Hamas, Israele e il grande equivoco: creazione o sfruttamento?

Dopo il 7 ottobre 2023, si è diffusa l’idea che Israele abbia “creato” Hamas per sabotare la pace con l’Autorità Palestinese (ANP). Questa narrazione, alimentata da alcune dichiarazioni e analisi, richiede un esame attento per distinguere i fatti dalle semplificazioni. Quanto c’è di vero in questa tesi?

Origini storiche

Tutto inizia nel 1973, quando lo sceicco Ahmad Yassin, un membro della Fratellanza Musulmana, fonda il Mujamma al-Islamiya a Gaza. Questa organizzazione si concentrava su attività religiose e caritative, come la gestione di scuole, moschee e cliniche, promuovendo un’interpretazione conservatrice dell’Islam sunnita. Durante gli anni ’70 e ’80, Israele, che occupava Gaza dopo la guerra dei Sei Giorni del 1967, vedeva il Mujamma come un contrappeso utile alla Palestina Liberation Organization (PLO), un’organizzazione laica e nazionalista guidata da Yasser Arafat. All’epoca, il Mujamma predicava la nonviolenza e si concentrava su attività sociali, senza rappresentare una minaccia armata diretta per Israele.

Secondo un articolo del Washington Post del 2014, Israele appoggiò indirettamente il Mujamma, riconoscendolo ufficialmente come organizzazione di beneficenza nel 1979 e permettendo la sua espansione, incluso il sostegno alla fondazione dell’Università Islamica di Gaza. Tuttavia, la maggior parte dei fondi per il Mujamma proveniva da fonti esterne, come la Fratellanza Musulmana egiziana e donazioni da paesi del Golfo, come Arabia Saudita e Qatar, che sostenevano movimenti islamisti nella regione. Il generale di brigata Yitzhak Segev, governatore militare di Gaza negli anni ’80, ha ammesso di aver fornito assistenza finanziaria al Mujamma su ordine delle autorità israeliane, con l’obiettivo di indebolire il fronte laico palestinese.

Nel 1987, con l’inizio della Prima Intifada, il Mujamma si trasforma in Hamas (Harakat al-Muqawama al-Islamiyya, Movimento di Resistenza Islamico), adottando un’agenda di resistenza armata contro l’occupazione israeliana. Questa evoluzione non era stata prevista da Israele, che inizialmente considerava il Mujamma un’entità non minacciosa. La nascita di Hamas segna un punto di svolta, con il gruppo che pubblica nel 1988 una carta costitutiva che rifiuta l’esistenza di Israele e promuove la lotta armata per la liberazione della Palestina storica. (link)

Accordi di Oslo, Hamas e il fallimento del dialogo

Negli anni ’90, gli Accordi di Oslo (1993) segnano un tentativo di dialogo tra Israele e l’OLP, con la creazione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) per amministrare parti della Cisgiordania e di Gaza. Hamas, però, rifiuta categoricamente gli accordi, considerandoli una capitolazione ai negoziati con Israele e un tradimento della causa palestinese. La strage alla Moschea di Ibrahimi nel 1994, compiuta dal colono ebreo Baruch Goldstein, che uccise 29 palestinesi, intensifica la radicalizzazione di Hamas, che risponde con una serie di attentati suicidi contro civili israeliani. Questi attacchi segnano l’inizio di una nuova fase di scontro, con Hamas che diventa un attore chiave nella resistenza armata.

Nel 1996, l’elezione di Benjamin Netanyahu a primo ministro israeliano segna la fine di un approccio dialogante verso la pace. La sua politica di espansione degli insediamenti in Cisgiordania e il rifiuto di concessioni significative minano il processo di Oslo, alimentando il malcontento palestinese. Tuttavia, è importante notare che Hamas non fu l’unico ostacolo alla pace: anche le fazioni interne all’OLP, la corruzione percepita nell’ANP e le violazioni israeliane degli accordi contribuirono al fallimento. Inoltre, il terrorismo non fu un’esclusiva di Hamas: gruppi come la Jihad Islamica Palestinese e la milizia Tanzim di Fatah furono responsabili di attacchi simili durante la Seconda Intifada (2000-2005). (link , link , link)

Strategia israeliana: dividere per controllare

Israele ha adottato una strategia di frammentazione del fronte palestinese per mantenere il controllo sui territori occupati. Nel 2005, Israele si ritira unilateralmente da Gaza, evacuando insediamenti e truppe, ma mantiene un blocco terrestre, aereo e marittimo, limitando l’accesso a beni e la mobilità della popolazione. Questo ritiro non fu percepito come una concessione da Hamas, che lo interpretò come una vittoria della resistenza armata, ma piuttosto come un modo per Israele di scaricare la responsabilità di Gaza sull’ANP, mantenendo il controllo esterno.

