E’ più pericolosa per la democrazia una “Fake news” o l’imporsi di un “Ministero della Verità”?

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Nell’enfasi di fare torto alla Russia, l’Unione Europea sceglie la censura: ma non sarebbe più opportuna una battaglia a livello culturale? Se si crede di essere nel giusto, è meglio spendere milioni di euro per aumentare lo spirito critico dei cittadini oppure mettere a busta paga debunker e attuare la censura?

Da tempo il Parlamento europeo e le varie commissioni e sottocommissioni additano tutto ciò che proviene dalla Russia e dalla Cina, come fake news. Un modo semplice per vincere ‘facile facile’ e coltivare un proprio orto.

Addirittura l’accusa di diffondere ‘fake news’ era stata rivolta anche a Foa , al direttore della RAI, all’atto della sua nomina. Poi evidentemente FOA è stato ‘normalizzato al ‘suo ruolo’.  E adesso, in effetti, è un pezzo che non si sente più.

Contro di lui il fuoco di fila non arrivò solo dall’Italia ma anche da Londra e Parigi. Il quotidiano britannico Guardian, non esitò a titolare un proprio articolo sulla nomina del nuovo direttore RAI in questo modo: “‘Fake news’ journalist made chair of Italy’s state broadcaster”, cioè “un diffusore di notizie false a capo della tv di Stato italiana”. Per il quotidiano britannico FOA “ha suscitato timori sull’autonomia dell’emittente di Stato italiana”. Bastò che FOA avesse precedentemente espresso opinione ragionate ma non allineate per meritare l’ostracismo come personaggio “anti-gay, anti-immigrati, anti-vaccini e filo-russo”, quindi proprio una brutta alla guida della RAI. 

Ora che Marcello Foa,  l’autore del libro “Stregoni della notizia, non nuoce  e sta zitto, sarà stato sicuramente riabilitato. Avrà accettato che per vivere deve accettare il paradigma secondo il quale chi sta di qua dice la verità, chi sta di là dice bugie. Semplice. non importa su cosa si esprima la Russia, tutto ciò che esce da quella direzione, è bugia, è fatto per ingannare e traviare la popolazione europea.

Per difenderla si sta perfezionando anno dopo anno, una sorta di ministero della Verità. Non passa tempo che non vengano implementati nuovi provvedimenti per contrastare le fake news.

Nel 2015, l’Unione Europea – “contrastare le campagne di disinformazione in corso da parte della Russia“ – diede vita alla task force East StratCom (composta da quattordici esperti di comunicazione e di lingua russa).

Nel 2016, l’Unione Europea mette a punto un ‘quadro congiunto per contrastare le minacce ibride’, seguito nel 2018 da una Comunicazione, in cui viene illustrata quale dovrà essere l’approccio comune  nei riguardi di quella che viene interpretata come disinformazione online, definita per la prima volta come «una grande sfida per l’Europa».

Nel 2018 è la volta delle più grandi aziende del Web. In questo caso Facebook, Google, Twitter, Mozilla mettono a punto e sottoscrivono “il Codice di buone pratiche contro la disinformazione online”, un vademecum interno di autodisciplina volto “a migliorare la trasparenza nella comunicazione politica, introdurre strumenti per il controllo dei fatti e potenziare l’intero sistema di condivisione di news e contenuti”.

Per avere un’idea di questo impegno, l’Unione Europea ha stanziato 1,9 milioni di euro nel 2018 a 5 milioni nel 2019.

Questi budget sono stati impiegati per assumere ‘verificatori di notizia’ che operano sul web per ‘denunciare le campagne di disinformazione’.

Ma con che criterio? Questo è molto semplice.  Per FOA è bastato che lui prendesse o a riferimento o citasse Sputnik o fonti russe, per essere automaticamente ostracizzato.

Un esempio di fake news per l’Unione Europea – e quindi per tutti i nostri media – è, per esempio, avere fornire un’altra versione di ciò che è successo in Crimea nel 2014 e nel Donbass. Non importa se una notizia sia documentata o meno: i media russi che descrivono gli insorti filorussi come vittime delle violenze ucraina, per forza di cose diffondono fake news. Il criterio è il seguente: tutto ciò che differisce dalla versione fornita dai media occidentali è fake news.

Quindi nessuna informazione pluralistica. La giustificazione è che l’informazione deve essere unica perchè è vera.  Non è possibile neanche un approccio diverso su taluni temi. Certi argomenti sono divisivi e seminatori d’odio.

Tuttavia, se necessariamente la versione russa non può essere che propaganda, vuol dire che vige un pensiero unico. Questo non si addice ad una società che si dice democratica e pluralistica: se si mettono vincoli sull’informazione , sul pluralismo, sulle opinioni, vengono meno gli anticorpi che sono la garanzia e non la minaccia per la democrazia.

Questi anticorpi in una società cosiddetta ‘democratica’ si chiama capacità di discernimento, capacità di giudizio.

Purtroppo la china che abbiamo preso, ovvero l’appropriazione indebita della verità per opera di esperti’, non porterà a niente di buono. Una tale concezione dell’informazione porterà provvedimenti sempre più stringenti e repressivi.

Naturalmente, di tutta questa faccenda, la parte più brutta non è essere zittiti tramite un confronto, ma essere zittiti per decreto, taciuti in virtù di posizioni dominanti e da organismi statali. Questo nel campo dell’informazione è molto grave e si chiama censura.

Ma non è finita. Sul Corriere della Sera di oggi si apprende che i paesi del G7 stanno approntando ulteriori misure contro le fake news.

Dopo il triste spettacolo che i media hanno dato durante la pandemia, quindi vedremo in che modo sarà compiuto un ulteriore step. Dopo le leggi contro l’odio,  contro il reato di opinione ed il coprifuoco che ci protegge, eccoci al reato di informazione. La libertà di movimento è cancellata, così come il diritto al lavoro e il diritto di educazione. Tutto questo – ci viene detto – è per il nostro bene, per tutelarci e proteggerci. Ma se i diritti vengono affidati ai debunker, cosa rimarrà a noi?

Già queste righe potrebbero essere interpretate come una domanda tendenziosa, fake news che vogliono screditare le istituzioni, insinuare dubbi, suscitare domande e, quindi favorire la propaganda russa.

patrizioricci by @vietatoparlare

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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