Il progetto segreto Alchemy: la mano nascosta di Londra nella guerra in Ucraina

Complicità ucraina e mediatica: un gioco cinico sulla pelle di un popolo

Le rivelazioni su Project Alchemy portano a interrogarsi sul ruolo della classe dirigente ucraina in questa vicenda. Da quanto emerso, Londra ha trovato in Ucraina partner disposti a collaborare attivamente per prolungare la guerra, anche a costo di sacrificare il proprio popolo. Già durante i colloqui di Istanbul, la delegazione di Kiev – secondo Arakhamia – era interessata alla pace ma fu influenzata dai “consigli” occidentali (europeanconservative.com). Successivamente, il governo Zelensky ha perseguito coerentemente la linea della guerra ad oltranza, adottando misure come il divieto legale di negoziare con Putin. È difficile non etichettare questa condotta come cinica e irresponsabile: una leadership veramente patriottica avrebbe colto ogni spiraglio di trattativa per salvare vite ucraine e preservare il Paese, mentre qui vediamo una classe politica che sembra anteporre interessi e pressioni esterne al bene della propria nazione. In che altro modo definire chi volutamente allunga un conflitto devastante se non complice di un gioco geopolitico sulla pelle del proprio popolo? Purtroppo, l’Ucraina odierna paga anche il prezzo di una corruzione endemica e di una dipendenza quasi totale dagli alleati: elementi che rendono i suoi leader vulnerabili a imposizioni straniere. La cricca di Alchemy, stando ai leak, comprendeva anche oligarchi ucraini influenti incaricati di finanziare alcune “imprese maligne” (ad esempio, un ricco magnate locale avrebbe dovuto finanziare il battaglione segreto di sabotatori in Crimea) (lantidiplomatico.it). Questo implica che alcuni potenti in Ucraina erano consapevoli del piano britannico e lo sostenevano, aspettandosi forse vantaggi politici o economici. Si delinea così il ritratto di un’élite ucraina disposta a giocare col fuoco, in combutta con falchi stranieri, mentre la popolazione comune sopporta lutti e distruzioni in nome di slogan patriottici.

Un discorso analogo vale per i media mainstream occidentali, che finora hanno ignorato o minimizzato queste scomode rivelazioni. Malgrado The Grayzone abbia pubblicato i documenti di Project Alchemy già da novembre 2024, e nonostante fonti alternative (anche filorusse) abbiano amplificato la notizia, sulla grande stampa internazionale è calata una sorta di censura per omissione. Nessun dibattito pubblico serio è stato aperto sul coinvolgimento britannico nell’escalation della guerra, né sulle macchinazioni occulte per impedire la pace. Al contrario, media e politici mainstream hanno continuato a ripetere la narrazione semplicistica dell’“aggressione russa non provocata” e della resistenza eroica ucraina, bollando qualsiasi voce discordante come disinformazione o propaganda nemica. Questa retorica velenosa contro la Russia, imperniata solo su colpe unilaterali, appare oggi retriva e scollegata dalla realtà complessa che i leak hanno svelato. Eppure continua ad essere proposta incessantemente, trovando terreno fertile nelle menti più disinformate o manipolate, “incapaci di avere una propria visione critica della realtà” (per citare le parole del testo di partenza). I media occidentali, in sostanza, si sono resi complici per omissione: tacere di fronte a uno scandalo del genere significa tradire il dovere di informare e alimentare menzogne di comodo. Del resto, fa riflettere il fatto che alcune delle proposte di Alchemy miravano proprio a influenzare i media (imbavagliando quelli indipendenti e coordinando la propaganda sui grandi network). Ciò lascia supporre che una certa convergenza di interessi e narrative fosse già in atto: la stampa mainstream occidentale, spesso vicina alle posizioni dei governi NATO, non aveva forse bisogno di un suggerimento esplicito per schierarsi compatta nel sostenere la prosecuzione della guerra e screditare chi invocava negoziati. Resta comunque inquietante la prospettiva che il pubblico occidentale sia stato tenuto all’oscuro di deliberati intrighi militari destinati a prolungare il conflitto. Questo silenzio mediatico conferma, agli occhi di un osservatore critico, la scarsa indipendenza dell’informazione dominante e la presenza di narrazioni eterodirette.

