Il Manifesto di Ventotene: un mito fondativo costruito a posteriori

Introduzione

Il Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni nel 1941, viene oggi spesso trattato come il testo sacro dell’integrazione europea. Lo abbiamo visto chiaramente in Parlamento, quando Giorgia Meloni ha espresso critiche nei confronti di questo documento, scatenando reazioni forti da parte delle forze europeiste. Questo episodio ha dimostrato quanto il Manifesto sia considerato un riferimento intoccabile, nonostante dietro la retorica dell’unità e del progresso che Spinelli promuove si celi un impianto profondamente ideologico, tecnocratico e antidemocratico. Le sue premesse hanno influenzato direttamente la struttura dell’attuale Unione Europea, consolidandone l’impronta burocratica e l’assenza di un autentico processo democratico.

Tuttavia, è da sottolineare che il Manifesto di Ventotene, pur essendo oggi celebrato come il testo fondativo dell’Unione Europea, in realtà non ha avuto fin dall’inizio il peso storico e politico che gli viene attribuito oggi.

Non per caso ho utilizzato il titolo “Il Manifesto di Ventotene: un mito fondativo costruito a posteriori”:

  • “Un mito fondativo”: il Manifesto viene trattato come un documento sacro, un punto di partenza imprescindibile per l’integrazione europea, quasi come una leggenda su cui si basa un’intera ideologia.
  • “Costruito a posteriori”: l’importanza attribuita al Manifesto è una narrazione costruita in seguito, soprattutto dagli anni ‘90 in poi, quando l’europeismo aveva bisogno di una base storica e ideologica forte. Il Manifesto, che nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mondiale non aveva goduto di particolare attenzione, è stato riabilitato e mitizzato per dare una legittimazione culturale e storica al progetto dell’UE.

Il culto del Manifesto di Ventotene: un’ideologia intoccabile

La lettura pubblica di alcuni passaggi del Manifesto alla Camera dei Deputati ha scatenato reazioni di sconcerto tra alcuni parlamentari, segno di un attaccamento quasi religioso a questo testo. Si è arrivati al punto di considerare la sua lettura pubblica un atto eretico, come se fosse un documento da accettare in maniera dogmatica, senza poterlo sottoporre a una critica razionale.

Questa sacralizzazione dimostra quanto il Manifesto sia stato trasformato in un feticcio ideologico, promosso come mito fondativo dell’UE solo a partire dagli anni ‘90, quando l’entusiasmo europeista ha avuto bisogno di una narrazione storica legittimante. In realtà, nei decenni successivi alla Seconda guerra mondiale, il Manifesto non godeva di particolare considerazione, e solo in epoca recente è stato riabilitato per fornire una base teorica alla costruzione dell’Unione Europea.


Un progetto elitario e antidemocratico

L’elemento più disturbante del Manifesto di Ventotene è il suo rifiuto del concetto di sovranità popolare e del processo democratico. Altiero Spinelli, principale autore del Manifesto, diffidava apertamente del popolo, ritenendo che lasciarlo libero di scegliere avrebbe portato a nuove dittature. Secondo lui, la democrazia era un pericolo perché il popolo poteva “scegliere male”: Mussolini e il comunismo sovietico ne erano per lui la dimostrazione.

Nel Manifesto si sostiene apertamente che, dopo la caduta dei totalitarismi, sarà necessaria una “dittatura rivoluzionaria” per plasmare le masse e impedire che ricostruiscano i vecchi stati nazionali. L’idea centrale di Spinelli è che il popolo sia una massa ignorante e manipolabile, da tenere lontano dalle decisioni politiche in favore di un’élite illuminata. Questa visione tecnocratica e autoritaria è diventata il pilastro su cui si è costruita l’Unione Europea moderna, un’entità burocratica che neutralizza la volontà popolare in favore di decisioni prese da organismi non eletti.


L’Unione Europea: la realizzazione del Manifesto di Ventotene

L’attuale struttura dell’UE è figlia diretta del Manifesto di Ventotene. Il suo impianto burocratico e tecnocratico, in cui le decisioni vengono prese lontano dalla volontà popolare, riflette fedelmente il progetto di Spinelli. L’Unione Europea si configura come un’istituzione che castra la sovranità nazionale, imponendo direttive e regolamenti che scavalcano i parlamenti nazionali.

Il disprezzo per il popolo espresso nel Manifesto si riflette nelle politiche dell’UE, dove il voto dei cittadini viene sistematicamente neutralizzato quando non si allinea agli interessi delle élite europee. Ne sono esempi i referendum ignorati o ripetuti fino a ottenere il risultato desiderato, come nel caso della Costituzione Europea bocciata da Francia e Olanda nel 2005 e riproposta sotto altra forma con il Trattato di Lisbona.


Il Manifesto di Ventotene e la sua matrice anticlericale

Un aspetto spesso sottovalutato del Manifesto di Ventotene è la sua incompatibilità con i principi della Dottrina sociale della Chiesa e il suo marcato anticlericalismo. L’Osservatorio Van Thuan, nell’articolo La verità del Manifesto di Ventotene di Fabio Trevisan, ha messo in luce come il Manifesto esprima una visione profondamente laicista e ostile al ruolo della Chiesa nella società.

Fin dalle prime righe, il Manifesto esalta un concetto di libertà radicale che esclude ogni riferimento alla dignità trascendente della persona e alla presenza di Dio nel mondo. In particolare, nella seconda parte, si attacca direttamente la Chiesa e i grandi proprietari terrieri, descrivendoli come forze reazionarie che devono essere spazzate via per consentire l’avvento della federazione europea.

Questa matrice anticristiana e rivoluzionaria ha influenzato le politiche europee successive, portando a una progressiva marginalizzazione della cultura cristiana e dei suoi valori all’interno delle istituzioni europee.


In definitiva: il Manifesto di Ventotene come fondamento dell’UE tecnocratica

Contrariamente alla narrazione dominante, il Manifesto di Ventotene non è un documento di progresso e democrazia, ma la base ideologica di un’Europa costruita contro la volontà popolare.

La visione tecnocratica e antidemocratica di Spinelli ha trovato realizzazione nell’UE attuale, un’istituzione che concentra il potere in una ristretta élite e neutralizza i meccanismi democratici. La costruzione europea non è stata un “tradimento” del Manifesto di Ventotene, ma la sua coerente applicazione.

Di fronte a questa realtà, la domanda che dobbiamo porci è: vogliamo davvero continuare a credere nel mito del Manifesto di Ventotene, o è tempo di ripensare radicalmente il progetto europeo?

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