Gesù è venuto per tutti? Il problema dell’universalismo

La Nuova Bussola Quotidiana, attraverso la sua analisi della Summa Theologica di San Tommaso d’Aquino, nell’articolo “I misteri della Nascita “mette in luce un aspetto centrale della rivelazione cristiana: la nascita di Gesù non è stata manifestata a tutti indiscriminatamente, bensì a testimoni prescelti. Questo principio, che si applica non solo alla Natività ma anche alla Risurrezione e ad altri misteri della fede, sottolinea la necessità della mediazione della Chiesa e il valore della fede come adesione personale alla verità rivelata.

San Tommaso afferma che la scelta di Dio di non manifestare la nascita del Salvatore in modo universale si basa su una logica di sapienza divina. Se la manifestazione fosse stata totale ed evidente a tutti, il merito della fede sarebbe stato annullato: non si sarebbe trattato più di una adesione libera a una verità rivelata, ma di un’evidenza indiscutibile, escludendo così l’esercizio della volontà umana nel riconoscere Cristo.

Il problema dell’universalismo

Questa riflessione si collega a un nodo centrale della teologia postconciliare: il cambiamento della formula liturgica nel Gloria. L’antica espressione “Pace in terra agli uomini di buona volontà” è stata sostituita da “Pace in terra agli uomini amati dal Signore”, operando un sottile ma profondo spostamento teologico. Se prima si evidenziava la necessità della “buona volontà”, ossia di una risposta consapevole e libera all’amore di Dio, la nuova formula suggerisce una pace indiscriminata, offerta a tutti senza distinzione. Questo cambiamento riflette un passaggio da una visione in cui la salvezza è legata alla volontà di aderire a Cristo, a una prospettiva che la considera come un dono ricevuto senza condizioni.

L’omologazione del messaggio cristiano a una visione indiscriminata porta a una pericolosa neutralizzazione del ruolo della volontà e della fede attiva, riducendo la Chiesa a un’organizzazione inclusiva più che a una realtà gerarchicamente ordinata alla Verità. La mediazione della Chiesa, di cui parla l’articolo, viene svuotata di significato quando si elimina la distinzione tra chi accoglie il Vangelo e chi lo rifiuta.

La Nuova Bussola Quotidiana evidenzia la selettività della rivelazione come un elemento strutturale della fede cristiana. Tuttavia, nella realtà ecclesiale attuale, si assiste a una tendenza diffusa all’universalismo salvifico, che porta molti fedeli a una forma di indifferenza pratica. Se la salvezza è garantita a tutti senza una necessaria risposta personale, il ruolo della Chiesa come mediatrice e custode della verità perde significato. Questo spiega il paradosso per cui, pur riconoscendo intellettualmente il valore di certe analisi teologiche, i fedeli tendono a conformarsi a un Cristianesimo più inclusivo e meno esigente.

Liturgia e logica della fede

Questa trasformazione ha anche una profonda incidenza sulla liturgia. La tradizione liturgica ha sempre mantenuto un equilibrio tra il “già” e il “non ancora”, tra la presenza reale di Cristo e la necessità di un atto di fede che lo riconosca. Oggi, la tendenza a rendere i riti più accessibili e “orizzontali” ha indebolito questa dinamica, favorendo un approccio più umano e meno trascendente. Se la fede si basa su un atto di risposta alla verità rivelata, la sua riduzione a un’accoglienza universale senza condizioni rischia di svuotare di significato sia la liturgia sia l’esperienza personale del credente.

La riflessione della Nuova Bussola Quotidiana e l’analisi qui proposta convergono su un punto fondamentale: la selettività della manifestazione di Cristo non è esclusione, ma condizione necessaria per la libertà della fede. In un’epoca in cui la Chiesa sembra orientata a un messaggio sempre più inclusivo e meno fondato sulla responsabilità personale, è essenziale riscoprire la centralità del discernimento e della libera adesione alla verità. Non tutti riconosceranno Cristo, e non tutti risponderanno con la buona volontà necessaria: la sfida della fede rimane quella di non cedere all’uniformità di un giudizio conformista, ma di rimanere fedeli alla responsabilità e alla lealtà di fronte alla presenza di Cristo nella storia.

La necessità di una posizione responsabile

Sebbene articoli come questo vengano accreditati dai fedeli più attenti, nella pratica si assiste a una generale omologazione di giudizio. Ciò è dovuto a un diffuso sensus fidei deformato da decenni di predicazione improntata a un Cristianesimo “aperto”, privo del rigore dottrinale necessario per discernere. L’accento sull’accoglienza e sull’inclusione ha sostituito la necessità della conversione e della lotta spirituale, portando alla perdita del senso della responsabilità personale di fronte alla Verità.

L’articolo della Nuova Bussola Quotidiana offre uno spunto importante, ma la sua ricezione è problematica nel contesto attuale, in cui la Chiesa ufficiale spinge verso un universalismo che contraddice la necessità della conversione personale. Il vero nodo della questione è che il cattolico non può limitarsi a un consenso intellettuale verso certe verità, ma deve tradurle in un giudizio e in una vita coerente.

Se la fede è anche libertà dell’uomo, allora essa esige un giudizio chiaro e una scelta radicale. Il problema della Chiesa moderna non è solo l’abbandono della Tradizione, ma la riluttanza a riconoscere che la sequela di Cristo è un atto di responsabilità personale, e non un destino garantito a tutti senza condizioni. Certo, un limite esiste, e il Padre è sempre disposto ad accogliere l’uomo come un padre fa con il figlio, ma il riconoscimento di questa figliolanza è centrale.

Ciò implica una serietà nel percorso umano e una definitività nelle scelte fatte, una serietà di giudizio che vede tutta la vita come segno, a cominciare dalla parola, che deve sempre rimandare all’oltre e far percepire quella sproporzione essenziale per vivere con una tensione umana autentica. Solo questa tensione può generare la manifestazione della bellezza della vita e della creatività umana.

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nota a margine:

Che c’entra questo articolo con la Politica Internazionale? C’entra. Perché una certa posizione della Chiesa, ormai diventata indirizzo, mina la capacità di giudizio e il sentimento di poter cambiare armonicamente la realtà da parte dei cristiani e, ai non cristiani, prepara un ambiente in cui la percezione è minata da una incapacità di paragonare tutti i fattori della realtà con il proprio io.