‘In movimento’ è più facile il dialogo

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[su_panel]Propongo una lettera aperta apparsa su Cultura Cattolica che scrive al giornale TRACCE.

Una cosa è incontrovertibile: le reazioni che vedo su fb (e dal vivo) a contributi critici di riflessione su giudizi su argomenti specifici come quello della lettera che segue questa prefazione, si risolvono sempre con reazioni piccate e gli interessati ( chi ha scritto l’articolo/gli articoli) mi sembra non rispondono mai. Si risponde solo al mondo laicista? Perchè questo antagonismo quando ci sono più cose che uniscono e nessuna che veramente divide?

Mi sembra che l’articolo proposto poteva essere uno spunto interessante per aprire un dialogo in nome di un’appartenenza comune. Forse qualcuno già si sta chiedendo ‘da che parte’ io sono… E’ questo il problema , il vero problema lo creano le persone che ragionano in questi termini: per capire la realtà bisogna prima capire l’interlocutore ‘da che parte sta’. Ma non è così, anche se è la posizione più diffusa ma meno adeguata… La domanda comunque è interessante: è più facile un dialogo tra cattolici e musulmani ma non tra cattolici?

Vietato Parlare non si occupa prevalentemente di queste cose ma di politica internazionale. Però  questo tentativo di dialogo non potevamo mancare di riportarlo e lo auspichiamo: lo riteniamo positivo per un’Unità della Chiesa dove nella fedeltà, le ragioni siano sempre più chiare.

Vietato Parlare[/su_panel]

[su_heading style=”modern-2-blue” size=”19″]IL CORAGGIO DEL DIALOGO[/su_heading]

Alcuni di noi sono tra i 97 firmatari, sparsi per l’Italia, della lettera inviata al direttore di Tracce a commento dell’articolo «Natale in moschea» http://www.tracce.it/default.asp?id=302&id_n=51615. Ci dispiace che Tracce, non pubblicandola, abbia scelto di non dialogare sugli argomenti della lettera (riportata qui in basso), che per noi sono rilevanti.

Di quale “dialogo” si parla se si pubblica quello tra cristiani e musulmani e poi si taglia alla radice quello tra giornale e suoi lettori? Noi la lettera l’abbiamo scritta non per difendere una ragione, la nostra, ma per capire le ragioni.

La concezione di dialogo di don Giussani è ben rappresentata qui: “È dialogo se viene vissuto come paragone tra la proposta dell’altro e la coscienza della proposta che rappresento io, che sono io. (…) Quindi è vero che il dialogo implica un’apertura verso l’altro, chiunque sia – perché chiunque testimonia o un interesse o un aspetto che si sarebbe messo da parte, e perciò chiunque provoca a un paragone sempre più completo -, ma il dialogo implica anche una maturità di me, una coscienza critica di quello che sono. Se non si tiene presente questo, sorge un pericolo grande: confondere il dialogo con il compromesso” («Il cammino al vero è una esperienza», pp. 123-124).

Alla direzione di Tracce, nella speranza di poter continuare un dialogo, ci permettiamo umilmente di ripetere: “Coraggio! Siamo tutti in uscita!”

La redazione

———————————————-

Caro Direttore,

ti scriviamo in relazione all’articolo apparso il 22 Dicembre sulla homepage di Tracce, sul “Natale in moschea” (http://www.tracce.it/default.asp?id=302&id_n=51615).

1. Molto bello l’incontro tra uomini, cattolici e musulmani, e il confronto che avviene nel rispetto dell’altro e si prolunga attorno ad una tavola. Nel confronto ognuno offre all’altro quello che è, con tutte le sue esperienze, le tradizioni da cui è stato formato, ciò in cui crede e che uno ha di più caro. Un confronto così è costruttivo, perché costruisce i rapporti umani nel rispetto dell’altro. E, nel caso di Genova, possiamo immaginare che sia avvenuta proprio una cosa di questo genere, anche perché la comunità di CL ha illustrato la mostra su don Giussani, come anche l’imam, immaginiamo, abbia illustrato il corano e le tradizioni musulmane.

2. Proprio per questo facciamo fatica a capire le considerazioni finali, che come dice Manzoni sono “il sugo” della storia, ciò che se ne vuole trattenere: «Che cosa abbiamo fatto ieri? Abbiamo ascoltato. Non avevamo qualcosa da difendere o da imporre o da dialettizzare. Anfore vuote. Solo così secondo me si può incontrare l’altro».
Ci pare che l’immagine dell’anfora vuota per accogliere l’altro non c’entri proprio niente con l’ingenua baldanza di cui ci parla Don Giussani. Va bene il Natale in moschea, va bene ascoltare in silenzio l’imam, ma non va bene che Tracce pubblichi sulla homepage e senza possibilità di commento il fatto che non abbiamo nulla “da difendere” (o, come si dice subito dopo in politically correct, di “imporre” o “dialettizzare”).
Cerchiamo di spiegarci meglio. Per Adriana Mascagni (“Al mattino”) IO VADO SÌ CON L’ANFORA VUOTA, MA ALLA FONTE, NON AL DIALOGO O IN MOSCHEA. SI PUÒ IMMAGINARE UN DIALOGO TRA “ANFORE VUOTE”? SICURAMENTE NO. NEPPURE L’ALTRO È UN’ANFORA VUOTA. NESSUNO LO È. INVECE, IL DIALOGO PUÒ E DEVE AVVENIRE SOLO TRA “ANFORE PIENE”, RISPETTOSE, MA PIENE DELLA COSCIENZA DI SÉ, DEL PROPRIO COMPITO E DEL PROPRIO LIMITE E, DUNQUE, DEL PROPRIO BISOGNO DI REDENZIONE. È QUESTA COSCIENZA CHE FONDA LA CIVILTÀ. ALTRIMENTI, CHE COSA CI SI SCAMBIA? IL “VUOTO”?

La nostra vita è diventata più bella, più fruttuosa, più responsabile, e i frutti si vedono. Si vedono e, se occorre, li difendiamo, eccome!

3. Un altro aspetto grave è per noi rappresentato da due ulteriori affermazioni. La prima, “Solo così secondo me si può incontrare l’altro”, cerca di far discendere da una scelta precisa (e per noi miope in quanto non considera tutti i fattori in gioco) un rifiuto di ogni altro tentativo. La seconda, “Cristo è misteriosamente (incomprensibilmente) in tutto”, in questo contesto può dare adito a molti equivoci.

In conclusione, lascia che ti diciamo che siamo preoccupati delle scivolate «buoniste» della nostra stampa: talora si rinuncia alla chiarezza del giudizio per far spazio a un irenismo confuso, ingenuo e talvolta involontariamente connivente col male. Non sarà la paura a salvarci.

P.S. Crediamo infine che una testata autorevole come Tracce non possa banalizzare in poche righe condiscendenti una vicenda come quella di Giuliano Delnevo, giovane italiano convertito all’islam estremista e morto in Siria combattendo per l’equivalente locale di Al Qaeda. Oltre che confondere le idee ai lettori ed alterarne il giudizio con un’informazione approssimativa e fuorviante, questo approccio all’argomento compromette l’affidabilità e l’autorevolezza della nostra testata.
http://www.informazionecorretta.com/main.php…

Seguono 97 firme

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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