Cina – Una nuova filosofia economica

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La filosofia economica cinese è molto lontana da quella occidentale.

L’Occidente tenta costantemente di indebolire gli interessi dei propri partner sia con accordi politici che commerciali, sia dei suoi stessi partner , sia dei suoi fratelli più piccoli e più deboli, da est e da sud: c’è sempre una sorta di sfruttamento, di “superiorità”, di prevaricazione del partner, di dominazione. Uguaglianza ed equità sono valori sconosciuti all’Occidente. Oppure, quando anche il concetto fosse conosciuto da alcune nazioni o popoli, è stato soppiantato dal costruito pensiero Neoliberale dell’egocentrismo, dell’ “io per primo”  e della pura dottrina del “massimizzare i profitti”, del pensiero a breve termine, della gratificazione istantanea –  fino al più estremo – commettere un omicidio oggi per fare una scommessa o un accordo domani. Il “futures trading”, un compendio per la manipolazione dei mercati. Soltanto nel capitalismo.

Questa è diventata la caratteristica distintiva del  commercio e dei mercati occidentali. Manipolazione e sfruttamento sopra ogni etica. Il profitto prima di tutto! – Non suona fascista? – bene, lo è (Uber Alles è un’espressione contenuta nell’inno tedesco, n.d.t.). E se un partner non cede all’inganno, “coercizione” diventa il nome del gioco – e se non collabora, l’esercito occidentale lo occupa con bombe e carri armati, cercando di cambiare regime – distruggendo proprio il paese che vuole dominare. Questa è la brutale economia occidentale – supremazia assoluta. Nessuna condivisione.

L’approccio della Cina è molto diverso, è unico per condivisione, partecipazione e benefici reciproci. La Cina investe l’equivalente di trilioni di dollari per lo sviluppo dei paesi – in Asia, specialmente India ed ora anche Pakistan, Africa, Sud America, prevalentemente in progetti di infrastrutture ma anche nell’estrazione di risorse naturali. Diversamente dai guadagni degli investimenti occidentali, i profitti degli investimenti cinesi vengono condivisi. Gli investimenti e le concessioni minerarie della Cina non sono imposti, ma negoziati in modo equo. Il rapporto d’affari dei Cinesi con un paese associato resta pacifico e non è “invasivo” e abusivo come la maggior parte di quelli occidentali, che usano minacce e armi per ottenere ciò che vogliono.

Naturalmente l’Occidente si lamenta degli investimenti cinesi, mentendo su quanto aggressivi essi siano, quando in realtà l’Occidente è travolto dalla concorrenza cinese in Africa e in Sud America – continenti che sono tuttora considerati parte del loro dominio, poiché sottomessi per circa mille anni dai poteri e dagli imperi occidentali – così come oggi, Africa e America Latina sono assoggettate, non più con la brutale forza militare (per il momento), ma con un ancor più feroce strangolamento finanziario, sotto forma di sanzioni, boicottaggi ed embarghi, tutto estremamente illegale per qualsiasi standard internazionale. Ma non ci sono leggi internazionali che siano rispettate. Le corti e i giudici internazionali sono costretti ad ubbidire ai dettami di Washington, altrimenti… letteralmente “altrimenti”; e queste sono serie minacce.

Prendiamo il caso dell’Africa occidentale e centrale, le ex colonie francesi. Le zone francesi dell’Africa occidentale comprendono otto nazioni: Benin, Burkina Faso, Guinea Bissau, Costa d’Avorio, Mali, Niger, Senegal, Togo. E l’Africa centrale francese ne comprende sei: Camerun, Repubblica dell’Africa Centrale, Ciad, Repubblica del Congo, Guinea Equatoriale e Gabon. Tutte e 14 le nazioni hanno la moneta comune: il Franco CFA (= Comunità Finanziaria Africana)

