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Il futuro di Afrin forse uno stato pro-turco

by Patrizio Ricci
25 Marzo 2018
in Post vari
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Il futuro di Afrin forse uno stato pro-turco

Sebbene il governo turco possa aver concluso, come molti altri osservatori esterni, che l’opposizione armata non può più vincere la guerra, quello che eventi evidenziano è che il governo turco non è disposto a rinunciare semplicemente alla sua posizione anti-Assad senza contropartite. Il partito al potere l’AKP  – un partito islamista – è legato sia ideologicamente, e anche per le dichiarazioni passate, non può semplicemente cambiare idea improvvisamente senza perdite di consenso interna, anche se fossero inclini a farlo.

Perciò i turchi sono inclini a tenere la maggior parte del cantone di Afrin. Inoltre ci sono recentemente sono ricominciati crescenti scontri tra Tharir al Sham e le milizie filo-turche in tutta Idlib: Tutto ciò che sta succedendo ad Idlib porta alla ragionevole conclusione che i turchi intendono amministrare quelle zone direttamente o tramite fedelissimi delegati. Ciò potrebbe non sorprendere nessuno degli attori principali, dato che ci sono state voci che circolano da molti mesi circa un accordo russo-turco-iraniano che avrebbe portato esattamente a questa situazione.

Tuttavia,  il governo turco non può semplicemente restituire Afrin al governo siriano che ha condannato poco prima aspramente e  contro il quale  ha lavorato per anni per minarlo attivamente. Anche se nella Turchia contemporanea, la libertà di stampa e l’ordinario processo democratico sono stati in gran parte soppressi, l’AKP non può permettersi il grado di alienazione che tale mossa genererebbe tra la sua base largamente islamista.

Pragmaticamente, il ritorno di Afrin e Idlib probabilmente richiederebbe  alla Turchia di assorbire tutti i rimanenti quadri ribelli e i loro sostenitori ,  il che difficilmente questo è un pensiero piacevole, dato che  la maggior parte sono veterani temprati con poca capacità o inclinazione a tornare alla vita civile .

Una soluzione probabile è la creazione di un microstato pro-turco, sulla falsariga del Libano meridionale occupato da Israele (1985-2000), o del DNR / LNR in Ucraina. Un tale stato avrebbe un’indipendenza politica nominale, ma sarebbe diplomaticamente ed economicamente dipendente dallo stato turco. Il vantaggio di tale accordo, oltre a mantenere una parvenza di coerenza ideologica, sarebbe che i rifugiati siriani in Turchia potessero essere tranquillamente “restituiti” a detto stato senza accuse di cooperazione con il regime di Assad, mentre la Turchia non sarebbe obbligata ad accettare forze ribelli. Come con la Russia nel DNR / LNR, le forze turche potrebbero agire per “correggere” qualsiasi azione destabilizzante da parte dei leader ribelli, contribuendo a stabilire una parvenza di pace con la Siria detenuta dal regime.

È ovvio che, se la situazione di cui sopra venisse realizzata, la pulizia etnica su vasta scala della popolazione curda – che verrebbe “incoraggiata” a lasciare la zona dalle forze ribelli e FSA – sarebbe molto probabile, assumendo che non sia già un dato di fatto . I curdi in partenza lasceranno il posto ai nuovi colonizzatoti spacciati per rifugiati siriani “restituiti”.

Con il sostegno militare turco, sarebbe garantita la sopravvivenza a breve e medio termine del microstato. Le prospettive a lungo termine sono meno chiare; lo stato patrocinato da Israele nel Sud del Libano, dopo tutto, è crollato dopo che gli israeliani hanno deciso che non valeva più la spesa e il sangue per il tesoro. I futuri cambiamenti economici o politici in Turchia potrebbero rendere il microstato non vitale; al contrario, i futuri sviluppi politici o culturali in Siria potrebbero invalidare l’enclave, dopo un periodo di divisione.

Nel presente, il governo siriano potrebbe non essere particolarmente scontento di perdere la regione trans-Idlib. Mentre è senza dubbio un colpo all’orgoglio nazionale, e a qualsiasi concetto di integrità territoriale, c’è, dal punto di vista del governo siriano, il rovescio della medaglia. La Siria perderebbe una regione con poche risorse, ma piena zeppa di disobbedienti dissidenti e estremisti religiosi. In uno scambio di popolazione ad hoc, Assad perderebbe centinaia di migliaia, di sunniti radicali e otterrebbe un numero minore di curdi moderati più affidabili. Soprattutto in concomitanza con qualsiasi sforzo futuro per ripristinare la sovranità sui giacimenti petroliferi orientali – forse a causa della pressione turca sugli Stati Uniti – un risultato del genere sarebbe una situazione ideale per Assad : uno stato siriano con meno persone e quindi che abbisogna di meno risorse e spesa statale.

fonti

 

Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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