Euro digitale: progresso o espropriazione e controllo?

A Jülich, una cittadina della Renania Settentrionale-Vestfalia, è in costruzione un nuovo centro tecnologico all’avanguardia dedicato all’intelligenza artificiale. Un progetto che si inserisce in una visione europea più ampia, legata non solo all’innovazione, ma anche alla preparazione per l’eventuale introduzione dell’euro digitale. Le capacità di calcolo di questo centro potrebbero infatti supportare l’infrastruttura necessaria per la gestione di una moneta digitale centralizzata emessa dalla Banca Centrale Europea (BCE).

Fin qui, nulla di apparentemente allarmante. Ma dietro il linguaggio neutro del progresso tecnologico si cela una posta in gioco ben più alta: la ridefinizione del rapporto tra cittadino e potere. In un’epoca segnata prima dalla stretta autoritaria durante la pandemia e ora da una retorica bellicista martellante, l’idea di affidare alla BCE il controllo totale della nuova moneta digitale dovrebbe suscitare ben più di qualche interrogativo.

Un contesto inquietante

L’Unione Europea sta vivendo una trasformazione senza precedenti: la digitalizzazione dell’economia, le pressioni geopolitiche, la competizione tecnologica globale. Ma a queste sfide sta rispondendo con un modello sempre più centralizzato, dirigista e autoritario, nel quale ogni ambito della vita pubblica – dalla sanità alla sicurezza, dall’energia all’informazione – è regolato da élite tecnocratiche scollegate dal consenso popolare.

L’euro digitale rischia di diventare un ulteriore anello di questa catena.

A differenza del contante, che garantisce l’anonimato e la libertà d’uso, una valuta digitale emessa da una banca centrale permette il tracciamento totale di ogni transazione. E se oggi si parla di “efficienza” e “inclusione”, domani la stessa infrastruttura potrebbe essere usata per monitorare, condizionare e limitare i comportamenti economici dei cittadini.

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Dai Green Pass ai portafogli digitali

Non è difficile immaginare dove potrebbe portare tutto ciò. Lo abbiamo già visto: il Covid ha dimostrato come, in nome dell’emergenza, diritti fondamentali possano essere sospesi senza troppo dibattito. L’Unione Europea – e con essa molti governi nazionali – ha adottato in quegli anni un approccio autoritario che ha limitato la mobilità, imposto trattamenti sanitari obbligatori e marginalizzato chi esprimeva dissenso.

Oggi, in nome di altre emergenze – la guerra, il clima, la disinformazione – si perpetua lo stesso schema: concentrazione del potere, controllo sociale, propaganda ideologica. L’euro digitale si inserisce perfettamente in questa dinamica.

Un progetto nelle mani di tecnocrati

Un altro nodo cruciale riguarda la governance. La BCE, che gestirebbe la nuova valuta digitale, non è un organo democraticamente eletto, ma un’entità formalmente indipendente e tecnocratica. L’Unione Europea, priva di un vero ministero del Tesoro comune, affida dunque la leva monetaria a un attore che non risponde direttamente ai cittadini né ai parlamenti nazionali.

Economisti come Jens Nordvig e Kenneth Rogoff hanno espresso forti dubbi su questa prospettiva, segnalando il rischio che la digitalizzazione del denaro si trasformi in un meccanismo di ingegneria sociale, in cui gli individui possano essere premiati o penalizzati in base ai loro comportamenti economici, tramite algoritmi, tassi variabili o limitazioni d’uso.

I più deboli pagheranno il prezzo

Infine, vi è la questione dell’inclusione. Se l’euro digitale dovesse diventare lo strumento principale di pagamento, le fasce più vulnerabili della popolazione – anziani, persone non digitalizzate, residenti in aree isolate – rischierebbero di essere escluse da un sistema sempre più automatizzato. Il Center for Human Rights and Privacy ha messo in guardia contro la possibilità che una valuta digitale statale diventi una nuova fonte di disuguaglianza se non saranno garantite adeguate alternative e tutele.


Libertà o controllo?

Non si tratta di essere contrari al progresso o alla tecnologia. Si tratta di chiedersi chi decide, come decide e con quale fine. In un’epoca in cui le libertà individuali sono sempre più sotto pressione – prima con il Covid, ora con la retorica di guerra e il fanatismo ideologico – l’introduzione dell’euro digitale (connessa probabilmente con forme di credito sociale sempre più di ‘successo’), non può essere lasciata nelle mani di tecnocrati e apparati opachi.

L’Europa ha bisogno di risposte, sì. Ma risposte che rafforzino la democrazia, non che la sostituiscano con un nuovo Leviatano digitale.