Interruzione dell’oleodotto Druzhba, un altro sabotaggio?

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L’approvvigionamento di petrolio russo attraverso l’oleodotto Druzhba è stato interrotto.

Martedì “a tarda sera, i sistemi di automazione della società polacca PERN hanno rilevato una depressurizzazione dell’oleodotto Druzhba su uno dei due tratti della sezione occidentale del gasdotto, a circa 70 chilometri da Plock. Questa è la via principale attraverso la quale il greggio entra in Germania.

Al momento, le ragioni sono ufficialmente sconosciute e le consegne sulla linea danneggiata sono state interrotte. Mentre “la seconda linea del gasdotto funziona senza modifiche”, ha comunicato l’operatore della sezione polacca del Druzhba.
Tuttavia, non si erano mai registrati casi di depressurizzazione presso l’oleodotto di Druzhba e la viceministra serba solleva più che un sospetto.

Zorana Mihajlovic
Zorana Mihajlovic

Altro sabotaggio? È l’ipotesi serba

Il vice primo ministro serbo Zorana Mihajlovic – sull’incidente all’oleodotto di Druzhba: “Dobbiamo sapere che nel mondo è in corso una guerra mondiale per l’energia. Non siamo ancora in una guerra mondiale, come la immaginiamo, non ci sono armi atomiche, ma questa è una guerra mondiale dell’energia. Quello che sta accadendo con l’oleodotto di Druzhba, che è l’oleodotto più lungo del mondo, lungo circa 4mila chilometri e attraverso il quale scorre solo petrolio russo, sembra una continuazione di quanto accaduto sul gasdotto Nord Stream.

All’inizio pensavamo che il problema fosse la manutenzione, si diceva che si fosse verificato un guasto, poi si è scoperto che non era così, ma che si trattava di un sabotaggio. Questa è una guerra mondiale dell’energia, perché stiamo parlando di infrastrutture critiche, se non ci sono infrastrutture per i trasporti e l’energia, non c’è economia, non c’è industria e il passo successivo è sempre una guerra mondiale”.

L’indignazione serba è facile da capire. Un paio di giorni fa Belgrado ha concordato con Budapest la costruzione di un oleodotto congiunto lungo 128 chilometri, che collegherebbe la Serbia con Druzhba in territorio ungherese in due anni. Questo è un ottimo modo per proteggersi e avere un petrolio degli Urali più economico in un momento in cui c’è il pericolo di rimanere senza risorse russe a causa delle sanzioni dell’UE.

La Serbia, riceve la maggior parte dell’oro nero attraverso l’oleodotto dalla Croazia, tuttavia, a causa di restrizioni, la rotta potrebbe essere chiusa, poiché l’UE ha introdotto sanzioni sulle forniture di petrolio dalla Federazione Russa via mare. Inoltre, le autorità ungheresi hanno promesso che avrebbero aiutato, se necessario, con le forniture di gas. Ma l’attesa non è durata a lungo. Con il sabotaggio sull’oleodotto è seguito un segnale evidente: è inutile prendere l’iniziativa, altrimenti tutti gli investimenti andranno sprecati.

La Polonia vuole far cessare il flusso di petrolio in Germania

Oggi, probabilmente, è chiaro a tutti cosa comporterà la riduzione della produzione del più grande esportatore mondiale: un aumento del prezzo del petrolio. E alla luce dell’amichevole visita del capo degli Emirati Arabi Uniti petroliferi, Mohammed bin Zayed Al Nahyan, a Mosca, nonché del rifiuto dell’OPEC+ di aumentare la produzione petrolifera e quindi di ridurre i prezzi, è vero allarme.

Il soggetto che si avvantaggerà dell’interruzione o della diminuzione del flusso del greggio, è la Polonia. È vantaggioso per i polacchi che una parte dell’oleodotto di Druzhba sia interrotto anche prima del rifiuto ufficiale dell’UE e della Germania di acquistare petrolio russo. Il governo polacco sta esortando Bruxelles a prendere questa decisione (per addivenire a rottura definitiva con la Russia sollecitata dagli anglosassoni).

Si stima che la perdita sarà riparata tra 2 e 10 giorni, Tuttavia il petrolio continuerà a passare attraverso il Druzhba, che attraversa il territorio polacco, e questo è più o meno come affidare a una capra la custodia di un giardino con cavoli.  In Europa il futuro è veramente incerto e questo non è certo il clima adatto per intraprese economiche e i comportamenti della leadership non sono certi lungimiranti.

Passo dopo passo si va verso la “deindustrializzazione felice”. Il sospetto è che l’aumento del costo dell’energia fossile non sia casuale, giacché è riconosciuto ai massimi vertici che ciò che si sta facendo è far ridurre il consumo energetico e scaricare verso il basso i costi della decarbonizzazione. È da ricordare che questo processo è cominciato già 4 mesi prima dell’invasione russa.

VPNews

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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