Ci sono due monete distinte, anche se sempre in parità (con il Franco Francese, fino all’avvento dell’Euro) e quindi convertibili. L’unione monetaria dell’Africa Centrale e Occidentale hanno le banche centrali separate, la BEACO, Banca Centrale degli Stati d’Africa d’Occidente, con sede a Dakar, in Senegal, e la BEAC Banca degli Stati d’Africa Centrale, con sede a Yaoundé, in Camerun. Entrambe le valute sono garantite dal Tesoro francese. Questo significa che, di fatto, l’economia di queste 14 nazioni non solo dipende dalla Francia, ma che anche la regolamentazione del valore di cambio della moneta (ad oggi 1€ = 655 Franchi FCA) è completamente prerogativa della Banca di Francia (French Central Bank). Questa regolamentazione estremamente complicata tra i due gruppi di ex e nuove colonie di Francia non è solo una questione di contabilità francese, ma soprattutto un modo per confondere e distrarre anche l’osservatore più ingenuo da un evidente realtà illegale.

Con il controllo della Francia sulle valute dell’Africa Centrale e Occidentale, la capacità di negoziazione estera viene limitata a ciò che la Francia permette. La Francia ha di fatto il monopolio sulla produzione di queste nazioni. Se smettesse di comprare beni dalle sue “vecchie e nuove” colonie, queste andrebbero in rovina, dal momento che non hanno potuto sviluppare mercati alternativi sotto il giogo di Francia. Così, rimangono sempre in balìa di Francia, FMI, Banca Mondiale e Banca Africana di Sviluppo. Esse sono diventate da schiavi del lavoro fino ai primi anni Sessanta, a schiavi del debito dell’era neoliberale.

Inoltre, per sostenere questa garanzia del Tesoro francese, l’85% (è maggiormente attestato “solo” un 50%, n.d.t) delle riserve di moneta estera (è un fondo comune a cui sono vincolati a  partecipare tutti  i paesi del CFA, n.d.t.) sono trattenute dalla Banca Centrale Francese e possono essere utilizzate dai rispettivi distretti solo dietro specifici permessi e – a titolo di “prestito”- Pensate!: le “ex” colonie francesi devono prendere in prestito il proprio denaro dalla Banca Centrale Francese. Questo tipo di debito è in vigore anche nelle ex colonie britanniche e portoghesi, sebbene nessuna di loro arrivi ad essere tanto vergognosamente oppressiva quanto la Francia.

Non sorprende che gli investitori cinesi siano accolti calorosamente in Africa. E considerando la mentalità occidentale marcia e manipolatrice, non stupisce che la Cina sia demonizzata dall’Occidente come sfruttatrice fino all’osso dell’Africa, quando è vero esattamente il contrario. Ma l’onnipotente propaganda di menzogne dei media occidentali ha fatto il lavaggio del cervello ai popoli d’Occidente nel fargli credere che la Cina stia rubando le risorse naturali africane. La correttezza cinese è, in realtà, in forte competizione con i normali raggiri ed inganni occidentali.

In Africa, la Cina è concentrata non solo a comprare e commerciare le risorse naturali, ma anche sulla formazione e sull’uso delle risorse umane africane locali, per trasformare l’Africa da schiava dell’Occidente a socio alla pari. Ad esempio, per incrementare l’autonomia africana, la Cina sta usando il modo che aveva intenzione di mettere in pratica Gheddafi: entrare nel sistema di telefonia mobile, conquistare una fetta di mercato con batterie efficienti, fornire servizi più economici e più efficienti rispetto a quelli occidentali, arrivando così a competere direttamente con l’Occidente sullo sfruttato mercato della telefonia africana. I cellulari cinesi arrivano, inoltre, con i loro browser proprietari, cosicché Internet nel tempo possa essere accessibile nei luoghi più remoti d’Africa, fornendo uno strumento migliore per l’educazione. Sfidare UE e USA su un mercato dominato da miliardi di dollari è soltanto uno dei motivi per le quali Gheddafi è stato miseramente assassinato dalle forze della NATO a guida francese. La presenza della Cina è un po’ più difficile da prendere a calci di quanto non lo sia stata quella di Gheddafi.

Questo è solo un altro segnale che la Cina è in Africa, in Asia e in America Latina, non propriamente per il leggendario “Soldo Facile” americano, ma per i veri investimenti di uno sviluppo economico a lungo termine, che include lo sviluppo delle reti dei trasporti e di sistemi finanziari efficienti ed indipendenti che possano sfuggire al sistema bancario occidentale “SWIFT/FED/Wall Street”, attraverso il quale sono imposte le sanzioni statunitensi.

