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Ex ambasciatore Raimbaud "La tragedia siriana: diritto internazionale o legge della Jungla?"

by Patrizio Ricci
28 Maggio 2017
in Esteri
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Ex ambasciatore Raimbaud "La tragedia siriana: diritto internazionale o legge della Jungla?"

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Segnaliamo questo scritto, rivolto al pubblico francese ma a nostro parere valido anche per la visione politica dei nostri governanti.
 
di : Michel Raimbaud*  – pubblicato su Ora Pro Siria
  * Michel Raimbaud, ex ambasciatore di Francia in Mauritania, Sudan e Zimbabwe. Ex direttore dell’Ufficio francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi (OFPRA). 
A lui si devono numerosi lavori, particolarmente sul Sudan. Ha appena pubblicato presso Ellipses una nuova edizione del suo libro intitolato “Tempesta sul Grande Medio Oriente.”
La tragedia della Siria è entrata nel suo settimo anno. Incrostata nell’attualità, fa parte del paesaggio. Ma i suoi 400.000 morti, i suoi 2 milioni di feriti o di mutilati, i suoi 14 o 15 milioni di profughi, sfollati o esiliati, il suo territorio devastato per più del 60% e la sua economia rovinata dai saccheggi, dalle sanzioni e dall’embargo, non suscitano emozione permanente.
In effetti, visti dalle nostre “grandi democrazie” (le cui lingue sono mondiali, i valori universali, la vocazione planetaria ed i lutti sovranazionali, e che si considerano come l’essenza dell’umanità o il non plus ultra della sua coscienza), i conflitti dell’Oriente complicato sono stancanti, quando non francamente ermetici.
Per ravvivare la fiamma della compassione, occorre una di quelle enormi bugie di cui si ingozzano gli intellettuali, i media e le politiche dell’Occidente benpensante. Quindici anni dopo l’Iraq, il trucco delle armi chimiche fa ancora molta presa: Colin Powell, l’imbroglione del 2003, deve essere contento… I signori della guerra e i loro fiancheggiatori, tra cui i truffatori dell’umanitarismo sono comunque soddisfatti. Non c’è mai il due senza il tre: 2003, 2013, 2017. La manipolazione, i “false flag” sembrano ancora efficaci …
Le nostre “élites” sbriciolate sono riuscite con questo tour de force a posizionare i nostri paesi in prima linea in Libia, poi in Siria, a fianco degli islamisti, dei terroristi e dei falchi atlantisti del partito della guerra, senza chiedere il parere dei Francesi, riuscendo anche, tramite un’intensa campagna pubblicitaria a raccogliere l’adesione di molti settori della pubblica opinione. La dolce Francia è ripartita bel bello nelle sue tristi epopee coloniali. Viva il Padre Bugeaud, viva François Georges Picot e i suoi accordi tra le quinte, viva Jules Ferry e la fottuta missione civilizzatrice…
I nostri intellettuali che sognano di combattere contro il legittimo governo siriano, questo Stato ribelle che osa tener testa all’Occidente, i nostri media che hanno la fissa dell’urgenza di bombardare Damasco o “Bashar”, i nostri politici sospesi come dei disperati alle mammelle dell’atlantismo e delle sue succursali, possono rassicurarsi. Dandosi un Presidente “imprevedibile” che si diceva non interventista se non pacifista, il loro maître americano gli aveva fatto prendere uno spavento! Votato dal “Paese profondo”, Trump non ha resistito a lungo alle pressioni dello “Stato profondo”: ecco un presidente che bombarda come gli altri … Ouf!
Questo atroce conflitto si inscriverà a caratteri cubitali rossi nel guinness della vergogna e i portabandiera della sedicente “comunità internazionale” di questo inizio millennio figureranno nella hit-parade dell’indegnità, tra due Nobel per la Pace. A queste persone senza fede, né legge, né vergogna che non hanno altro orizzonte che quello della loro improbabile elezione, non gliene può importare di meno, ma sarà solo nelle pattumiere della storia che si ritroverà traccia della loro memoria.

La tragedia siriana è l’epicentro dello scontro che minaccia la pace nel mondo. Invece di dissertare circa le sottigliezze della politica degli Stati Uniti, le angosce dell’Occidente ipocrita e le marziali dichiarazioni dei nostri miseri dirigenti, sarebbe saggio cercare le radici del male là dove sono con tutta evidenza: è la debacle del diritto internazionale sotto i torti prodigati da un quarto di secolo dall’Occidente arrogante, prepotente e sicuro di sé, che ha portato a questo mondo caotico, immorale e pericoloso in cui ormai viviamo, questo mondo che noi rischiamo di lasciare in eredità ai nostri figli.

Il momento unipolare americano (1991/2011) ha permesso al “più potente Impero che sia mai esistito sulla superficie della Terra” di distruggere le basi della legalità internazionale, stabilendo il nuovo ordine mondiale voluto dai falchi di Washington. Questo si tradurrà a tempo di record nell’abbandono dei principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite: sovranità, non ingerenza, diritto dei popoli all’autodeterminazione, diritto di ogni Stato a scegliere liberamente la propria forma statuale e politica non condizionato da interferenze straniere, obbligo di negoziare in caso di conflitto prima di ricorrere all’uso o alla minaccia dell’uso della forza. La “comunità internazionale” atlantica troverà la sua lampada di Aladino in un concetto miracoloso, la “responsabilità di proteggere” (R2P): la versione riveduta del diritto di interferire dalle connotazioni troppo colonialiste. Le Nazioni Unite (ONU) verranno strumentalizzate, o ignorate quando il motore unipolare sperimenterà i suoi primi fallimenti: si farà grancassa sulle deliberazioni del Consiglio di Sicurezza quando dice “sì, sì, sì”, ma si farà finta di niente quando dirà di no.

