Draghi rimprovera l’eccessiva libertà di espressione nel nostro paese e raccomanda il ministero della verità

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Il “1984” di George Orwell sta diventando realtà e sembra che gli eventi odierni, nonché le nuove norme che saranno prese dall’Unione Europea e dagli USA, siano stati ispirati dalla pagina del libro, in cui si parla del “Ministero della verità”.

È della scorsa settimana la notizia che il Dipartimento per la sicurezza interna del presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato di aver costituito un “Comitato di governo della disinformazione” per combattere la diffusione della cosiddetta ‘disinformazione su Internet’.

Ed è sempre della scorsa settimana la notizia che la UE punirà Google con una legge chiamata DSA Digital Services Act se non censurerà “la disinformazione su internet”.

In linea con questa “nuova normalità” che si va delineando sempre più chiaramente, il premier Draghi è intervenuto criticando aspramente l’intervista al ministro degli esteri Lavrov su Rete 4, perché avrebbe diffuso disinformazione. Il Primo ministro italiano ha giudicato i commenti del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov “osceni ed aberranti” e ha detto che l’intervista è stata ”un comizio politico”. 

Draghi ha affermato che Lavrov “appartiene ad un paese in cui non c’è libertà di espressione, mentre invece in Italia c’è libertà di espressione”. Ma non è chiaro che tipo di libertà di espressione egli intenda, visto che si è sentito in dovere di bollare il pensiero di Lavrov come aberrante e criticare duramente il giornalista autore dell’intervista, senza entrare nel merito e dettagliare la critica alle idee ritenute ‘aberranti’. 

Polverone su ‘Hitler ebreo’…

Questa è l’unica critica che Draghi ha specificato. Lavrov infatti alla domanda “…che tipo di nazismo può avere Zelensky se è ebreo?”, ha risposto: ” Potrei sbagliarmi, ma anche A. Hitler aveva sangue ebreo. Non significa assolutamente nulla. Il saggio popolo ebraico dice che gli antisemiti più ardenti sono di solito ebrei. “Ogni famiglia ha le sue pecore nere”, come si dice …”.

Credo che il tutto sia addirittura farsesco: Lavrov ha premesso questa affermazione con un “posso sbagliarmi“. Chiaramente ha preso in prestito alcuni pareri. Probabilmente si riferiva al fatto che il padre di Hitler era figlio illegittimo e che suo padre (cioè il nonno di Hitler) è sconosciuto. Ora il fatto che il nonno del Fuhrer fosse ebreo è stato affermato nelle sue memorie dal governatore generale della Polonia occupata, Hans Frank. Frank ha affermato che la nonna di Hitler – Maria Anna Schicklgruber – ha dato alla luce un bambino quando ha lavorato come cuoca nella casa di ricchi ebrei della città austriaca di Graz. Da qui l’ipotesi.

Probabilmente è stata una premessa infelice che ha urtato sensibilità. Però non si può non vedere che lo ha fatto per poi poter spiegare, alla fine, che “comunque ogni famiglia può avere la sua pecora nera”, (riferendosi a Zelensky). Quindi il significato ed il contesto è chiaro. Peccato che gli intelligenti si siano fermati solo alla premessa, sorvolando su altri punti più significativi.

“L’Italia assicura la libertà di espressione”

E la seconda volta che Draghi fa questa affermazione e mi sembra addirittura patetico. In realtà in Italia la libertà di espressione viene esercitata sempre più difficoltosamente. Il governo per inibire la possibilità dei cittadini di ricevere una informazione diversificata e pluralistica ha ormai adottato un sistema di successo: tutte le opinioni sui temi ‘più caldi’, non gradite al potere politico, sono fake news da cui tutelare i cittadini.

Se parliamo dei grandi mezzi di comunicazione questo criterio è ormai sistema. Lo abbiamo visto spesso ultimamente, quando molti giornalisti ed addirittura professori universitari (come Orsini), un tempo giudicati di prestigio, sono stati isolati e discriminati duramente quando hanno esercitato proprio quella libertà di espressione di cui Draghi si vanta in maniera spocchiosa (davanti alla sua usuale platea di giornalisti selezionati che addirittura lo applaudono “in stile Corea”).