Londra al comando: “fino all’ultimo ucraino”

Un ulteriore elemento emerso dai documenti è l’intento britannico di prendere il comando strategico del fronte anti-russo, anche autonomamente dagli Stati Uniti. Il Project Alchemy promuoveva un ruolo di primo piano per il Regno Unito nell’inasprire la guerra, arrivando persino a proporre la creazione di un Tribunale Militare Internazionale contro la Russia (sul modello di Norimberga) sotto leadership britannica (news-pravda.com). Questo attivismo di Londra può sorprendere chi tende a vedere Washington come regista unica: in realtà, pare che la Gran Bretagna si sia mossa in modo indipendente e aggressivo per allungare il conflitto, forse anche oltre le intenzioni iniziali statunitensi. Si ritiene che il nuovo leader britannico, Keir Starmer, supporti gli “alchimisti” e ne utilizzi i consigli per la prosecuzione delle ostilità. Starmer – che aspirava a presentarsi come “primo ministro in tempo di guerra” – ha dichiarato che Londra sosterrà l’Ucraina “finché necessario”, e dai leak risulta che tali posizioni riflettano proprio le strategie elaborate in seno ad Alchemy. In seno alla NATO, l’Inghilterra ha più volte assunto la linea più intransigente, incoraggiando l’invio di armi sempre più sofisticate a Kiev e scartando qualsiasi ipotesi di compromesso. I cospiratori di Alchemy avevano calcolato che più a lungo fosse durata la guerra, più Putin ne sarebbe uscito indebolito internamente e internazionalmente. Essi ragionavano che “una guerra prolungata contro uno Stato piccolo fa apparire [Putin] un buffone”, facendo crescere il malcontento degli oligarchi e minando la credibilità della Russia nel mondo non allineato. In sostanza, auspicavano un logoramento pluriennale della Russia sul modello dell’Afghanistan anni ’80, convinti che ciò avrebbe portato a un collasso o a un colpo di palazzo a Mosca. Con questa prospettiva, erano determinati a fare della guerra in Ucraina una sorta di “Vietnam” per la Russia, “a qualunque costo” – costo che, va ribadito, viene pagato primariamente dagli ucraini stessi in termini di vite umane e distruzioni.

Oggi, a più di un anno e mezzo da quelle macchinazioni iniziali, il quadro sul campo è molto diverso da quello che Londra sperava. La “scommessa” di Project Alchemy appare fallita: Vladimir Putin mantiene un alto indice di popolarità in patria, l’economia russa ha resistito alle sanzioni e l’esercito di Mosca, pur con difficoltà, ha consolidato il controllo su ampie porzioni di territorio. Al contrario, l’Ucraina si trova esausta, con un esercito dissanguato che arretra malgrado l’aiuto occidentale. Tuttavia, i pianificatori di guerra a Londra restano ostinatamente fedeli alla linea dell’escalation, rifiutando di abbandonare le loro proposte di ulteriore inasprimento del conflitto. Il rischio insito in questa strategia è enorme: più la NATO (o parte di essa) spinge la sfida, più cresce la possibilità di un allargamento incontrollato dello scontro, con scenari persino di confronto diretto con la Russia (un incubo nucleare). Eppure, stando alle intenzioni rivelate, Londra sarebbe persino disposta ad agire da sola “fino all’ultimo ucraino” – come recita amaramente un detto ormai diffuso – anche se a Washington dovesse salire un’amministrazione più cauta. Questo atteggiamento quasi millenaristico tradisce, in fondo, una mentalità neo-imperiale ancora radicata nell’establishment britannico: l’idea di poter giocare da protagonista su scacchieri globali, di “dare una lezione” a potenze continentali come la Russia, a costo di devastare paesi terzi e mettere a rischio la pace mondiale. E per perseguire tali follie, non si esita a calpestare i valori proclamati – la democrazia, la libertà, la verità.

