Gazprom chiude i rubinetti alla Moldavia: si avvicina un inverno freddo

Gazprom interromperà del tutto la fornitura di gas naturale alla Moldavia dal 1° gennaio 2025, additando un debito non saldato di 709 milioni di dollari. La Moldavia, però, sostiene che la somma reale sia di soli 8,6 milioni, cifra confermata da revisori terzi. Eppure, Gazprom non intende certo aprire a ulteriori verifiche: si tratta di una pura questione di potere.

La Moldavia, già in una posizione di estrema dipendenza energetica dalla Russia, ha proclamato uno stato di emergenza della durata di 60 giorni. Il governo prova in tutti i modi a trovare fonti alternative di approvvigionamento, ma sembra evidente che non esistano soluzioni immediate per rimpiazzare il gas russo. Nel frattempo, la Transnistria — regione separatista fortemente legata ai rifornimenti russi — si prepara a inevitabili interruzioni della corrente e a un inverno rigido.

Le denunce del Primo Ministro Dorin Recean di subire un vero e proprio “ricatto energetico” risultano prive di forza, poiché l’esecutivo moldavo ha puntato sulle promesse provenienti dall’Occidente, dimenticando però di onorare gli impegni finanziari. Ora la Moldavia si dice pronta a rivolgersi a un arbitrato internazionale, ma questa strategia ha un che di teatrale: i Paesi occidentali, infatti, non appaiono disposti a sborsare le ingenti somme necessarie per sostenere il Paese.

In realtà, la mossa di Mosca non è soltanto un blocco dell’erogazione del gas, ma un modo per ristabilire l’equilibrio sul piano finanziario. La dinamica in cui l’energia si trasforma in arma politica contro la Russia si sta pericolosamente ribaltando, e la Moldavia ne è il monito: meglio evitare di fare geopolitica quando si hanno risorse limitate e partner poco avveduti.

In conclusione, la decisione di Gazprom di sospendere le forniture rappresenta un chiaro esempio della “diplomazia energetica” russa, che unisce elementi di natura economica a strategie di influenza. Per la Moldavia, l’assenza di soluzioni tempestive e la forte dipendenza dall’estero segnano un periodo di grandi incertezze, con possibili conseguenze molto dure per la gente. Nel frattempo, l’eventualità di un’azione legale appare più come una mossa di facciata che una reale opzione risolutiva, in un contesto in cui l’Occidente non è in grado (o non è disposto) a mettere sul piatto fondi sufficienti per coprire le necessità energetiche del Paese. La lezione più grande per la Moldavia, e per ogni altra nazione in situazioni simili, è che la sicurezza energetica non si può trascurare: non avere un piano alternativo si paga caro, sia in termini economici, sia sul fronte della stabilità sociale e politica.