Kursk: Il cinico atteggiamento della dirigenza ucraina

Nella guerra in corso tra Russia e Ucraina c’è un aspetto a cui non mi sembra venga data sufficiente attenzione: mi riferisco all’invasione ucraina nella regione russa di Kursk. Questo evento mette in luce una differenza significativa rispetto all’invasione russa in Ucraina iniziata nel febbraio 2022, non solo dal punto di vista strategico, ma soprattutto sotto l’aspetto etico e morale.

 

La Russia ha giustificato il proprio intervento militare in Ucraina con una serie di motivazioni articolate e complesse, tra cui questioni di sicurezza nazionale, il progressivo riarmo ucraino, la tutela delle popolazioni russofone che si sono opposte alla de-russificazione e alla repressione post-Maidan, e soprattutto la scelta del governo ucraino di inserire nella propria costituzione l’intenzione esplicita di aderire alla NATO, nonostante il conflitto in Donbass fosse ancora in corso e coinvolgesse direttamente Mosca. La presenza crescente della NATO lungo i confini della Russia rappresentava dunque un punto cruciale, così come lo erano le controversie territoriali e le questioni relative alle minoranze russofone. Sebbene tali ragioni non possano automaticamente giustificare una guerra, esse possiedono comunque una logica strategica e storica riconosciuta da numerose analisi internazionali.

Diversamente da quanto fatto dalla Russia, la decisione dell’Ucraina di invadere la regione di Kursk appare animata da motivazioni molto più discutibili dal punto di vista etico. Secondo le dichiarazioni ufficiali, l’Ucraina non rivendica storicamente quel territorio né lo considera strategicamente rilevante per la propria sicurezza nazionale. Al contrario, l’obiettivo sembra essere esclusivamente cinico e strumentale: conquistare un territorio russo con il solo fine di utilizzarlo come merce di scambio durante future trattative diplomatiche. Questo atteggiamento cinico e utilitaristico, che tratta territori e popolazioni civili come semplici “pedine negoziali”, costituisce una grave questione morale.

A conferma di questa preoccupazione etica ci sono le drammatiche conseguenze umanitarie riportate dalla stampa internazionale. La regione di Kursk, precedentemente estranea alle zone attive del conflitto, è stata improvvisamente catapultata in uno scenario bellico, costringendo migliaia di civili ad abbandonare le proprie abitazioni e a percorrere centinaia di chilometri per mettersi al sicuro. Le testimonianze raccolte parlano di distruzioni massicce avvenute nei combattimenti tra le parti, ma anche a distruzione intenzionale operando come ‘terra bruciata” ove hanno avuto il tempo di farlo , insieme a episodi di crimini di guerra verso la popolazione civile che ha scelto di restare.

Questo tipo di intervento ricorda più una “logica della ritorsione” che una vera strategia difensiva o di sicurezza nazionale. Sebbene ogni conflitto sia inevitabilmente tragico, ciò che appare particolarmente problematico nella scelta ucraina è proprio l’intenzione dichiarata di utilizzare il territorio conquistato, insieme a tutti i suoi abitanti, come semplice leva diplomatica, ignorando totalmente il costo umano e materiale di tale operazione, anche per le proprie truppe.

 

In conclusione, mentre la comunità internazionale è chiamata a esaminare con attenzione e imparzialità ogni atto militare, è fondamentale distinguere tra motivazioni geopolitiche – seppur controverse – e ragioni puramente utilitaristiche, che riducono territori e civili a strumenti negoziali.

Note a margine:

A quando pare , a Sudza erano rimasti solo anziani e i pochi che non hanno voluto lasciare le propria casa oppure che non hanno avuto il tempo di farlo.

 
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