Gender, ovvero i diritti e quel ‘vecchio modo di pensare’, in cui un uomo si sacrificava semplicemente perché era un uomo.

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La confusione tra i sessi e l’estinzione della vera virilità [quella di sacrificarsi per un bene più grande]. La rivoluzione Gender è pronta a continuare, ma è animata da una propria logica interna non corretta

No other foundation DI LAWRENCE FARLEY

Così come è difficile farsi un’idea esatta della grandezza di una montagna quando si è proprio sopra questa montagna, così è difficile capire fino a che punto un cambiamento è rivoluzionario quando si è in piena rivoluzione. E noi siamo oggigiorno nel bel mezzo di una grande rivoluzione, di un cambio drammatico del nostro modo di comprendere la natura umana. Detto con altre parole la nostra cultura in Occidente sta cambiando il modo in cui interpreta il genere.

Questo cambiamento è globale e si esprime in movimenti importanti quali il femminismo, il movimento per i diritti degli omosessuali e adesso, i diritti dei transgender.

Non si tratta di perfezionare o di aggiustare alla meglio le interpretazioni del passato. Le interpretazioni del passato non sono tanto moderatamente modificate quanto piuttosto completamente ribaltate. La rivoluzione che concerne il gender è radicale e veemente, e come tutti i rivoluzionari convinti, i suoi adepti non fanno prigionieri; questo spiega in gran parte la violenza retorica e verbale nelle guerre culturali americane. Se il Signore tarda (1) , gli storici fra centinaia di anni si ricorderanno della fine del XX secolo e dell’inizio del XXI secolo come dell’epoca in cui l’Occidente ha fatto la guerra contro il modo con cui i suoi antenati hanno interpretato le differenze di genere da tempi immemorabili. Coloro che leggono la sociologia parleranno di un cambiamento fondamentale di paradigma. Quelli che leggono Screwtape (2) si domanderanno se la rivoluzione non è il risultato di decisioni di grande portata prese da ”nostro Padre qui in terra” .

La vecchia interpretazione considerava il genere come un dono divino. I testi giudeo-cristiani parlano della nostra esistenza sessuata e dei differenti ruoli che Dio ha prescritto con la creazione: “E così Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio, e li creò uomo e donna” (Genesi 1. 27 )

L’Islam ha ereditato questa interpretazione del genere e anche i pagani che non hanno letto le scritture di nessun tipo hanno capito che la mascolinità e la femminilità erano delle categorie fondamentali e stabili. Per questo motivo hanno privilegiato il matrimonio legale rispetto alla sessualità non regolamentata. Certi Pagani (per esempio i Greci; i Romani erano più lenti ad adeguarsi) non avevano problemi per la pederastia, ma hanno sempre insistito sul matrimonio eterosessuale come fondamento di una società stabile.

Per tutti fino alla metà o alla fine del ventesimo secolo, con l’eccezione di qualche rara anomalia anatomica o medica, si era nati uomini o donne e questo vi indirizzava nella vita e vi dava dei ruoli e delle responsabilità specifiche. Gli uomini dovevano comportarsi in un certo modo e così pure le donne. Certo i comportamenti prescritti comportavano un certo grado di tolleranza -per esempio, il comportamento da “maschiaccio” era ancora accettabile per le ragazze e gli uomini se volevano potevano lavorare a maglia- ma la via di base era molto chiara, anche se morbida. Questo non si limitava alle tradizioni giudeo-cristiana o islamiche. Come scrive l’illustre Clive Staples Lewis nel suo libro “L’abolizione dell’uomo” queste regole si ritrovano in tutte le culture. Egli lo chiamò “Tao” e lo riconobbe come la pratica universale dell’umanità.

La rivoluzione in Occidente è cominciata negli anni ‘60 del ventesimo secolo, con ciò che allora si chiamava “La liberazione delle donne”. Questo movimento ha trovato una accoglienza dalla cultura perché in gran parte sembrava essere frutto di semplice buon senso e perché il movimento delle suffragette, che reclamava il diritto di voto per le donne gli aveva in parte preparato il terreno. Anche se non introduce dei cambiamenti radicali o negativi nella comprensione di fondo dei ruoli di genere, il movimento della liberazione delle donne ha preparato le persone a considerare il cambiamento come una cosa sostanzialmente buona e necessaria e questa apertura al cambiamento continuerà a governare la mentalità di base (anche) quando saranno proposti dei cambiamenti più profondi. Questo movimento si è anche largamente ispirato al linguaggio dei diritti civili razziali e si è presentato in termini di lotta analoghi. Qui mettiamo l’accento sulla parola “lotta” perché il movimento ha utilizzato il metodo della protesta (celebre per la sua messa al rogo simbolica del reggiseno e del suo uso) e per aver qualificato i suoi oppositori come nemici oscurantisti del progresso. I germi di una futura guerra culturale possono dunque essere ritrovati in questa predilezione per la protesta fin dagli inizi.

