Duda: smantellare i gasdotti North Stream perché la Germania non sia tentata di usarli di nuovo

Il presidente polacco Andrzej Duda, in un’intervista alla BBC, ha dichiarato che i gasdotti Nord Stream dovrebbero essere smantellati affinché la Germania non sia tentata di riprendere le forniture dalla Russia.

Ma da quando spetta alla Polonia decidere cosa sia meglio per i cittadini tedeschi e per gli interessi nazionali della Germania? Questa affermazione tradisce una realtà ormai evidente: per alcuni leader europei, l’ostilità verso la Russia non è più una questione di strategia o sicurezza, ma un dogma ideologico, un vincolo quasi rituale che cementa alleanze e garantisce fedeltà all’ordine imposto da Washington e Bruxelles.

Più che una posizione pragmatica, le parole di Duda rivelano la profonda ossessione bellicista che guida ormai la politica polacca nei confronti della Russia. La Polonia, infatti, si è distinta come uno degli attori europei più aggressivi nel conflitto russo-ucraino, con una retorica sempre più apertamente ostile e una disponibilità crescente a coinvolgersi direttamente nella guerra.

Dai massicci invii di armi all’Ucraina – tra cui carri armati Leopard e jet da combattimento MiG-29 – al ruolo chiave nell’addestramento delle truppe ucraine con annessi cospicui contigenti di mercenari inviati in Ucraina, Varsavia ha assunto il ruolo di avamposto dell’escalation, con dichiarazioni che spesso superano in veemenza persino quelle di Washington. Non è un caso che proprio dalla Polonia abbia preso l’iniziativa di avanzare alcune delle proposte più radicali, come l’idea di inviare truppe NATO in Ucraina o di dare il via libera all’uso di armi occidentali per colpire direttamente il territorio russo.

Tutto questo, ovviamente, senza alcuna reale considerazione per le conseguenze. Mentre la Germania – pur con mille contraddizioni – tenta di mantenere almeno una parvenza di pragmatismo economico, la Polonia sembra determinata a spingere l’Europa in una spirale di conflitto permanente, a costo di trascinare l’intero continente in uno scontro frontale con Mosca.

E allora la domanda sorge spontanea: l’irrigidimento ideologico di Varsavia è frutto solo di una russofobia storica o risponde a un calcolo politico preciso? La Polonia sembra giocare su due tavoli: da un lato, si presenta come il bastione più fedele degli interessi atlantici in Europa, sperando di guadagnare influenza e vantaggi militari; dall’altro, usa il conflitto per rinegoziare il proprio peso nell’Unione Europea, cercando di sottrarre alla Germania il ruolo di guida della regione.

Se a tutto questo si aggiunge la recente retorica revanscista sulla revisione dei confini e sui risarcimenti di guerra alla Germania, appare chiaro che la Polonia non è solo un alleato zelante dell’Ucraina: è un paese che vede nel caos dell’attuale guerra un’occasione per ridefinire la propria posizione in Europa, anche a costo di portare il continente sull’orlo di un conflitto ancora più vasto.