Il progetto del Grande Israele e la frammentazione della Siria

Negli ultimi decenni, Israele ha perseguito una strategia di ridefinizione dei confini del Medio Oriente attraverso la frammentazione degli Stati arabi esistenti, con particolare attenzione alla Siria. Questo progetto, noto come il “Grande Israele”, si fonda sulla creazione di un’area d’influenza estesa, sfruttando le divisioni etniche e religiose per smembrare i Paesi vicini e rafforzare il controllo di Tel Aviv sulla regione.

L’Intervento Israeliano nel dopo Assad 

Recentemente, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno intensificato le operazioni militari nel sud della Siria, colpendo Damasco e le province di Dar’a e Quneitra. Gli attacchi aerei e le incursioni di terra dimostrano la determinazione israeliana a impedire qualsiasi consolidamento delle forze del nuovo governo siriano in quest’area strategica.

Secondo una dichiarazione ufficiale delle IDF:

“Nelle ultime ore, le IDF hanno attaccato installazioni militari nella Siria meridionale, tra cui il quartier generale e le strutture per il deposito di armi. La presenza di risorse e forze militari nella Siria meridionale rappresenta una minaccia per i cittadini dello Stato di Israele. Le IDF continueranno a operare per eliminare ogni minaccia ai cittadini dello Stato di Israele.”

Questa narrativa è stata ulteriormente rafforzata dal ministro della Difesa israeliano, Kac, che ha dichiarato:

“Non permetteremo che la Siria meridionale si trasformi nel Libano meridionale: ogni tentativo da parte del regime siriano e delle organizzazioni terroristiche di radicarsi in una zona sicura nella Siria meridionale verrà respinto con il fuoco.”

Si tratta di una logica che ribalta i principi della sovranità: secondo Tel Aviv, la semplice presenza delle forze siriane sul proprio territorio è una minaccia per Israele, giustificando così interventi unilaterali e attacchi preventivi.

Parallelamente, l’aviazione israeliana ha recentemente bombardato anche obiettivi a Tartus, colpendo terroristi caucasici appartenenti al governo di Julani. Considerando la distanza di questa località dal confine israeliano, è difficile sostenere che tali azioni siano motivate dalla sicurezza nazionale israeliana. Più probabilmente, l’obiettivo è quello di creare una Siria debolmente centralizzata, in cui le divisioni etniche vengano esacerbate per mantenere instabile il Paese e sotto controllo le sue diverse fazioni.

Tartus e Latakia, infatti, sono le aree dove la vendetta dei gruppi salafiti del nuovo governo centrale, fino a ieri considerato un’entità terroristica e sanzionato dalla comunità internazionale, si è manifestata con maggiore violenza perchè quest’area è abitata dagli alawiti, l’etnia araba a cui appartiene Assad.

La strumentalizzazione delle Minoranze e la Divisione della Siria

Una delle tattiche chiave di Israele per espandere la propria influenza nella regione è l’uso delle minoranze etniche e religiose per destabilizzare gli Stati vicini. In Siria, questo si è tradotto nel tentativo di coinvolgere i drusi nella lotta contro al Julani. Tuttavia, non tutti i leader drusi sono disposti a seguire questo schema. Walid Jumblatt, influente leader druso libanese, ha lanciato un appello ai politici arabi affinché intervengano prima che sia troppo tardi, esortando la sua comunità a resistere all’occupazione israeliana del sud della Siria.

Ma non furono solo i drusi a dare inizio alla rivolta. Anche gruppi di alawiti, esasperati dalla tracotanza dei miliziani collegati al governo centrale di Damasco, hanno inscenato una rivolta nella provincia di Latakia. Israele è intervenuto e, probabilmente, gli abitanti di Latakia non se ne sono rammaricati, data le crescenti sanguinose vendette messe in atto dai gruppi armati salafiti sostenuti da Damasco.

A dimostrazione di come gli abitanti di Latakia siano in balia dei gruppi estremisti che reagiscono senza criterio, due dipendenti del nuovo “ministero della Difesa” siriano sono stati uccisi in una sparatoria nella città. Secondo la TV Al-Mayadeen, l’incidente è avvenuto nella zona di Al-Daatur, a sud della città. Due addetti alla sicurezza, composti da ex militanti, sono stati uccisi in un’imboscata. Sconosciuti hanno lanciato granate contro un’auto che trasportava militanti nella zona dell’incrocio stradale di Al-Azhari.

In risposta, la Direzione locale per la sicurezza interna ha avviato un’importante operazione di polizia nella zona per catturare quelli che sono stati definiti “sopravvissuti al regime”, riferendosi ai soldati che hanno prestato servizio nell’esercito durante il regime di Bashar al-Assad.

In precedenza, il gruppo di resistenza locale “Difensori della costa” aveva annunciato l’inizio di una rivolta contro il governo islamista nelle province di Tartus e Latakia. Subito dopo l’annuncio della rivolta, le autorità hanno interrotto i servizi di elettricità, telefono e internet su tutta la costa siriana.

Alla luce di questa situazione, è difficile affermare che la frammentazione della Siria sia una sorte peggiore rispetto alla sua attuale condizione. Oggi, il Paese è governato dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham, guidato da Abu Mohammad al-Julani, un ex terrorista con una taglia dagli Stati Uniti sulla sua testa. La presenza di un leader con un passato terroristico alla guida del governo centrale non fa che confermare l’instabilità della Siria e la vulnerabilità delle sue istituzioni. Lo smembramento del Paese potrebbe non essere l’esito più devastante, considerando la situazione attuale.

Il concetto di Grande Israele

Il progetto del “Grande Israele” non è un semplice sogno geopolitico, ma un obiettivo strategico delineato in diversi documenti israeliani, tra cui il noto “Piano Yinon” del 1982. Questo documento suggeriva che la sicurezza di Israele potesse essere garantita solo attraverso la disintegrazione dei vicini Stati arabi in entità più piccole e facilmente controllabili. Secondo questa visione, Stati come la Siria, l’Iraq e il Libano dovrebbero essere frammentati lungo linee settarie, in modo da impedire la formazione di un blocco unito capace di contrastare l’egemonia israeliana nella regione.

Questa strategia non si basa solo sull’uso della forza militare, ma anche su un’azione diplomatica e politica che mira a sfruttare le divisioni interne dei Paesi arabi per favorire il consolidamento di regimi e leadership favorevoli a Israele.

Conclusioni

Israele sta attivamente perseguendo una politica di smembramento della Siria, sfruttando le tensioni etniche e religiose per dividere il Paese e garantire la propria sicurezza attraverso la destabilizzazione degli Stati vicini. Questo processo non è casuale, ma rientra in un piano più ampio volto alla creazione di un “Grande Israele”, un obiettivo che Tel Aviv non ha mai nascosto.

Tuttavia, considerando chi governa oggi il Paese, non è semplice stabilire quale destino sarebbe migliore per la popolazione. Da un lato, c’è un governo estremista islamico che minaccia di cancellare la storica tolleranza etnico-religiosa della Siria; dall’altro, la prospettiva dello smembramento dello Stato, che potrebbe però garantire maggiore autonomia e libertà a località coese come Latakia e Tartus. Sullo sfondo c’è il desiderio di pace di questo popolo esasperato da tanti anni di violenza e di guerra e sanzionato dalle forze occidentali che dicono che solo loro hanno le regole e la giustizia.