E questi possono includere la creazione di valute blockchain controllate dal governo – si veda il Petro del Venezuela (cripto-valuta adottata dal governo da febbraio 2018)  sostenuto dalle riserve petrolifere (e dalle risorse minerarie venezuelane, n.d.t.) – e, collegando le valute africane allo Yuan e al sistema monetario orientale SCO (Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai) – possono liberare l’Africa dall’egemonia del dollaro. Infatti, con l’aiuto di Cina e Russia, l’Africa potrebbe diventare precursore tra le cripto valute e, nel caso dell’Africa occidentale e centrale, essere in grado di ottenere l’autonomia finanziaria e, per il disappunto della Banca Centrale Francese, gestire le proprie risorse finanziare, liberandosi dal (troppo) poco discusso giogo francese. E’ abbastanza plausibile che con l’aiuto cinese allo sviluppo, l’Africa diventerà un importante partner commerciale per l’Oriente, lasciandosi dietro nella polvere lo sfruttamento, gli affari abusivi e i magnati bancari occidentali.

L’OPIC (Overseas Private Investment Corporation), l’agenzia statunitense che assicura gli investimenti e i prestiti privati all’estero, è preoccupata che gli investitori americani vengano sbaragliati da quelli cinesi, e vuole che le aziende USA competano in maniera molto più aggressiva, che è esattamente il comportamento che l’Africa non accetta, (fino al pretesto) per i violenti bombardamenti americani al fine di imporre le proprie regole di concessione e commercio con il supporto coercitivo del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e la Banca Mondiale. L’Africa sta ricercando la sovranità – definitivamente – per decidere del proprio destino politico e finanziario. Il che include scegliere gli investitori ed i partner commerciali a proprio piacimento.

Molti paesi africani e sudamericani preferiscono gli investimenti cinesi in Yuan, piuttosto che gli investimenti nei dollari americani di Washington. Il denaro “più facile” (ora) proviene dalla Cina. Per la Cina questo è un altro modo per dirottare il mondo dal dollaro americano, promuovendo incentivi per i paesi che cedono le loro riserve di dollari alle riserve di yuan. Questo (processo) sta già accadendo molto velocemente.

Le prospettive della Cina in patria non sono meno spettacolari rispetto l’estero. Sul fronte interno, stanno costruendo infrastrutture di trasporto con tecnologia all’avanguardia, come ad esempio la ferrovia ad alta velocità che collega Shanghai a Hangzhou, che accorcia la durata del viaggio da un’ora e mezza a mezz’ora. Un treno cinese ad altissima velocità, per la prima volta (nella storia), collega Hong Kong con la terraferma, abbreviando i tempi di viaggio da Hong Kong a Pechino da 24 a 9 ore.

Ad ottobre 2018, dopo nove anni di costruzione , il presidente Xi Jinping ha inaugurato il ponte sul mare più lungo del mondo, che collega Hong Kong a Macao e la città di Zhuhai  sulla terraferma cinese. Il ponte è lungo 55 km, circa 20 volte la lunghezza del Golden Gate di San Francisco. Quanto allo sviluppo urbano, in meno di una generazione sono state progettate, ampliate e sradicate, città nuove ed esistenti di milioni di persone.

La Cina ha appena costruito un’area industriale ad Intelligenza Artificiale da 2.1 miliardi di dollari americani, e non sta dormendo nemmeno riguardo alla tutela e sviluppo ambientale, investendo miliardi in ricerca e sviluppo in energia pulita alternativa, soprattutto in energia solare e la sua potenziale conservazione; in una nuova generazione al di sopra delle batterie a litio, passando dallo stato solido del litio a materiali elettrolitici, come le batterie a grafene e, col tempo, quelle a substrati di schiuma di rame. E non è tutto: ogni tecnologia di batterie presenta un incremento in potenza, sicurezza, velocità di carica ed esaurimento.