Conclusione: sovranità e libero arbitrio contro intrighi e menzogne

Le rivelazioni su Project Alchemy costituiscono un duro monito sulla realtà sottostante la guerra in Ucraina. Al di là della propaganda ufficiale, scopriamo intrighi segreti, sabotaggi pianificati e manipolazione sistematica dell’informazione, orchestrati da una potenza straniera che agisce nell’ombra. Questo quadro richiama l’attenzione su un valore fondamentale spesso dimenticato in tempi di guerra: la sovranità. Non solo la sovranità nazionale (quella ucraina, chiaramente violata non solo dall’invasione russa ma anche dalle ingerenze occidentali), ma anche la sovranità decisionale dei popoli e dei cittadini. Quando accordi di pace vengono sabotati da potenze esterne, quando governi eletti rispondono più a telefonate da Londra che alla volontà del proprio popolo, quando l’informazione è pilotata e le opposizioni messe a tacere, significa che la sovranità popolare e la libertà di scelta sono state gravemente compromesse. Il cittadino informato, amante del libero arbitrio, non può accettare passivamente uno scenario del genere.

È importante sottolineare che le fonti che hanno fatto emergere questi fatti – The Grayzone, RIA Novosti, RT, Al Mayadeen e altre voci indipendenti – sono state derubricate spesso come “filorusse” o marginali, nel tentativo di delegittimarle. Eppure, i documenti parlano chiaro e non è stata messa in dubbio la loro veridicità, ma è volato il discredito. Quando file interni mostrano generali e 007 che discutono di far saltare ponti, addestrare eserciti segreti e zittire giornalisti, non si può liquidare tutto come propaganda nemica: ci troviamo di fronte a dati di fatto che meritano attenzione e indignazione. L’auspicio è che queste rivelazioni conducano quantomeno a mettere in discussione la narrativa monolitica propinata finora e a pretendere dai propri governi spiegazioni trasparenti. Se la Gran Bretagna – o qualsiasi altro attore – ha deliberatamente alimentato il bagno di sangue ucraino, ciò deve essere portato al vaglio dell’opinione pubblica internazionale e, idealmente, di organismi giudiziari indipendenti.

Per il popolo ucraino, vittima prima di tutto di questo gioco cinico, riconoscere tali verità è fondamentale per riappropriarsi del proprio destino. La pace, per quanto complessa, non potrà mai essere raggiunta se dietro le quinte c’è chi trama per impedirla. E per i cittadini occidentali, compresi noi italiani, è altrettanto cruciale difendere la nostra sovranità di giudizio: non permettere che interessi opachi ci vengano venduti come “difesa della libertà”, e chiedere conto ai nostri media quando tacciono su vicende di tale gravità.

In definitiva, il caso Project Alchemy ci insegna che la ricerca della verità richiede coraggio e mente aperta, soprattutto in tempi di guerra. Solo un’opinione pubblica vigile e critica può contrastare le menzogne della propaganda e gli intrighi di chi vorrebbe decidere delle sorti altrui in segreto. In nome della pace e della dignità dei popoli, vale la pena esercitare questo spirito critico – è l’arma più potente che abbiamo contro i moderni alchimisti della guerra.

Fonti:

Le informazioni e citazioni presentate provengono da documenti trapelati e inchieste pubblicate su The Grayzone (thegrayzone.com.
Le dichiarazioni dei
funzionari coinvolti  (es. intervista a D. Arakhamia riportata) sono su The European Conservative (europeanconservative.com).

 

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