Giappone: i suicidi nel mese di ottobre 2020 sono stati maggiori di tutti i morti di Covid nel 2020

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Naturalmente di queste cose non se ne parla, ma è certo che Covid c’entra poco o nulla.Le persone che si suicidano, sono le moderne vittime sacrificali, il pegno del gran casino in atto nelle società non a misura d’uomo che si basano sul successo e sulla competitività. Il Covid l’ho citato solo per far capire che il Covid non è il massimo dramma in tanti posti del mondo. Infatti, nel caso specifico del Giappone, il governo non ha imposto misure di lockdown eccessive. Quindi è difficile parlare di causalità indiretta, ma a quanto pare, è bastato poco per far esplodere una pentola già in ebollizione.

L’articolo della CNN è dell’anno scorso ma l’ho intercettato ora e probabilmente la situazione non sarà migliorata , dato il protrarsi della pandemia a data da destinare…

La notizia era che il numero di suicidi nel mese di ottobre erano stati in numero maggiore rispetto a tutti i morti di Covid del 2020.  “In Japan, more people died from suicide last month than from Covid in all of 2020. And women have been impacted most”. Infatti la CCN afferma riferendo dati della polizia giapponese che “Il numero mensile di suicidi giapponesi è salito a 2.153 in ottobre. A partire da venerdì, il pedaggio totale del Covid-19 in Giappone era di 2.087”. In particolare, il tasso mensili di suicidio sono aumentati del 16% tra luglio e ottobre 2020

Il fatto nuovo è che il Giappone è stato uno dei pochi paesi occidentali da cui si è riuscito ad apprendere il numero di suicidi avvenuti nel primo anno pandemico, dato che le autorità hanno diramato pubblicamente le statistiche.

Probabilmente non per ultimo avrà contribuito il peggioramento delle condizioni economiche del paese che affronta una crisi globale.

La situazione è di vecchia data, anche se è seria: il suicidio è la prima causa di morte nella fascia di età 15-39 anni.

Secondo i dati della polizia, a partire dal 2020, il motivo principale, con il 49% dei suicidi, era “Problemi di salute”. Tuttavia, poiché la categoria per i problemi di salute include sia problemi mentali (ad es. Depressione) che fisici, non è possibile distinguere tra i due.

Il secondo motivo più comunemente elencato per i suicidi era “Problemi finanziari / legati alla povertà” (ad es. Troppo debito, Povertà), che era un motivo nel 17% dei suicidi.

Il terzo motivo è “Problemi domestici” (ad esempio, disaccordi in famiglia) elencati nel 15% dei suicidi.

Il quarto posto nell’elenco sono “Problemi sul posto di lavoro” (ad esempio, rapporti di lavoro) con il 10% dei suicidi che lo elencano come motivo.

Le ultime due categorie principali sono “Problemi di relazione” al 4% (ad esempio, crepacuore), “Scuola” al 2% (ad esempio, non ottenere i risultati a cui miravi) e infine “altro”, al 10%

Tuttavia, il tasso di suicidi del Giappone (16 su 100.000) è quasi lo stesso degli altri paesi sviluppati. La Corea del Sud ogni 100.000 persone ha un 20,2 e il Belgio un 15,7, mentre il Giappone ha un 14,3, la Svezia è 13,8 e gli Stati Uniti 13,7.

Ovviamente, i suicidi non diminuiranno finché non affronteranno le ragioni emotive dell’autolesionismo. Le ragioni emotive non possono essere affrontate senza accettare cambiamenti nella percezione del lavoro, del valore umano e della famiglia. Questi cambiamenti non possono essere accettati senza cambiamenti nel governo e nelle priorità sociali. I cambiamenti nelle priorità governative e sociali avvengono confrontandosi e accettando la realtà.

In Giappone, c’è una cultura del lavoro aberrante. Il moderno equilibrio tra lavoro e vita privata giapponese è orribile. La competitività che porta negli Stati Uniti a fare anche due o tre lavori per sbarcare il lunario, in Giappone ed in Corea del nord è ancora più estremizzata.

In Giappone è previsto arrivare presto al lavoro e lavorare fino a tardi. Anche se non sei impegnato, devi sembrare occupato, o non sei visto come un impiegato efficiente, ma un fannullone.

Molte fonti sono concordi con il valutare che i giapponesi “hanno bisogno di un equilibrio tra lavoro e vita privata”. In Giappone il tuo lavoro è la tua vita, è la tua identità ed è scelto molto presto. Vai a scuola, studi il più duramente possibile per entrare in un certo college. Quel college determinerà anche il resto della tua vita. I tuoi datori di lavoro considereranno il tuo college come la tua barriera per entrare nelle cose, decideranno così quanto sei bravo.

A quel punto hai una piccola finestra prima della laurea per trovare un lavoro. Non hai trovato lavoro? Come mai? Che è successo? Qualcosa che non va in te? Se non ti sbrighi hai 80% di possibilità che non ti lavorerai in una grande azienda azienda, perché tutti i tuoi datori di lavoro vedranno che non riuscivi a trovare un lavoro, quindi probabilmente sei un inetto.

Se hai trovato un lavoro  ottimo, benvenuto nell’azienda da cui ti ritiri. Se te ne vai e provi a trovare un nuovo lavoro, rischi che altri datori di lavoro vedano la tua mancanza di devozione al tuo lavoro (che è la tua vita), e potrebbero non assumere qualcuno che considerano un rischio di fuga.

In definitiva, il Giappone è un luogo in cui il pregiudizio è il modo principale di affrontare le cose. Tutto questo sta accadendo a ogni giapponese dai primi anni ’20, e inizia molto indietro, nelle scuole medie. Trovare un equilibrio tra lavoro e vita privata richiederà una ristrutturazione della loro intera cultura. Così alla fine uno crolla ed i suicidi sono passati dalla media di 1500 al mese a 1700 ogni mese.

In tema, sarebbe interessante sapere il numero dei suicidi anche qui  in Italia, ma qui la condizione è culturalmente diversa e comunque le autorità non ancora hanno diffuso il dato.

Sullo sfondo sembra chiaro che indichiamo certi paesi come modello in base al successo complessivo, non valutando le problematicità sociali, lavorative e personali che impattano inevitabilmente con il desiderio insopprimibile di uno scopo metafisico nell’esistenza.

@vietatoparlare

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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