Nel 2006, Hamas vince a sorpresa le elezioni legislative palestinesi, ottenendo 74 dei 132 seggi contro i 45 di Fatah. Questo risultato, riconosciuto come legittimo da osservatori internazionali, fu accolto con ostilità da Israele, Stati Uniti e Unione Europea, che imposero sanzioni all’ANP per il rifiuto di Hamas di riconoscere Israele e rinunciare alla violenza. Nel 2007, un tentativo di golpe contro Hamas, sostenuto da Stati Uniti e Fatah, fallisce, portando Hamas a prendere il controllo totale di Gaza e a espellere Fatah. Da allora, la Cisgiordania rimane sotto il controllo dell’ANP, mentre Gaza è governata da Hamas, consolidando la divisione politica palestinese. (link , link)

I fondi del Qatar

Dal 2018, Israele ha approvato il trasferimento di milioni di dollari dal Qatar a Gaza, spesso sotto forma di valigie di contanti trasportate attraverso il territorio israeliano. Questi fondi, ufficialmente destinati a scopi umanitari come il pagamento di stipendi e aiuti alle famiglie, erano una risposta alla decisione dell’ANP nel 2017 di tagliare i salari ai dipendenti pubblici a Gaza, esacerbando la crisi economica. Secondo il New York Times, Netanyahu non solo ha tollerato questi pagamenti, ma li ha incoraggiati, inviando alti funzionari come Yossi Cohen (ex direttore del Mossad) nel 2020 e David Barnea (direttore del Mossad) nel 2023 a negoziare con il Qatar per continuare i trasferimenti. Yossi Kuperwasser, un esperto di intelligence israeliana, ha sostenuto che questi fondi avrebbero migliorato le condizioni di vita a Gaza, riducendo l’incentivo per Hamas a scatenare guerre. Tuttavia, critici come l’ex primo ministro Ehud Olmert hanno sostenuto che tali pagamenti abbiano rafforzato Hamas, contribuendo indirettamente al suo potenziale militare, culminato nell’attacco del 7 ottobre 2023. (link)

Netanyahu e la dipendenza da Hamas?

Nel 2019, durante una riunione del partito Likud, Netanyahu avrebbe dichiarato: “Chiunque voglia ostacolare la creazione di uno Stato palestinese deve sostenere il rafforzamento di Hamas e il trasferimento di denaro ad Hamas. Questo fa parte della nostra strategia: isolare i palestinesi di Gaza da quelli della Cisgiordania.” Questa citazione, riportata da Haaretz e altre fonti, è stata contestata per la sua origine (attribuita a una biografia di Haim Ramon, un politico non più attivo), ma riflette una percezione diffusa della strategia di Netanyahu. L’ex primo ministro Ehud Olmert, in un’intervista a Politico nel 2023, ha accusato Netanyahu di aver “salvato” Hamas permettendo i fondi del Qatar quando Gaza era al collasso economico. Tuttavia, Netanyahu ha negato pubblicamente di aver finanziato direttamente Hamas, sostenendo che i fondi erano sotto supervisione israeliana per scopi umanitari.

Questa strategia di “divide et impera” si basa sull’idea che mantenere Hamas al potere a Gaza impedisca la formazione di un fronte palestinese unito, riducendo la pressione su Israele per negoziare uno Stato palestinese. Bezalel Smotrich, ministro delle finanze di estrema destra, ha definito l’ANP un “peso” e Hamas una “risorsa” per questa logica. Tuttavia, questa politica si è rivelata controproducente: l’attacco del 7 ottobre 2023, che ha causato 1.200 morti e oltre 200 ostaggi, ha dimostrato che Hamas non era solo un attore controllabile, ma una minaccia significativa. (link)

Conclusione

L’idea che Israele abbia “creato” Hamas è un’ipersemplificazione. Israele non ha fondato Hamas, ma ha indirettamente favorito la sua ascesa negli anni ’70 e ’80, sostenendo il Mujamma al-Islamiya per indebolire l’OLP. Successivamente, politiche come l’approvazione dei fondi del Qatar e la tolleranza di Hamas come forza di governo a Gaza riflettono una strategia di contenimento e divisione, piuttosto che di creazione diretta. Tuttavia, Hamas non è solo un prodotto di queste dinamiche: il suo consenso a Gaza deriva dalla percezione, per molti palestinesi, di essere un movimento di resistenza contro l’occupazione israeliana, specialmente in un contesto di fallimento degli Accordi di Oslo e di corruzione percepita nell’ANP. Come sostenuto dal giornalista Robert Inlakesh, Hamas è stato sfruttato da Israele per sabotare la soluzione dei due Stati, ma la sua forza deriva anche da un reale supporto popolare e dalla capacità di capitalizzare il malcontento palestinese.

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Per un’analisi più approfondita, si vedano:

Nota sui tre videodi Robert Inlakesh: È un giornalista e analista politico con esperienza diretta nei territori palestinesi occupati. La sua analisi è preziosa per il punto di vista palestinese, ma va letta con attenzione per il suo orientamento critico verso Israele. Il giudizio critico e la morale cristiana è sempre la chiave.

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