Guerra in Ucraina: le vere cause e l’espansione della NATO a Est

Un conflitto annunciato eppure ancora frainteso

Le narrazioni prevalenti sui media occidentali tendono a presentare la guerra in Ucraina come una brutale aggressione unilaterale da parte della Russia. Ma per chi osserva la realtà nella sua interezza e si rifiuta di accettare formule preconfezionate, questa visione appare quanto meno parziale. Le cause della guerra in Ucraina non possono essere comprese senza considerare l’evoluzione della strategia della NATO nell’Europa orientale e le profonde fratture geopolitiche emerse sin dal crollo dell’URSS.

L’espansione della NATO: un processo sistematico e provocatorio

Dal 1999 ad oggi, la NATO ha inglobato 14 Paesi dell’ex blocco sovietico, giungendo progressivamente ai confini della Federazione Russa. Lungi dall’essere una serie di adesioni “libere e democratiche”, l’allargamento ha spesso seguito logiche di pressione politica ed economica, alimentando diffidenza e senso di accerchiamento a Mosca. Lo stesso George Kennan, architetto della politica di contenimento nella Guerra Fredda, definì l’espansione della NATO “il più fatale errore della politica americana”.

La Georgia nel 2008 e l’Ucraina nel 2014 rappresentano i due casi emblematici in cui la proiezione atlantica ha provocato una risposta armata russa. Ignorare questa dinamica significa leggere il conflitto ucraino come un evento decontestualizzato, astorico e funzionale a una propaganda di guerra.

Il conflitto del Donbass e il fallimento degli Accordi di Minsk

Nel 2014, dopo il cambio di governo a Kiev in seguito alle proteste di Maidan – sostenute apertamente da ONG occidentali e rappresentanti USA – si è aperta una guerra civile nel Donbass. Le popolazioni russofone delle regioni orientali si sono ribellate a un governo percepito come ostile e identitariamente antirusso. La risposta di Kiev è stata l’invio dell’esercito, con conseguenze devastanti: oltre 14.000 morti tra il 2014 e il 2021, secondo l’ONU.

Gli Accordi di Minsk, firmati nel 2015 con la mediazione di Germania e Francia, promettevano un’autonomia negoziata per il Donbass. Ma non sono mai stati rispettati da Kiev. Al contrario, l’Ucraina ha perseguito una crescente militarizzazione con il supporto NATO, mentre gli Stati occidentali guardavano altrove.

Una guerra preparata: retorica, armi e addestramento

Già dal 2020, secondo diverse fonti, gli USA e il Regno Unito avevano rafforzato la formazione militare dell’esercito ucraino, in chiave anti-russa. L’invio di armi è iniziato ben prima del 24 febbraio 2022. Nel frattempo, il discorso pubblico occidentale si polarizzava: ogni voce critica veniva tacciata di “putinismo”, e la possibilità di una soluzione diplomatica era considerata una resa.

La realtà è che l’invasione russa del 2022, pur gravissima e drammatica, non è l’inizio del conflitto, ma la sua escalation. Presentarla come un fulmine a ciel sereno è un atto di disonestà intellettuale. La Russia ha certamente le sue responsabilità, ma esse non possono essere isolate da un contesto volutamente ignorato.

L’Europa senza politica estera: tra fedeltà atlantica e disastro strategico

L’Unione Europea, nel suo insieme, non ha cercato alcuna via autonoma. Dopo aver perso ogni capacità negoziale tra il 2014 e il 2022, ha scelto di diventare appendice strategica di Washington, approvando sanzioni autolesioniste e alimentando una logica bellica che rischia ora di coinvolgere direttamente il continente.

Il riarmo europeo, presentato come necessità difensiva, è in realtà il sintomo di una perdita di sovranità diplomatica e di una visione subalterna della sicurezza. Parlare di pace è oggi considerato sospetto; porsi domande sulle radici del conflitto è quasi un reato d’opinione.

Per una lettura onesta e integrale della realtà

Capire le vere cause della guerra in Ucraina non significa giustificare l’invasione russa. Significa invece recuperare un approccio realistico, capace di vedere l’intero quadro. La pace sarà possibile solo quando i popoli europei torneranno a pensare con la propria testa e a chiedere conto ai propri governi di decisioni assunte senza dibattito, in nome di una presunta unità dell’Occidente che somiglia sempre più a un’unità imposta.

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