Divisi dalle guerre commerciali

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Ottima sintesi di German Foreign Policy sull’ampliarsi delle fratture politiche ed economiche che allontanano sempre di piu’ Berlino da Parigi. Macron ha perso la speranza e non crede piu’ alla riforma dell’eurozona, mentre sull’altro lato dell’Atlantico gli americani danno la caccia all’ex ceo di VW, Winterkorn. Nel frattempo gli industriali tedeschi prima accusano gli americani ma poi chiedono misure protezionistiche sull’acciaio. Da German Foreign Policy
 
Crepe fra Parigi e Berlino
 
Anche dopo il posticipo di un mese accordato dalla Casa Bianca a Bruxelles fino al primo di giugno, nell’ambito della guerra commerciale fra gli Stati Uniti e l’UE, le tensioni commerciali continuano a crescere – soprattutto all’interno dell’UE. Se Donald Trump con la sua minaccia di imporre tariffe punitive sull’alluminio e l’acciaio aveva intenzione di dividere l’Europa, allora questa tattica ha avuto successo, scriveva Handelsblatt ad inizio maggio [1]. Germania e Francia perseguono “interessi diversi”; e cio’ fra gli imprenditori tedeschi aumenta la paura di una guerra commerciale. Le “crepe” fra Berlino e Parigi sarebbero sorte in merito alla risposta da dare alla minaccia americana di imporre delle tariffe sulle importazioni. Il confidente di Merkel e ministro dell’economia tedesco Peter Altmaier appoggia un accordo di libero scambio con Washington, che nei fatti costituirebbe una versione ancora piu’ estrema del fallito accordo transatlantico per il libero scambio TTIP. La Francia invece rifiuta di aprire un negoziato “sotto minaccia” e chiede che le imprese europee abbiano accesso al mercato agricolo degli Stati Uniti, come oggetto di un possibile accordo di libero scambio, oltre a chiedere l’apertura, anche per le imprese dell’UE, delle procedure per gli appalti pubblici negli Stati Uniti. Gli osservatori ipotizzano che la Casa Bianca difficilmente accetterà le richieste francesi.
 
Divergenze commerciali e di interessi
 
Sebbene Altmaier mantenga contatti permanenti con il ministro delle finanze francese Bruno Le Maire, la spaccatura tra Parigi e Berlino persiste. Per capirne il motivo basta dare uno sguardo ai saldi commerciali di entrambi i paesi. La bilancia commerciale francese con gli Stati Uniti è quasi in pareggio, mentre la Germania ha un surplus commerciale di circa 50 miliardi di euro. Il volume delle esportazioni francesi negli USA ammonta a 34 miliardi di euro ed è solo un terzo delle esportazioni tedesche verso gli Stati Uniti. La dipendenza dell’economia tedesca dagli avanzi commerciali porta Berlino “ad entrare in conflitto non solo con la Francia, ma anche con la Commissione UE e molti altri stati membri”, si dice. La Germania non avrebbe problemi a vivere con un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti, riferisce un poltico europeo della CDU, il quale prosegue: “la Francia invece non potrebbe permetterselo”[2]. Per l’amministrazione Trump non si tratta solo di indebolire il WTO, ma anche l’UE, cercando di “rafforzare ed imporre gli interessi americani negli accordi bilaterali”.
 
Nessuna compensazione
 
Le crescenti tensioni commerciali all’interno dell’UE si aggiungono alla disputa sull’ostruzionismo che i tedeschi esercitano in merito alla riforma dell’eurozona proposta dalla Francia. Il presidente Emmanuel Macron alla fine deve ammettere il fallimento della sua proposta di riforma con la quale intendeva introdurre dei meccanismi economici e finanziari per compensare le conseguenze della “Beggar-thy-Neighbour-Politik” di Berlino e gli effetti causati dalle sue estreme eccedenze commerciali. Macron nel frattempo “ha perso ogni speranza di raggiungere un accordo di vasta portata con la Cancelliera Angela Merkel in merito alla riforma della zona euro”, riferisce il consigliere economico di Macron Patrick Artus [3]. Le riforme proposte da Macron, dopo aver sconfitto il candidato di destra Marine Le Pen, come ad esempio la creazione di un’assicurazione europea sui depositi oppure un ministro delle finanze europeo, dovrebbero funzionare come un antidoto contro la crescita delle destre estreme e contro i forti squilibri socio-economici esistenti fra la Germania e gran parte della zona euro, che di fatto costituiscono la base del dominio politico della Germania sul continente. [4] Dopo che Macron si è reso conto che con i suoi piani stava andando a sbattere contro “una forte resistenza di Berlino”, vorrebbe ora “lanciare almeno un’offensiva per favorire maggiori investimenti nei progetti per il futuro dell’Europa”, è scritto sempre facendo riferimento alle parole di Artus. Per quanto riguarda i “progetti per il futuro” si tratterebbe soprattutto degli ambiziosi progetti di difesa europea. [5] La politica militare e di riarmo resta nei fatti il solo ambito politico in cui Berlino è disposta ad intensificare la cooperazione con Parigi. 
 
