Ideologia gender e potere senza volto: la deriva antidemocratica della Commissione Europea

“Se toglierai alla verità il fondamento della realtà, resterà solo l’opinione del più forte.”
Papa Benedetto XVI

Negli ultimi giorni, diverse testate italiane – tra le quali La Nuova Bussola Quotidiana, Il Giornale, Libero Quotidiano, Tempi e Pro Vita & Famiglia – hanno riportato una notizia tanto grave quanto significativa, destinata a stigmatizzare ancora il ruolo ideologico svolto dall’Unione Europea su argomenti cruciali del nostro vivere: secondo un’inchiesta del Mathias Corvinus Collegium* (MCC), pubblicata il 1° aprile 2025, oltre 220 milioni di euro di fondi pubblici europei sono stati impiegati in dieci anni per finanziare Ong legate alla galassia LGBTIQ, con un’enfasi particolare sull’identità di genere. Tra questi, 40 milioni sarebbero stati destinati a gruppi transgender con progetti che spesso arrivano a ridefinire la mascolinità tradizionale come “minaccia alla democrazia”..

Questi fondi – lo ricordiamo – sono soldi pubblici, provenienti dai contribuenti europei, e sono stati gestiti quasi esclusivamente dalla Commissione Europea, senza che i parlamenti nazionali abbiano potuto esprimersi nel merito. A essere sotto accusa non è solo l’entità della cifra, ma il modo in cui questa è stata impiegata: per sostenere un’agenda ideologica radicale, che incide direttamente su temi sensibili come l’educazione dei bambini, la definizione giuridica del sesso, l’accesso a spazi riservati alle donne e persino la libertà educativa dei genitori.

Sotto la copertura lessicale di parole nobili – “uguaglianza”, “inclusione”, “diritti” – si nasconde una rivoluzione culturale dall’alto, che non nasce da un dibattito pubblico aperto e condiviso, ma da una ristretta élite tecnocratica che decide, con ampi margini di discrezionalità, che cosa sia giusto pensare, dire e finanziare.


Un potere opaco travestito da democrazia

Dal punto di vista formale, i fondi derivano da programmi ufficiali come il Rights, Equality and Citizenship Programme (REC), ora inglobato nel più ampio programma Citizens, Equality, Rights and Values (CERV) all’interno del Quadro Finanziario Pluriennale 2021–2027. Il Parlamento Europeo e il Consiglio hanno votato a favore di questo bilancio generale. Tuttavia, il livello di dettaglio delle allocazioni – chi riceve cosa, per quali progetti, con quale finalità ideologica – è lasciato quasi interamente alla Commissione.

E qui emerge la debolezza strutturale dell’Unione Europea, dove la Commissione, organo non eletto direttamente dai cittadini, detiene un potere enorme di indirizzo politico e culturale. Il Parlamento Europeo – pur eletto – esercita solo una supervisione generica sul bilancio, senza possibilità di intervenire sulle singole scelte di finanziamento. I parlamenti nazionali, poi, sono completamente esclusi dal processo. In altre parole, mentre in ogni Stato democratico la destinazione dei fondi pubblici è oggetto di dibattito e controllo parlamentare, in Europa interi capitoli di spesa vengono gestiti senza trasparenza né responsabilità politica reale.


Quando l’“uguaglianza” mina i valori fondanti della civiltà europea

Nel contesto attuale, parole come eguaglianza, diritti, inclusione sono diventate parole-totem, usate come grimaldello per imporre una visione antropologica che nega la realtà biologica e culturale della famiglia naturale. Questa visione, lontana dalle radici cristiane dell’Europa, non si limita a convivere con altre impostazioni, ma tende a colonizzare culturalmente lo spazio pubblico, delegittimando ogni forma di dissenso come “discriminatoria” o “antidemocratica”.

La Strategia LGBTIQ 2020–2025 della Commissione – mai votata dal Parlamento, eppure guida concreta per la distribuzione dei fondi – promuove attivamente il riconoscimento legale dell’identità di genere auto-percepita, l’adozione di pratiche educative gender-oriented nelle scuole e l’introduzione di misure restrittive verso chi esprime posizioni dissenzienti, anche religiosamente motivate. Il paradosso è evidente: in nome della tolleranza, si nega la libertà.


Una crisi di legittimità politica e culturale

Ciò che l’inchiesta del MCC mette in luce – e che l’Unione Europea non potrà continuare a ignorare – è una profonda crisi di legittimità democratica. Non si tratta di essere “contro i diritti”, ma di pretendere che decisioni così radicali siano oggetto di voto, dibattito, confronto pubblico. La Commissione oggi si comporta come un ministero ideologico sovranazionale, che promuove trasformazioni profonde senza un mandato esplicito dei popoli europei.

Se l’Europa vuole davvero essere uno spazio di libertà e pluralismo, deve ripensare radicalmente il suo funzionamento: restituire centralità ai parlamenti nazionali, limitare il potere esecutivo della Commissione, e soprattutto, tornare a rispettare i fondamenti antropologici e culturali che hanno costruito la civiltà europea. Famiglia, realtà biologica, libertà educativa e valori cristiani non sono ostacoli da superare, ma pilastri da custodire.


Conclusione: la posta in gioco è la sovranità culturale dei popoli

I 220 milioni di euro stanziati per promuovere un’agenda ideologica su identità di genere e diritti LGBTIQ sono solo la punta dell’iceberg. Il vero problema è il modello di governance europea, dove poteri non eletti detengono una discrezionalità enorme su questioni fondamentali per la vita dei cittadini. Se non si pone un freno a questa deriva, l’Unione Europea rischia di trasformarsi definitivamente in una tecnocrazia post-democratica, dove il popolo è chiamato solo a ratificare decisioni prese altrove.

È tempo di rompere il silenzio, di rivendicare la libertà di educare, pensare e vivere secondo ragione, realtà e verità. L’Europa non ha bisogno di più ideologia: ha bisogno di verità, responsabilità e rispetto delle sue radici.

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Postscript:

The Mathias Corvinus Collegium (MCC) è un think tank con sede a Budapest, caratterizzato da opinioni conservatrici e stretti legami con il governo del Primo Ministro ungherese Viktor Orbán. Il rapporto, intitolato Mission Creeps: The Emerging Cultural Imperialism of the European Union, è stato pubblicato il 1° aprile 2025.