Malgrado il ricorso alla denuncia collerica della persecuzione ricevuta e alla retorica incendiaria che caratterizzano sempre più il movimento femminista nelle sue varie forme, i cambiamenti radicali sono comunque apparsi inizialmente con il movimento dei diritti dei gay. Anche qui noi osserviamo una escalation. Ciò che è cominciato con un semplice atto di depenalizzazione è stato seguito da una domanda di accettazione da parte della società di un modo di vita alternativo come se fosse stato altrettanto valido quanto il matrimonio tradizionale. Di conseguenza ci sono state dapprima delle richieste di inserimento sociale e di non discriminazione, poi la domanda di unioni civili legali tra omosessuali e infine la richiesta di legalizzare il matrimonio tra di loro. L’affermazione secondo la quale la mascolinità e la femminilità non erano ruoli universali, ma semplicemente delle realtà anatomiche che non comportavano alcun ruolo sociale, era connaturata a questa esigenza. Si potrebbe pertanto nascere unicamente maschi e cercare l’unione sessuale con un altro uomo (socialmente legittimata dal matrimonio) o con degli uomini e delle donne. L’anatomia è stata definitivamente dissociata dal ruolo di genere e dalla “preferenza” sessuale che l’accompagna. In effetti il linguaggio stesso utilizzato -”inclinazione sessuale” – presuppone che si possa scegliere altrettanto facilmente l’uno o l’altro sesso. In altri tempi gli uomini non “preferivano” le donne, ma erano indirizzati a questa scelta, se non per desiderio sessuale innato per le donne negli uomini, almeno in virtù della legge divina. Oppure si potrebbe “preferire” il maschio alla femmina in modo altrettanto facile e legittimo quanto si può preferire il cioccolato alla vaniglia.

Il passaggio seguente consisteva nello scindere l’anatomia non solo in funzione del ruolo di genere, ma anche in funzione dell’identità di genere. In questo percorso di legittimazione del transgenderismo, è stato affermato che si può nascere anatomicamente maschi pur “essendo” una donna. Non c’era nessun metodo obiettivo per dire se una persona era un uomo o una donna. Tutto dipendeva ormai dai sentimenti soggettivi di una persona e dal sesso nel quale ella s’identificava. Nel corso di questa lunga progressione del cambiamento, i suoi difensori hanno continuato a impiegare la retorica dei diritti civili, denunciando con indignazione i loro oppositori come bigotti, culturalmente neandertaliani. Le guerre culturali imperversavano. Nella confusione, la voce della fede Cristiana storica, contemporaneamente ricca di regole inviolabili e di sottili distinzioni piene di sfumature, era generalmente coperta e inudibile.

E così adesso quelli che si identificano come gay o transgender occupano la posizione di nobili vittime in costante pericolo di violenza, mentre quelli che si oppongono alla nuova rivoluzione rivestono il ruolo di pericolosi criminali culturali, la cui opposizione bigotta alla nuova rivoluzione minaccia la vita stessa di quelli che compongono la comunità LGBQT. Quelli che assegnano i ruoli sono spesso motivati da una mentalità moralizzatrice che non fa prigionieri e giustifica l’odio, la collera e l’intimidazione.

La rivoluzione è pronta a continuare, animata dalla sua propria logica interna. Se l’anatomia fisica non interessa più, allora non conta per nessun argomento. Se la volontà (o la preferenza) è sovrana allora è lei che comanda. Questo comprende non solo il sesso del partner sessuale ma anche il numero di partner. O l’età dei partner. La pedofilia (o “attrazione per i minori”, come si fa chiamare) è attualmente lontana dall’accettazione generale, ma l’ambiente della discussione e i suoi limiti cambiano in fretta. Nessuno che vivesse nel 1950 avrebbe potuto prevedere la situazione attuale. È dunque possibile che l’attuale richiesta estrema di accettazione de “l’attrazione verso i minori” diventi un giorno un modo di pensare prevalente. Nessuno sa dove si fermerà questa rivoluzione. Personalmente credo che il traguardo non sia ancora in vista.