Cospirazione per la truffa
 
Nel frattempo gli Stati Uniti stanno aumentando la pressione sull’élite imprenditoriale tedesca i cui alti funzionari si trovano attualmente nel mirino della giustizia americana. L’incriminazione del top manager tedesco ed ex CEO della VW Martin Winterkorn è stata accompagnata dalle “parole energiche” del  procuratore generale degli Stati Uniti Jeff Sessions, commentano i principali media tedeschi. L’ex CEO del Gruppo Volkswagen, nell’ambito dello scandalo del diesel, è accusato di  “cospirazione finalizzata alla truffa”, reato per il quale – cosi’ ha scritto letteralmente Sessions – pagherà un “prezzo molto alto”. Winterkorn rischia fino a 25 anni di reclusione in una prigione statunitense.  La giustizia degli Stati Uniti ha già perseguito con l’accusa di truffa numerosi impiegati di alto livello del gruppo VW, due dei quali sono stati condannati a diversi anni di prigione. Il manager VW di lungo corso Oliver Schmidt nel dicembre 2017 è stato condannato a 7 anni di reclusione per “provata cospirazione finalizzata alla frode” e ad una multa di 400.000 dollari [7]. La difesa di Winterkorn si basa in gran parte sulla sua dichiarazione di aver appreso della manipolazione di milioni di veicoli solo nel mese delle sue dimissioni, cioè nel settembre 2015. L’accusa americana sostiene invece che fosse a conoscenza della frode di massa già dal maggio 2014.
 
Prosperità in pericolo
 
Di fronte alle crescenti tensioni sia all’interno dell’UE che nelle relazioni transatlantiche, cresce fra le élite economiche tedesche la paura di una guerra commerciale in piena regola. Dieter Kempf, Presidente della Bundesverbandes der Deutschen Industrie (BDI), mette in guardia dal rischio che la guerra commerciale con gli Stati Uniti possa innescare una dinamica globale che culminerebbe in una “ondata di contromisure protezionistiche” [8]. Gli economisti dell’Ifo Institute di Monaco di Baviera chiariscono che le dispute potrebbero diventare veramente pericolose, se ad essere trascinati nella guerra commerciale non ci fossero solo la UE e gli Usa, “ma anche altri paesi come la Cina”: in quel caso “la nostra prosperità sarebbe davvero in pericolo”. Nel frattempo, anche dall’interno dell’industria tedesca arrivano le prime richieste di misure protezionistiche [9]. In particolare l’industria dell’acciaio mette in guardia – con piu’ forza da inizio maggio – da un “eccesso di importazioni” che potrebbe riversarsi sul mercato europeo; Hans Jürgen Kerkhoff, Presidente della Federazione tedesca dell’acciaio, si lamenta della rapida crescita delle importazioni di acciaio dalla Russia e dalla Turchia, che a loro volta sono state colpite dalle tariffe punitive degli americani. E’ “del tutto realistico che i paesi che non possono piu’ rifornire gli Stati Uniti a causa delle tariffe doganali, possano riversare il loro acciaio sul mercato europeo”, dice Kerkhoff, il quale sottolinea il suo appello a favore “di misure di difesa nei confronti di tali effetti di re-indirizzamento”. Mentre l’élite economica tedesca mette in guardia contro “un’ondata di misure protezionistiche”, contemporaneamente si fa promotrice proprio delle stesse dinamiche protezionistiche.
 

[1], [2] Till Hoppe, Thomas Hanke, Ruth Berschens, Jens Münchrath: Looming US tariffs put strain on EU relations. global.handelsblatt.com 02.05.2018.

[3] Gerald Braunberger: “Macron hat die Hoffnung aufgegeben”. faz.net 03.05.2018.

[4] S. dazu Wer das Kommando hat und Zuverlässig ausgebremst.

[5] S. dazu Die Rüstungsachse Berlin-Paris.

6] “Wer die Vereinigten Staaten zu betrügen versucht…” spiegel.de 04.05.2018.

[7] Deutscher VW-Manager in den USA zu sieben Jahren Haft verurteilt. spiegel.de 07.12.2017.

[8] Till Hoppe, Thomas Hanke, Ruth Berschens, Jens Münchrath: Looming US tariffs put strain on EU relations. global.handelsblatt.com 02.05.2018.

[9] Deutsche Stahlindustrie warnt vor Importschwemme. faz.net 07.05.2018.

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Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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