformerà in un’enorme tragedia per l’Armenia”.

In realtà danneggiare una centrale nucleare non è così facile – oltre al suo sistema di protezione, con mezzi antimissile e anche aerei, la struttura stessa è a 120 Km dl confine ed è  abbastanza forte da resistere a impatti significativi.

Ma il punto è un altro.

Per la prima volta nella mia memoria, la minaccia di distruggere una centrale nucleare di un paese per provocare una deliberata ‘tragedia civile’ è stata così apertamente espressa.

Dire una cosa del genere è come dire che si vuole provocare una contaminazione radioattiva deliberata, un atto di terrorismo, e comunque un’azione sproporzionata per dispute che potrebbero essere sanate facilmente con un negoziato.

In realtà, questo è il primo segno delle conseguenze delle guerre ibride così diffuse dagli Stati Uniti e da altri paesi negli ultimi anni. Per cui sempre più spesso parlare di guerra non vuol dire più parlare di campagne militari ma di una serie di opzioni per danneggiare l’avversario: esse vanno dalle inique sanzioni che colpiscono specialmente le popolazioni civili alla diffusione deliberata di agenti chimici e biologici.

Come abbiamo visto in Siria con l’appoggio degli Stati Uniti all’ISIS ed al Qaeda, la vittoria militare a volte non disdegna di ripulire il territorio nemico dalla popolazione. Restrizioni e freni preesistenti vengono gradualmente rimossi e la finestra di Overton si sposta nella posizione di “accettabile”.

Perciò si spera che intervengano paesi terzi per placare gli animi e non per soffiare sul fuoco. In proposito, Kiev è intervenuta improvvisamente nel conflitto nel Caucaso meridionale, chiedendo agli armeni di osservare l ‘”integrità territoriale” dell’Azerbaigian. Mentre Mosca ha preferito il ruolo di mediatore, esortando entrambe le parti a smettere di cessare i combattimenti.

La Russia mantiene ancora la sua presenza militare in Armenia e l’Azerbaigian sa che non può vincere un confronto militare diretto con la Russia, anche considerando gli attuali vincoli politici ed economici di Mosca. Ma l’Azeirbaigian negli ultimi anni ha messo in moto la diplomazia per avvicinarsi ad attori chiave come l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Turchia.

Come si può notare, anche in questo caso, le tensioni internazionali si proiettano nelle dispute tra paesi ed in aeree in cui esistono già linee di faglia.

@vietatoparlare

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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