Irlanda – Referendum sull’aborto: il giudizio dello scrittore irlandese John Waters

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A maggio in Irlanda ci sarà un referendum per decidere o meno una modifica costituzionale sull’aborto. Attualmente la vita della madre è parificata a quella del nascituro. Il commento di Jhon Waters scrittore e commentatore irlandese, autore di nove libri e drammaturgo, giornalista per 20 anni all’ Irish Times..  (Vietato Parlare)

Ecco l’articolo nella traduzione tratta dalla pagina FB di Sabino Paciolla.

[su_heading style=”dotted-line-blue” size=”19″]L’ideologia che inganna ed assopisce i popoli[/su_heading]

Da quasi sei anni mi occupo di quella che mi è sembrata una battaglia politica continua, non strettamente legata a questioni riguardanti la famiglia e i bambini e convergenti sulla Costituzione irlandese. Questa battaglia è giunta al terzo referendum. Il primo, nel 2012, relativo a ciò che è stato presentato come “diritti dei bambini”, è stato davvero una violazione dell’autorità dei genitori. Il secondo, nel 2015, ci ha consegnato la versione irlandese del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Entrambi gli emendamenti sono stati approvati con una percentuale di 60 contro 40. Il terzo referendum, che si svolgerà all’inizio della prossima estate, riguarda i diritti dei bambini non ancora nati, che sono stati attaccati da trentacinque anni dai sostenitori dell’aborto.

La mia resistenza a queste iniziative ha una base costante che non si riferisce ad tanto una questione di dottrina cattolica quanto piuttosto ad una determinazione a preservare particolari concezioni del diritto, ora sotto condanna a morte nel mio paese e altrove. Certo, queste concezioni fanno parte dell’insegnamento cristiano, ma io mantengo la distinzione perché trovo che, oggi, le persone sono diventate ignare del fatto che [tali concezioni] sarebbero necessarie e vere anche se Cristo non fosse mai venuto.

Il preambolo della Costituzione irlandese del 1937 inizia con queste parole: “Nel nome della Santissima Trinità, dalla quale viene tutta l’autorità ed alla quale, come ultimo fine, devono essere riferite tutte le azioni degli uomini e degli Stati…”.
Oggi non è immediatamente evidente che questo brano di apertura abbia anche un’interpretazione laica, forse meglio dimostrata dall’osservazione di C. S. Lewis che dice che quando Dio viene abolito dall’uomo, non viene sostituito da “tutti” gli uomini ma da “pochi” uomini che impongono la loro volontà su tutti gli altri.

E’ essenziale, quindi, che le leggi, fondamentali per il funzionamento e la felicità dell’uomo, siano riferite in un qualsiasi senso, verso l’alto, lateralmente, esternamente, anche se preferibilmente non verso il basso. Alcuni diritti sono così fondamentali e non negoziabili che non possono essere lasciati alla mercé del capriccio o del consenso umano. Tra questi figurano alcuni diritti personali, da cui dipendono la sicurezza e le libertà dell’individuo; i diritti della famiglia, che proteggono l’unità e la coesione del gruppo più fondamentale della società; i diritti collettivi, che regolano la salute e la stabilità della nazione. Tali diritti erano un tempo universalmente intesi come emananti dalla legge naturale, che potevano essere definiti come derivanti dall’autorità divina o come estrapolazioni dalla natura della realtà terrena e umana.

Questo è il terreno reale di queste recenti battaglie. Nei referendum del 2012 e del 2015, alcuni di noi predissero il saccheggio dei diritti fondamentali delle famiglie avvenuto in maniera illegale, incostituzionale e profondamente pericoloso. In effetti, il governo irlandese ha fatto due atti ingannevoli, in entrambi i casi convincendo l’opinione pubblica che aveva il diritto di votare su questioni che in realtà esulavano dal mandato del governo e del popolo.

Entrambi gli articoli presi di mira esprimevano chiaramente che i diritti di cui quegli articoli trattavano non erano riportati o generati dallo Stato, ma erano “antecedenti” allo Stato e semplicemente “riconosciuti” dalla Stato. Comincia così l’articolo 41: “Lo Stato riconosce la Famiglia come il gruppo naturale primario e fondamentale della Società…”; così inizia l’articolo 42: “Lo Stato riconosce che l’educatore primario e naturale del bambino è la Famiglia. . . ” .

L’emendamento del 2012 ha smantellato l’edificio dei diritti di cui all’articolo 42 che garantiva l’inviolabilità della famiglia e la sua indipendenza dallo Stato. Nel 2015, l’attacco sferrato nel nome dell'”uguaglianza matrimoniale” ha fatto sì che la definizione stessa di famiglia contenuta nell’articolo 41 fosse strappata e sostituita con un’assurdità al di là della satira. L’articolo 41 modificato dichiara tra l’altro che due uomini o due donne “sposati” tra loro devono essere considerati come un “gruppo naturale di unità primaria e fondamentale della Società, e come un’istituzione morale in possesso di diritti inalienabili e imprescindibili, antecedenti e superiori a tutto il diritto positivo”.