La censura si chiama “lotta alla disinformazione”

A passi sempre più grandi i governi dicono di voler prendere di mira la “disinformazione”, ma cosa costituisce la disinformazione? È chiaramente ogni opinione ragionata, ogni pensiero complesso che, anche se verificabile, si discosta dalle linee governativa e dalle direttive europee.

È chiaro che voler eliminare la disinformazione senza operare per la verità è di per sé fraudolento e menzognero.

In realtà, le banali giustificazioni delle istituzioni – che insistono sempre più sulla dura repressione del pensiero individuale a favore della diffusione di un punto di vista unipolare -, sono chiaramente addotte per addivenire a un controllo più totale dell’informazione, sostenuto dai media mainstream dalle società di media Big Tech.

Per contro, la democrazia viene tutelata solo nella misura in cui lo stato incoraggia una pluralità di posizioni ragionate e opera nella società promuovendo la cultura, la tradizione secondo il principio cristiano e della Rivoluzione francese ‘più società e meno stato’.

Non può essere lo spirito di casacca a stabilire quale sia il vero ma la realtà dei fatti

Nella UE è come se lo schieramento politico legittimato a governare fosse prestabilito da una cupola impenetrabile. In linea, vediamo ormai consolidato il metodo di indirizzare il gregge su posizioni già decise nei ristretti ambiti delle elites, asservite alle direttive globaliste e della NATO. In questa direzione, la UE gratifica i governi dei paesi membri premiandoli secondo il loro grado di conformismo, assegna fondi contro il populismo e il sovranismo, emana direttive e leggi per combattere le opposizioni, promuove attivisti anche in altri paesi extra-UE minando la stabilità e non rispettandone la sovranità.

Ministero della verità

È chiaro che tutta l’ossessiva preoccupazione di combattere le fake news proviene solo dal desiderio di voler sopprimere ogni dissenso. Ma consentire ad un governo di decidere e dettare qual è la “verità” costituisce un precedente pericoloso, perché specialmente in questi ultimi anni invece di preoccuparsi della verità dei fatti, i governi (ormai cloni l’uno dell’altro) promuovono solamente le narrazioni desiderate per rafforzare i numeri dei sondaggi, le valutazioni che rafforzano la narrativa e spingere i cittadini a seguire i propri editti, il tutto in base al “fidati di noi, sappiamo cosa è meglio per te”.

È come se il governo dicesse: Al diavolo i fatti. Fai come ti è stato detto”.Questo si è visto più volte durante l’era della pandemia quando i tele virologi hanno canticchiato spot per promuovere la prevenzione tramite vaccini di un solo tipo, ostracizzando le cure.

Il discorso del “custode della verità” è un modo infallibile per controllare la narrazione, controllare ciò che le persone vedono, ciò che dicono e, in definitiva, ciò in cui credono. È anche un mezzo efficace per mettere a tacere il dissenso e reprimere coloro che potrebbero parlare contro la narrativa approvata dal regime – o persino contro il regime stesso.

In definitiva, il nuovo Ministero della Verità che si va diffondendo e autogiustificandosi, è uno strumento e non c’è realtà in cui non verrà utilizzato con cattive intenzioni, mentre affermerà di fare tutto in nome di un bene superiore.

patrizioricci by @VPNews

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a tema:

Più società, meno Stato. L’esperienza del dono nella tradizione italiana

Luigi Campiglio, Pro-Rettore e Docente di Politica Economica all’Università Cattolica Sacro Cuore di Milano;
1:03:58 Carlo Borgomeo, Presidente Fondazione per il Sud;
1:32:59 Maurizio Sacconi, Ministro del Welfare.
Introduce Marco Lucchini, Direttore Fondazione Banco Alimentare Onlus.

 

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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