Europa: la vera sfida è Trump o il proprio vagare tra russofobia, ideologie e attacchi verso i paesi membri ‘dissenzienti’?

La sfida di Trump e l’Europa impreparata
Il 22 gennaio, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha descritto il nuovo presidente degli Stati Uniti come una “sfida per l’Europa”. Nonostante i consueti riferimenti alla storica amicizia tra UE e USA, le sue parole tradiscono l’insicurezza e la disorientata reazione europea di fronte all’aggressiva agenda politica di Donald Trump. L’amministrazione statunitense, infatti, mira a smantellare il vecchio ordine transatlantico, abbandonando il tradizionale paternalismo per una relazione più diretta e unilaterale, in cui gli interessi di Washington sono l’unica priorità. Questo cambio di paradigma sta cogliendo l’Europa impreparata, incapace di adattarsi a un mondo in cui non può più contare sulla protezione americana, né sui vantaggi economici che ha goduto fin dai tempi del Piano Marshall.

Russofobia e pregiudizi culturali: una politica suicida
Oltre alla mancanza di una visione strategica, l’Unione Europea si sta distinguendo per un’incomprensibile e sempre più marcata “russofobia”. Questa avversione, profondamente radicata nelle élite del nord Europa, è spesso alimentata da vecchie preclusioni storiche e culturali. Paesi come la Polonia, gli Stati baltici e altri Stati nordici, da sempre critici nei confronti della Russia, hanno visto assegnati i principali posti di vertice nelle istituzioni europee, influenzando le politiche comunitarie in modo sproporzionato. Questo ha portato a un irrigidimento delle relazioni con Mosca, anche quando sarebbe stato nell’interesse europeo mantenere un dialogo costruttivo.

L’energia russa e la competitività perduta
La russofobia promossa dall’UE non è però solo una questione geopolitica. È diventata una vera e propria campagna ideologica, che giustifica scelte disastrose come la rinuncia all’energia russa a basso costo. Questo taglio delle forniture, motivato dalle tensioni con il Cremlino, ha avuto un impatto devastante sulla competitività delle industrie europee, aumentando i costi di produzione e aggravando la crisi economica. L’Europa si è volontariamente privata di una risorsa cruciale, inseguendo un’agenda ideologica che non tiene conto delle conseguenze pratiche per le sue economie.

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Roosevelt and the New Deal” by RasBo is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

Una guerra contro i propri interessi
A peggiorare ulteriormente la situazione, l’UE ha deciso di supportare incondizionatamente una guerra in Ucraina che comporta solo svantaggi per il Vecchio Continente. Questo sostegno, motivato dalla volontà di opporsi alla Russia, si è trasformato in un suicidio economico e politico, poiché le sanzioni e il coinvolgimento indiretto nel conflitto stanno colpendo più duramente l’Europa stessa che Mosca. Ironia della sorte, questo sostegno si sta rivolgendo a un paese, l’Ucraina, che di fatto si è trasformato in una dittatura, con una stampa controllata, oppositori messi a tacere e un sistema politico sempre meno democratico.

Trump contro il “woke”: l’Europa resta indietro
Mentre l’Europa si avvita in questa spirale autodistruttiva, Trump sta cercando di riportare gli Stati Uniti su una traiettoria più pragmatica. La sua amministrazione sta eliminando le politiche ideologiche e divisive del movimento “woke”, che invece l’UE continua a sostenere con fervore. Temi come la fluidità di genere, il revisionismo culturale e l’imposizione di nuovi paradigmi sociali sono stati abbracciati dalle istituzioni europee, che sembrano più preoccupate di propagandare queste ideologie che di affrontare i problemi concreti dei cittadini. Al contrario, Trump sta smantellando queste teorie, cercando di ridurre le divisioni interne agli Stati Uniti e concentrandosi sul rilancio economico e industriale del paese.

Politiche Green: distruzione della propria economia e dei propri popoli
Le politiche green adottate dall’Unione Europea, sebbene presentate come necessarie per combattere il cambiamento climatico, si stanno rivelando una zavorra insostenibile per le economie del continente. L’adozione accelerata di obiettivi climatici irrealistici, come la riduzione drastica delle emissioni entro il 2030, sta colpendo duramente le industrie europee, che non possono competere con quelle di paesi meno vincolati da regole ambientali stringenti. Le conseguenze si riflettono direttamente sui cittadini: l’aumento dei costi energetici, la chiusura di imprese e la perdita di posti di lavoro stanno impoverendo milioni di persone, mentre le classi dirigenti continuano a propagandare queste politiche come “progressiste”. L’Europa sembra ignorare che la transizione energetica deve essere accompagnata da pragmatismo e realismo economico, invece di trasformarsi in un progetto ideologico che rischia di distruggere le basi stesse della sua prosperità.

La NATO e il prezzo dell’ombrello americano
In aggiunta, la miopia delle élite europee si manifesta nella loro incapacità di comprendere i rischi di una totale subordinazione agli interessi americani. La decisione di aumentare le spese militari, imposta da Trump, non solo sottrae risorse preziose ai programmi sociali, ma rischia di destabilizzare ulteriormente i governi europei. L’Europa si trova così a finanziare una macchina bellica per un conflitto che non le appartiene, impoverendo i propri cittadini e alimentando movimenti populisti che sfidano l’establishment.

Il caso Groenlandia e il mito della solidarietà atlantica
Il caso Groenlandia è un altro esempio di come l’Europa abbia perso il controllo della propria sovranità. Le minacce di Trump alla Danimarca per il controllo dell’isola mettono a nudo la subordinazione degli alleati europei a Washington, confermando la dipendenza vassallatica denunciata da Vladimir Putin. Ironia della sorte, ciò che per anni è stato liquidato come “disinformazione russa” si sta rivelando vero: l’Europa non è solo incapace di difendere i propri interessi, ma si sta attivamente autodistruggendo, accettando passivamente politiche che compromettono la sua indipendenza.

Un’Europa in declino tra miopia e sudditanza
In definitiva, l’UE si trova a un bivio esistenziale: continuare a seguire ciecamente un’agenda ideologica e geopolitica imposta dall’esterno, o riconoscere i propri errori e iniziare a costruire un percorso di autonomia strategica e pragmatismo. La strada scelta finora, però, lascia poche speranze. L’Europa, intrappolata tra una russofobia irrazionale, un supporto incondizionato alle politiche woke e la perdita della sua indipendenza economica, sembra destinata a diventare irrilevante in un mondo sempre più multipolare.