In Europa non esiste alcun processo politico in corso che non risponda agli interessi franco tedeschi

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[su_dropcap style=”default” size=”3″ class=””]A[/su_dropcap]bbiamo visto che à in corso una crisi mondiale che il coronavirus ha accelerato. Quindi ora abbiamo due evidenze: in primo luogo abbiamo un virus che gira – che seppure non è particolarmente letale se non curato adeguatamente, lo è –  ed esiste un colossale danno economico che si va accumulando.

La fine di ciò che è in corso assomiglierà ad un reset globale che permetterà di ripartire. Questo lo stanno dicendo in molti. Anche il vescovo Viganò lo ha ricordato a Trump.

Quello che però forse non tutti hanno capito che se ciò che sta accadendo può somigliare agli effetti di una guerra, la guerra avrà perdenti e vincitori.

Ora i paesi stanno combattendo da ciò che faranno adesso dipenderà la loro posizione a fine guerra.

In questo contesto, sono di difficile lettura i provvedimenti del governo italiano, simili a quelli di altri paesi.

Per questo, un’ondata di proteste di massa percorre l’Europa.  Il motivo sono le nuove misure di quarantena prese dalle autorità.

La protesta è comprensibile e giustificata: il fatto che le precedenti feroci misure e blocchi non abbiano funzionato, porta logicamente alla conclusione che quelle attuali non faranno nulla, mentre la situazione della gente peggiorerà ancora di più.

Come al solito, tutto può sempre essere spiegato dalla preoccupazione per il benessere e la sicurezza, ma allo stesso modo si pone sempre la domanda sul prezzo che deve essere pagato per questa sicurezza, soprattutto perché sembra molto, molto immaginaria. Le persone non sono pronte a pagare e pagano con prospettive poco chiare.

Senza dubbio, le proteste non serviranno a nulla. Le ragioni che costringono le autorità a commettere azioni letteralmente suicide sono troppo gravi per prestare attenzione al malcontento e alle proteste. Pertanto, le autorità li estinguono con le misure più rigorose.

Quali sono questi problemi è noto. La crisi globale, che non può essere risolta all’interno del modello attuale, è stata precedentemente risolta con la guerra mondiale. Nel corso della quale è stato identificato il perdente, a cui alla fine sono state cancellate tutte le perdite. Allo stesso tempo, l’economia mondiale è notevolmente “afflosciata” a causa del trasferimento di risorse dalle industrie civili all’industria militare.

Dopo la guerra, l’industria militare come era prevedibile era rimasta “bloccata”, ma l’output è stata  un’economia civile prosciugata e pulita (a volte fino a zero), che ha permesso di riavviare la costruzione di un nuovo sito su quello sgomberato. Il complesso militare-industriale, gonfio di colossali risorse, diventa in questo caso una “locomotiva”, trasferendo all’economia civile le nuove e avanzate tecnologie accumulate durante la guerra, traendone denaro.

Oggi il mondo non è pronto a combattere una guerra nel vecchio modo, ma anche il pensiero creativo non si ferma, e perciò ora il coronavirus viene scelto come nemico. Nella lotta contro il coronavirus  si distrugge l’economia, allo stesso modo si azzerano i risparmi, si muore.

Il perdente sarà colui che non resisterà a questa guerra e che nel suo corso non potrà investire in modo accelerato e sviluppare i rami dell’economia, che diventeranno la locomotiva del dispositivo del dopoguerra, ovvero l”industria sanitaria, biotecnologica, farmaceutica, genetica, ecologica. e altre tecnologie.

Questi settori in questa guerra, giocano il ruolo del complesso militare-industriale nelle guerre del passato, e sono coloro che, nella ricostruzione postbellica dell’economia mondiale, tireranno il profitto su stesse e traineranno il nuovo mondo economico e l’ordine mondiale.

È logico che le proteste in questo caso non abbiano la minima prospettiva di vincere: le persone vogliono giustamente una vita tranquilla, come ieri, ma il processo storico oggettivo le costringe a proseguire. Inoltre, chi inciamperà per strada o non arriverà nel nuovo mondo (New Deal) che è stato deciso, si troverà in una posizione peggiore di chi è arrivato fin lì, facendo meno errori.

Quindi non si deve protestare? Niente affatto, protestare à sacrosanto ma bisognerebbe avere una visione di insieme . Ciò che sarebbe più urgente ora, sarebbe non disquisire sui blocchi  ma avere ben chiaro il cammino da percorrere.

Intendo, le decisioni politiche sono determinanti, più dei blocchi. I blocchi si possono ristorare adeguatamente e vanno ristorati.

Invece, i nostri leader politici mancano di pragmatismo e seguono pedissequamente le direttive europee ma senza averne chiaro l’obiettivo. Il loro europeismo è pura paggeria.

Questo à abbastanza idiota perchè Francia, Germania e paesi frugali non procedono come fanno perchè sono innamorati di europeismo, ma perchè mettono al primo posto il loro interesse nazionale.

Noi no. Conte aspetta Recovery Fund, Mes ed amenità del genere fatti apposta per farci arrivare dopo, quando sarà decisa la nostra posizione di concorrenza e di prestigio in futuro.

Il ritardo che stiamo accumulando ci espone a rischi incredibili. La BCE finora sta acquistando senza limite i titoli di stato rispondendo a tutte le richieste di autofinanziamento degli stati. Ma lo sta facendo perchè ne hanno bisogno Francia e Germania.

Ovviamente questo non durerà in eterno e non appena Francia e Germania non ne avranno più bisogno, il rubinetto sarà chiuso anche per noi che non abbiamo alcun valore.

Bisognerebbe capirlo: in Europa non esiste alcun processo in corso in controtendenza rispetto al passato  che non risponda agli interessi franco tedeschi.

@vietatoparlare

 

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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