In guerra come in guerra: la preoccupazione del presidente Mattarella per la disinformazione russa

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Come sempre il presidente Mattarella riprende la narrativa ufficiale secondo i canoni dell’europeismo ideologico di stampo progressista e dell’atlantismo neocon.

Dal governo giallo-verde ha assunto l’onere di farsi carico della tutela degli accordi sovranazionali , piuttosto che la tutela della Costituzione e della volontà degli italiani espressa dalle urne. Tanto che è ormai chiaro che nel nostro paese, finché la guida suprema della Repubblica sarà esercitata in questo modo, si susseguiranno i partiti ma  sarà impossibile un cambiamento che salvi l’Italia da progressivo declino economico e sociale.

Purtroppo, una notizia proveniente dall’agenzia Androkronos conferma questa mia valutazione, ove oltre che alla difesa dei due citati punti, il presidente manifesta apertamente fastidio rispetto ad una informazione critica, libera e pluralista .

L’occasione per ricordare i sacri dogmi, è in questo caso l’incontro con alcuni studenti che gli hanno posto alcune domande nell’ambito della Conferenza tenuta all’House of Government di Maastricht, dove è intervenuto in occasione del 30/mo anniversario della firma del Trattato:

“La guerra in Ucraina è un tema estremamente delicato, grave: in Europa, in tutti i Paesi siamo stati bombardati da fake news di provenienza russa, ma queste hanno inciso in maniera assolutamente minimale sulle pubbliche opinioni e l’unità che l’Unione europea ha assicurato nell’appoggio all’Ucraina con le sue pubbliche opinioni concordi dimostra come c’è una resistenza molto grande ai tentativi di disinformazione” (Androkronos).

Perché il presidente della Repubblica italiana ha usato l’espressione “fake news”? E cosa significa “fake news russe”, entrato ormai nel lessico in modo abitudinario? In realtà, come spesso accade si tratta di una espressione che condiziona il pensiero, volendo indicare la divulgazione di notizie false. Invece, ‘fake news’, dalla traduzione inglese, vuol dire notizie in cui non ci sono fatti”, cioè fondate sul nulla, false perché non hanno riferimento reale. Quindi con questo termine non si intende indicare una opinione falsa, perché di per sé questa sarebbe una contraddizione in termini: non esiste una opinione falsa, ma una lettura diversa della realtà.

Dubbi sorgono anche sul metodo con cui le “fake news russe” potrebbero ancora essere introdotte nel nostro paese. Dopo aver bannato tutti i canali russi come Russia Today etc, come potrebbero essere veicolate agli italiani le notizie dalla Russia? Forse tramite i canali social come telegram e pochi altri? Non credo che questi raggiungano neanche una piccola parte degli italiani ed è da provare che riportino notizie prive di verità: in realtà spesso sono valutazioni differenti. Le istituzioni ed i media mainstream portano discredito ma non danno mai spiegazioni in merito.

Quindi chi avesse a cuore gli italiani ed il bene auspicherebbe discernimento, partendo da un giudizio di valore, e non applicherebbe, a prescindere, l’accanimento censorio sulle fonti.

Di conseguenza è del tutto da vedere se queste notizie siano false o meno. Più facilmente essendo noi italiani in una situazione di belligeranza “di fatto”, a nostra volta siamo immersi in un clima di guerra, in una situazione di conflitto aperto, in cui viene applicata la guerra di propaganda. Ciò vuol dire che i media usano propagare le notizie selezionate che rispecchiano strettamente la posizione internazionale decisa dall’Unione Europea. Questa è una pratica che è molto accentuata dall’inizio della pandemia del coronavirus ed è diventata oggi sistematica.

Per contro, in Russia i media occidentali non sono censurati e la loro lettura e visione è libera.

È curioso che mentre da noi le restrizioni della libertà di pensiero e di espressione si fanno più stringenti, si continui a dire che non è ancora abbastanza.

Tra i tanti esempi che possono dimostrare una sistematica violazione della libertà di informazione pluralistica, ne cito uno:

Lunedì è stato pubblicato su The Intercept, un articolo immeritatamente ignorato dal grande pubblico , che rivela le ampie pratiche di cooperazione sui social media con il Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti (DHS) come parte di una iniziativa per combattere la disinformazione su Internet.

Nell’articolo viene descritto come Facebook ha creato un portale speciale per i funzionari del governo degli Stati Uniti per facilitare loro la richiesta di restrizione di questo o quel contenuto generato dagli utenti.

Ora, attenzione ai temi che il DHS ha tracciato e bloccato in questo modo su Facebook: “l’origine della pandemia COVID-19 e l’efficacia dei vaccini COVID-19”, “giustizia razziale”, “ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan”, e “la natura del sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina”.

Perciò non si tratta di analizzare i contenuti ma si tratta di restringere e deindicizzare taluni argomenti, se non trattati da fonti “certificate”.

E’ evidente che l’intento istituzionale è quello di far tacere le voci che potrebbero minare il pubblico consenso e nascondere le ragioni altrui, giuste o sbagliate che siano. Faccia pure come crede signor Presidente, se interpreta così il servizio al bene comune,  ma non chiami tutto questo “democrazia” e non attribuisca accezioni improprie alle parole,  per non avere contraddittorio.

VPNews

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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