La domanda rimane: che problema c’è con la rivoluzione? Chi soffre? La rivoluzione di genere (o “confusione dei generi”, secondo i punti di vista) ribalta il modo in cui l’umanità ha considerato se stessa fin dagli inizi, perché è così sbagliata? Si potrebbero dire molte cose ma una sola risposta dovrà essere sufficiente. Nel nuovo paradigma che ci si offre, ciò che in altri tempi era considerato come “la vera virilità” in certi ambienti è etichettato come tossico ed è in via di rapida scomparsa.

Che cosa significa essere un “vero uomo”? La vera virilità implica più che delle semplici preferenze sessuali o la risposta alla domanda su chi porta via l’immondizia. Si tratta di un simbolismo primordiale che si definisce da solo e di emozioni che sorgono dai livelli nascosti nel più profondo dell’intimo. Essere un vero uomo è avere dei rapporti con quelli che sono più deboli, in particolare le donne e i bambini, dando prova di coraggio, di spirito protettivo e di abnegazione. (I cristiani noteranno che è così che Cristo, in quanto uomo reale, è legato alla sua sposa, la Chiesa.) E lo si constata in mille modi: l’uomo fa la sua domanda alla donna in ginocchio e non il contrario, in situazioni di pericolo l’uomo difende la donna anche a prezzo della vita. Quest’ultimo esempio non si applica soltanto alla donna dell’uomo, ma a qualunque femmina, proprio perché è una femmina. La femminilità è considerata sacra in sé stessa.

Si è potuto rilevare questo nelle inchieste che hanno seguito il naufragio del Titanic: i testimoni hanno insistito sul fatto che certi canotti di salvataggio non contenevano che donne e bambini, essendosi gli uomini sacrificati per salvarli. Fare qualche cosa di meno -ovvero prendere posto in un canotto di salvataggio che avrebbe potuto essere occupato da una donna o da un bambino avrebbe messo a rischio la loro virilità. La virilità e la mascolinità, sempre più considerate come tossiche per definizione- includevano contemporaneamente il simbolismo e le azioni del coraggio. Un vero uomo era un cavaliere.

È certamente vero che gli atti di coraggio e di abnegazione possono essere e sono compiuti da donne e da bambini e anche ovviamente da omosessuali e transgender. Chiunque può diventare coraggioso. Ma è proprio lì l’essenziale: poiché la generosità e la negazione non fanno più parte di ciò che significa essere un uomo, soltanto un eroe ormai compie atti eroici. Ma l’eroismo non è molto diffuso (ed è perciò che viene applaudito quando viene individuato). Ci si può sentire chiamati o meno all’eroismo e al coraggio. Ma nel vecchio modo di pensare, un uomo si sacrificava non perché si sentiva chiamato ad uno straordinario atto eroico ma semplicemente perché era un uomo. Il ruolo di genere che aveva ereditato in virtù della sua anatomia conteneva l’imperativo morale di sacrificarsi, quando era necessario, per le donne e per i bambini.

Proprio questa protezione che davano i veri uomini un tempo sarebbe così disperatamente necessaria oggigiorno. Adesso facciamo affidamento sull’ “educazione del pubblico” (vale a dire sulla propaganda) e sulla disapprovazione associata al fatto di essere politicamente scorretti, per motivare le persone alla galanteria, al sacrificio di sé e al coraggio. Possiamo vedere fino a che punto questo funziona (o non funziona) e quanto le notti restino pericolose per le donne e per le altre persone vulnerabili. Il motto di quelli che cercano di educare il pubblico è di “riprendere il controllo della notte”. Sarebbe forse più utile cominciare a riflettere a lungo sul modo in cui è stato perso questo controllo.

 

Padre Lawrence Farley

è pastore della chiesa ortodossa di St. Herman a Langley (British Columbia – Canada), autore di una serie di studi sulla Bibbia (Ortodox Bible Companion Series) e di un certo numero di altre pubblicazioni.

 

Fontehttps://blogs.ancientfaith.com/nootherfoundation/

Linkhttps://blogs.ancientfaith.com/nootherfoundation/gender-confusion-and-the-extinction-of-true-manhood/

Linkhttps://lesakerfrancophone.fr/la-confusion-entre-les-sexes-et-lextinction-de-la-veritable-virilite

15.02.2019

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Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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