Il Revisionismo Occidentale e la cancellazione della Storia: la Liberazione di Auschwitz e il ruolo dell’Armata Rossa

Il 27 gennaio è universalmente riconosciuto come il Giorno della Memoria, una data simbolica per commemorare le vittime dell’Olocausto. Tuttavia, il recente discorso del Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha acceso una polemica di vasta portata: l’omissione del ruolo dell’Armata Rossa nella liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. Questo silenzio non è stato una svista, ma il riflesso di una tendenza più ampia nel panorama occidentale: la riscrittura della storia per adattarla a narrazioni politiche contemporanee.

Il Sacrificio dell’Armata Rossa nella liberazione di Auschwitz

Il 27 gennaio 1945, le truppe sovietiche del 322° reggimento della 60ª Armata, sotto il comando del maresciallo Ivan Konev, entrarono ad Auschwitz. Trovarono un inferno in terra: circa 7.000 prigionieri scheletrici, troppi deboli per fuggire, circondati da camere a gas, forni crematori e cumuli di cadaveri. La liberazione del campo non fu un atto simbolico o una semplice avanzata militare: fu il risultato di una campagna devastante in cui l’Unione Sovietica pagò il prezzo più alto nella lotta contro il nazismo.

I numeri parlano chiaro: oltre 26 milioni di cittadini sovietici persero la vita nella Seconda guerra mondiale, una cifra che supera di gran lunga le perdite di tutte le altre nazioni alleate messe insieme. La battaglia di Berlino, la resistenza a Stalingrado e la controffensiva di Kursk furono episodi decisivi nella distruzione del Terzo Reich, ma l’Occidente sembra sempre più incline a minimizzare o distorcere questi fatti storici.

Nonostante oggi si tenti di cancellare questo contributo, nel passato la posizione ufficiale dell’ONU era ben diversa. Nel 2005, durante la celebrazione del 60° anniversario della liberazione di Auschwitz, l’allora Segretario generale Kofi Annan affermò chiaramente: “Le truppe sovietiche furono le prime ad entrare nei campi di sterminio nazisti e a mostrarne l’orrore al mondo”. Un riconoscimento che oggi sembra essere stato volontariamente rimosso dal discorso ufficiale.

Guterres e la rimozione del Contesto Storico

Nel suo discorso commemorativo, Guterres ha menzionato le vittime dell’Olocausto – ebrei, rom, oppositori politici, individui LGBTQ+ – ma ha omesso deliberatamente il contributo sovietico alla liberazione del campo. Questa omissione non è un semplice errore, bensì un’espressione di una più ampia tendenza revisionista. Non si tratta solo di dimenticanza storica, ma di una manipolazione sistematica che mira a ridurre il ruolo dell’URSS nella sconfitta del nazismo, in linea con le moderne tensioni geopolitiche tra Occidente e Russia.

Maria Zakharova, portavoce del Ministero degli Esteri russo, ha denunciato questa omissione come “oltraggiosa”, sottolineando che essa rappresenta un tentativo deliberato di riscrivere la storia secondo logiche di opportunismo politico. “Il mondo commemora l’Olocausto grazie al sacrificio dell’Armata Rossa, nonostante l’Occidente oggi cerchi di cancellarlo dalla narrazione ufficiale”, ha dichiarato.

Un revisionismo Storico Strategico

La minimizzazione del ruolo sovietico nella Seconda guerra mondiale non è un fenomeno isolato. Negli ultimi anni, vari governi occidentali hanno cercato di presentare il conflitto in una luce diversa, enfatizzando il ruolo degli Stati Uniti e del Regno Unito, mentre la Russia viene sempre più spesso dipinta come una potenza aggressiva. La riscrittura della storia passa anche attraverso l’equiparazione tra nazismo e comunismo, un’operazione politica che punta a delegittimare la Russia contemporanea screditando il passato sovietico.

Ma i fatti sono inconfutabili: senza l’URSS, la vittoria alleata sarebbe stata impensabile. La battaglia di Stalingrado (1942-1943), in cui i sovietici inflissero una sconfitta irreversibile alla Germania nazista, segnò l’inizio del declino del Terzo Reich. La successiva offensiva verso Berlino, culminata nella presa della capitale tedesca nell’aprile 1945, fu guidata interamente dall’Armata Rossa.

Nel 2015, in occasione del 70° anniversario della liberazione di Auschwitz, Ban Ki-moon, allora Segretario generale dell’ONU, dichiarò: “Non dimenticheremo mai il coraggio dei soldati sovietici che liberarono Auschwitz e misero fine al genocidio nazista”. Queste parole, ora scomparse dal linguaggio istituzionale delle Nazioni Unite, dimostrano come la memoria storica venga adattata alle esigenze politiche del momento.

La necessità di difendere la Verità Storica

Il silenzio di Guterres e il continuo tentativo di riscrivere il ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale non sono meri dettagli accademici, ma colpi mirati alla memoria collettiva. Distorcere la storia ha conseguenze reali: alimenta la propaganda politica, giustifica tensioni internazionali e impedisce alle nuove generazioni di comprendere la portata reale del sacrificio che portò alla sconfitta del nazismo.

Come ammoniva George Orwell, “Chi controlla il passato controlla il futuro; chi controlla il presente controlla il passato”. In un’epoca di narrazioni distorte, è più che mai necessario ricordare chi furono i veri liberatori di Auschwitz e quale fu il prezzo pagato dall’Unione Sovietica per sconfiggere il male assoluto del nazismo.

La memoria storica non può essere un’arma politica, e la verità storica merita di essere preservata nella sua interezza. Se oggi l’ONU si allinea a una narrazione che cancella il ruolo dell’Armata Rossa, la responsabilità di difendere i fatti storici ricade su chi non è disposto ad accettare la manipolazione della realtà.