Sotto attacco di quest’anno è l’articolo 40.3.3, altrimenti noto come l’ottavo emendamento, che “riconosce” il diritto alla vita del nascituro. Questo articolo, aggiunto nel 1983 quando coloro che si battevano per la difesa della vita erano preoccupati della incipiente minaccia dell’aborto, rappresenta anch’esso un riconoscimento di un diritto antecedente. Poiché questo diritto non è generato dall’articolo 40.3, paragrafo 3, non può essere azzerato con la soppressione di tale articolo della Costituzione.

Eppure la logica procedurale del referendum implica che, cancellando o modificando l’articolo, il Popolo, come per magia, avrà acquisito un diritto di annullare o ridurre il diritto di cui ci stiamo occupando. Ciò non è meramente illegale, ma palesemente malvagio. Ciò può essere considerato del tutto dovuto al logoramento esercitato da decenni di propaganda, in cui il bambino nel grembo materno è stato reso astratto e pre-umano. Eppure la versione in lingua irlandese della formulazione dell’articolo 40.3.3, che dovrebbe avere la precedenza nei momenti di ambiguità o dubbio, si riferisce non al “nascituro” ma al “vivente senza nascita” (“na mbeo gan breith”), un concetto che taglia l’ipocrisia degli abortisti.

E’ un momento senza precedenti nella storia umana. In tutti gli altri casi, l’aborto è arrivato nelle società occidentali non con il voto del popolo, ma con l’editto di un tribunale (come negli Stati Uniti) o di uno strumento legale (come nel Regno Unito). Il governo irlandese chiederà al popolo irlandese se consentirà o meno che una categoria di persone umane innocenti sia soggetta a una forza letale, e se questo potere sarà concesso in franchising ad interessi privati e finanziato con fondi pubblici. Se è possibile che il popolo irlandese si pronunci con un voto su tale questione, perché non potremmo in futuro deliberare allo stesso modo sul diritto alla vita degli anziani, dei senzatetto, dei migranti dei malati mentali? O cosa potrebbe garantire che tali possibilità continuino a sembrare assurde? L’illuminazione degli elettori? Una adeguata contropropaganda? I tribunali?

Ah, i tribunali. Negli ultimi mesi, con alcuni amici che condividono la stessa opinione, ho cercato avvocati per rappresentare un ricorso che sfidasse ciò che propone il governo. Naturalmente, abbiamo parlato esclusivamente con avvocati sostenitori delle cause che potrebbero essere ampiamente identificate con la nostra prospettiva – “pro-life”, “conservatore”, persino “cattolico”, anche se tutte queste categorizzazioni riducono inutilmente la questione.

Tutti gli avvocati con cui abbiamo parlato concordavano con noi – “al 100 per cento”, “al 110 per cento”, “al 150 per cento”, e più. Ma la maggior parte di loro spiegavano che, anche se siamo del tutto corretti nella nostra analisi, concetti come “diritti assoluti” e “legge naturale” non hanno alcun appeal nel pensiero giudiziario moderno. Anche se ricevessimo un’audizione, i giudici troverebbero il modo di dichiarare che si tratta di questioni di competenza del governo e del popolo – un’assurdità, ma, a quanto pare, molto probabile. Gli avvocati di cui abbiamo parlato non sono stati in grado di identificare il momento in cui si è verificato l’allontanamento dalla legge naturale, ma tutti hanno osservato che ciò accade da tempo. Tutta la legge oggi è da considerarsi positiva, cioè fatta dall’uomo. Nulla è dato, antecedente, o derivante da Qualcuno, o anche da qualche altra cosa, superiore.

Naturalmente, tale “logica” rende insensato il linguaggio della nostra Costituzione, che è l’unica base per l’autorità dei nostri tribunali. Sembra che con un processo di distacco, di dissimulazione, e ammiccamento-assenso, le fondamenta del diritto costituzionale irlandese siano state furtivamente rimosse e sradicate, senza un mormorio di protesta da parte di avvocati o intellettuali. Siamo passati da un luogo in cui i diritti umani sono stati garantiti in virtù di una certa comprensione della loro trascendente derivazione, ad un ordinamento in cui anche i diritti più fondamentali devono essere considerati come esistenti per capriccio dell’elettorato.

Gli avvocati con cui abbiamo parlato – tutte brave persone – hanno fatto riferimento al processo per cui la legge naturale è stata abbandonata come se fosse una lingua straniera che potevano seguire, ma che non avevano imparato a parlare. Solo uno di loro si è offerto di unirsi al nostro tentativo. La desolazione della situazione a cui siamo arrivati, gli altri lasciano intendere, è molto meno grave che non mettere i giudici nella scomoda posizione di dover dichiarare in termini chiari perché parole come “imprescrivibile” e “antecedente” non abbiano più i significati dati nel dizionario più comune.

https://www.firstthings.com/…/irelands-constitutional-crisis

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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