Di fronte a Stati qualificati “canaglia”, spesso arabi /musulmani, o percepiti come cripto-delinquenti come la Cina e la Russia, l’America e i suoi alleati si erigeranno a “comunità internazionale”, centro “civile” del nuovo ordine mondiale. In realtà, sarà la legge della giungla che si installerà sulle rovine della legalità internazionale, il mondo extra-atlantico vedrà quindi il suo statuto ridotto a quello di una zona di senza-diritti. Sul loro vasto campo di avventura, i neocons giocheranno al “caos creativo” e si divertiranno a terrorizzare i “nemici” secondo le ricette della “teoria del folle” di Nixon: l’America deve veicolare l’impressione che i suoi dirigenti sono imprevedibili. I risultati saranno impressionanti, non certamente in termini di “democratizzazione”, ma in ciò che riguarda la normalizzazione o addirittura la distruzione degli Stati repubblicani, sanamente laici e nazionalisti.
La guerra che infuria in Siria attualmente è ormai universale, tanto sono numerosi e diversi gli attori, le poste, i secondi fini, gli interessi. Tuttavia, non è un confronto classico: ufficialmente però non si può parlare di uno stato di guerra, poiché nessuno ha dichiarato guerra alla Siria, come lo vorrebbero le norme delle leggi del guerra e/o la consuetudine diplomatica.
A Mosca, si ripete “Gli Stati che si sono fuorviati nel sostegno al terrorismo, continuano a farlo e meritano di essere giudicati da un tribunale internazionale simile a quello che ha giudicato il nazismo.” Ora la Siria è dalla primavera 2011 la vittima di una “guerra di aggressione”, il tipo di guerra qualificata un’altra volta di notte e di nebbia dal Tribunale di Norimberga , come “crimine internazionale supremo”: “Scatenare una guerra di aggressione non è solamente un crimine internazionale; è il crimine internazionale supremo, non differendo dagli altri crimini di guerra se non perché contiene sé il male accumulato di tutti gli altri” . E’ il crimine per eccellenza. E nel caso specifico della Siria, un crimine con premeditazione, pianificato dagli “strateghi.”
Come Iraq, Libia, Somalia, Palestina, ecc… la Siria è oggetto di un tentativo di “politicidio”, (che nel caso di uno Stato è come si trattasse di un omicidio nei confronti di un essere umano) verso le istituzioni, il governo, la sovranità, l’integrità, le autorità politiche, i simboli emblematici, le forze armate, le risorse, le basi, le infrastrutture dell’economia, l’identità dello Stato, sono stati messi nel mirino singolarmente e nel loro insieme.
Le operazioni possono declinarsi in smantellamento, spartizione, smembramento dello Stato nazionale. Gli attacchi sono effettuati in tutte le direzioni: politica (la destabilizzazione, il cambio di regime), umanitarie (responsabilità di proteggere, progetti di zona di esclusione, corridoi), militari (bombardamenti, attentati, provocazioni, attacchi, raid), psicologico e mediatico (la menzogna, la manipolazione, l’intossicazione “false flag”, il lavaggio dei cervelli). Nel frattempo, il popolo siriano è il bersaglio di un “etnocidio”, un termine che descrive l’attività di decostruzione e disgregazione in atto. L’obiettivo generale è quello di rompere la sua coesione, che non è il prodotto di trent’anni di mandato francese e neanche di quattro secoli di impero ottomano, ma il risultato di una storia plurimillenaria, prima ancora dell’avvento del Cristianesimo e dell’Islam.
Le sanzioni sono armi di distruzione di massa finalizzate a minare una società civile e laboriosa. Tutti i mezzi del resto sono utilizzati: è necessario spingere i siriani a fuggire dal Paese, costringere le minoranze all’esodo, provocare l’emorragia delle élites, al fine di prevenire la successiva ricostruzione del tessuto sociale nazionale.
La “condanna a morte del popolo siriano” e la distruzione della Siria, “madre della nostra civiltà” e “seconda casa di ogni uomo civile” sono parte integrante del crimine per eccellenza.
Alla fine, è necessario chiamare le cose con il loro nome: gli aggressori della Siria legale, della Siria sovrana che agiscono in violazione del diritto internazionale sono delinquenti e criminali. Sono inoltre anche dei bugiardi impudenti indegni di governare o di pretendere di governare. I bombardamenti USA sulla base aerea di Al Shuairat non sono un “messaggio forte” di Washington, come dicono il tale o il tal altro esteta, ma un crimine aggiuntivo.
È tempo che la “Grande Nazione” si svegli e che i dirigenti più degni riprendano in mano il proprio destino politico, la propria indipendenza, che la Francia ritorni ad essere quell’eccezione che faceva la nostra fierezza. È tempo che i suoi intellettuali si ricolleghino con la tradizione dei loro grandi antenati. È tempo, ed è anche urgente raddrizzare la barra di questa imbarcazione pazza e disorientata che è diventata la Francia, tanto sono grandi e spietati i pericoli per questo nostro mondo. Volevo dire, è tempo che i diplomatici per i quali il diritto internazionale dovrebbe essere la Bibbia, e il cui il mestiere è di cercare la pace, espellano l’occupante abusivo come il cuculo nel nido dei falchi.
Dobbiamo dire no e no e no alla guerra che i piccoli e i grandi di questo mondo presentano come un’opzione banale, rannicchiati e nascosti nei loro privilegi, nelle loro certezze e la loro ordinaria arroganza. E’ necessario che la Francia ritrovi il cammino della legalità internazionale e del diritto delle Nazioni Unite: La nostra Pace ha questo prezzo.
 (Trad dal francese di Gb.P)

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Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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