Sul fronte nazionale ed internazionale, la “Belt and Road Initiative” (BRI) o “Nuova Via Della Seta” del presidente cinese Xi, la fenomenale iniziativa geo-economica per collegare il mondo alla Cina con diverse rotte e, per la prima volta, estendere tutta la via attraverso Cina orientale, Russia orientale, Asia centrale ed Europa dell’Est  fino ai limiti dell’Europa occidentale. Questo imponente programma per lo sviluppo economico prevede aree industriali, interscambi commerciali e culturali, ricerca e sviluppo attraverso università esistenti e nuovi istituti scientifici. Sono previste anche rotte marittime per entrare in Africa dal Kenya, in Sud Europa e in Medio Oriente, attraverso il porto greco del Pireo e l’Iran – una rotta meridionale è studiata anche per entrare in America Latina dal cono meridionale.

Il tentativo è così impegnativo da essere recentemente inserito nella Costituzione Cinese. Nei  decenni avvenire, probabilmente un secolo, mobiliterà trilioni di yuan e l’equivalente in dollari di investimenti, la maggior parte provenienti da Cina, Russia, le altre nazioni SCO (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, dal 2017 anche India e Pakistan, n.d.t.), così come i partner europei, – e prima di tutte dalla AIIB con sede a Pechino (Banca Asiatica per l’Investimento nelle Infrastrutture), la quale conta già su 70 Stati membri, tra cui Australia, Canada e le nazioni dell’Europa occidentale, ed è prossima la prospettiva di altri 20 Paesi potenziali– ma non gli Stati Uniti d’America.

Questo progetto imponente, naturalmente, non è privo di sfide. Mentre l’obbligo di fornire una “credenziale di credito” legato al FMI e alla Banca Mondiale, dagli anni Ottanta e Novanta è caduta nell’oblio, per la Cina è ancora un limite al FMI e alla Banca Mondiale. – Perché?- Secondo me, questo è prova di un paio cose: la Banca Popolare Cinese (o Banca Centrale Cinese) è tuttora controllata dalla Federal Reserve System (Banca Centrale degli Stati Uniti d’America), dalla Bank for International Settlement (Banca dei Regolamenti Internazionali, alias “banca delle banche centrali”) e da una forte Quinta Colonna che non cede di un solo centimetro il proprio potere. La leadership cinese potrebbe adottare i cambiamenti necessari per raggiungere la totale sovranità finanziaria – perché non sta succedendo? – negli ultimi settant’anni le minacce occidentali e i loro servizi segreti sono divenuti sempre di più sequestratori sofisticati  e macchine “neutralizzanti”.

Il prossimo dubbio è: – Qual è il limite di prestito cinese agli altri paesi che hanno già sottoscritto o sottoscriveranno la Belt and Road Initiative, per aiutarli a rimborsare il debito occidentale e a integrarsi nel nuovo modello economico e sistema monetario orientale? La faccenda è rilevante dato che la quantità di denaro cinese è basata sulla produzione economica della Cina, diversamente dalle valute occidentali che sono puramente monete a corso forzoso. (aria fritta!)  (La “Fiat money” è un sistema adottato dagli Usa per svincolare il valore del dollaro dal valore dell’oro, dal 1971; è un credito d’imposta non sostenuto da alcun bene tangibile, n.d.t)

Inoltre, come sarà affrontata la questione delle proprietà di attività estere, ad esempio le infrastrutture finanziate e forse costruite? Diventeranno proprietari i Cinesi, incrementando il capitale di base e il flusso di denaro? Oppure verranno rinegoziate come concessioni a lungo termine, dopo che un Paese avrà rimborsato per acquisirne la proprietà esclusiva o trasferiranno una parte o tutti i diritti alla Cina come azionisti? Queste sono considerazioni rilevanti, specialmente rispetto agli ingenti investimenti B&R previsti nei prossimi anni. Queste decisioni dovrebbero essere prese in completa autonomia dalla leadership cinese, totalmente fuori portata dell’influenza degli zar monetari occidentali, quali FMI e BM.

Un altro problema che sta sorgendo costantemente e sempre di più in Occidente, naturalmente per screditare la Cina e scoraggiare i “civilizzati” paesi occidentali ad allearsi alla Cina socialista, è il concetto cinese di “Credito Sociale”, che per la maggior parte si basa su ciò che l’Occidente definisce una dittatoriale sorveglianza di stato anti libertà con telecamere e riconoscimento facciale ovunque. Ovviamente, ignorando totalmente che l’Occidente con la sua Sorveglianza Orwellliana da Grande Fratello e l’apparato di bugie, si definisce democrazia – in effetti è una democrazia per quell’élite di plutocrati che, gradualmente e grazie ad una forte propaganda persuasiva, sta trasformando  quello che resta della “democrazia” in vero e proprio Fascismo – noi, in Occidente, ci siamo quasi. E questo, a scapito degli “Agnelli Silenziosi” – come, in Germania, definisce l’ultimo libro di Rainer Mausfeld, “Perché siamo Agnelli Silenziosi” (German Westend- Verlag). Già, questo è quello che siamo diventati: “Agnelli Silenziosi”.

E’ troppo facile demonizzare la Cina che tenta di creare una società più armoniosa, coesa e pacifica. Vero che questa sorveglianza, in Cina come in Occidente, demolisce in larga misura l’individualismo e il pensiero individuale, al fine di limitare con ciò creatività e libertà umane. Questo è un argomento con il quale il governo socialista cinese, indipendentemente dalla critiche occidentale, potrebbe dover far presto i conti per mantenere vivo uno dei principi fondamentali della società cinese: la “coesione sociale” nel senso di uguaglianza e libertà.

Che cos’è il “Sistema di Credito Sociale”? E’ la traccia digitale di ogni transazione che i Cinesi fanno, sia da privati cittadini che come dirigenti di società produttive o bancarie, dipendenti, distributori alimentari, fondamentalmente con lo scopo di creare un ambiente di completa trasparenza (questo è il fine – lontano dall’essere stato raggiunto) così da stabilire, in termini finanziari,  “un’affidabilità creditizia” per cittadini ed aziende, ma anche per accertare crimini, inclinazioni politiche, radicalismi al fine di prevenire potenziali atti terroristici (è interessante notare che nella maggior parte degli atti terroristici occidentali, i funzionari dichiarino che i terroristi siano conosciuti dalle forze dell’ordine – il che semplicemente lascia intendere che abbiano agito in complicità con le forze dell’ordine); infine intensificare la sicurezza alimentare nei ristoranti e presso gli altri distributori.

In altre parole, lo scopo è quello di istituire “tessere a punteggio” per le aziende e gli individui che funzioneranno come un sistema a premi e penalità, tipo “bastone e carota”. A seconda del crimine o dell’infrazione alla regola, si potrebbe essere rimproverati e ricevere un “debito”, cancellabile se si modifica la propria condotta. Vivere con i debiti potrebbe limitare, ad esempio, l’accesso a viaggi veloci e confortevoli, ai treni più rapidi e migliori, ai biglietti aerei, a determinati eventi culturali e altro.

Sì, l’idea di creare una stabile società nazionale ha i suoi svantaggi: sorveglianza, demolizione di gran parte d’individualismo e della creatività, soppiantati dalla conformità. L’assioma del governo è “desideriamo una società in cui le persone non desiderino infrangere le regole, ma il primo punto è che essi temano di infrangere le regole”.

Alla fine la domanda è: il “Credito Sociale” applicato alla vita sociale, significando totale sorveglianza di Stato, con ogni dato registrato in una rete di totale controllo, andrà a beneficio o danneggerà l’obiettivo cinese di andare avanti con il suo straordinario e per lo più egualitario piano di sviluppo economico, infrastrutture stradali ed industriali, ricerca scientifica e scambi culturali, chiamato Belt & Road o Nuova Via della Seta? Solo il futuro potrà rispondere; ma i Cinesi non sono soli. Essi hanno validi partner nella SCO, e gli sforzi per uno sviluppo economico a lungo termine non si calcolano mai in valori lineari, ma con le dinamiche sconosciute che gli esseri umani sono particolarmente adatti a sistemare.

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Articolo di Peter Koenig pubblicato su New Eastern Outlook il 15 novembre 2018
Traduzione in italiano a cura di Camilla per SakerItalia

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Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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