Chi decide cosa è “fake” e cosa non lo è? La finestra di Overton

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La vita di ciascuno di noi è sempre più implacabilmente influenzata nella formazione delle opinioni personali, cioè nella nostra effettiva capacità di discernimento.

Nell’epoca delle cosidette “fake news” (ma “chi” decide cosa è “fake” e cosa non lo è?), siamo immersi da svariati decenni in una sorta di “gnomosfera” (in cui il termine greco γνώμη , gnome, significa opinione) che ci viene fatta passare per dati di fatto incontrovertibili, assiomatici, indiscutibili.

In altre parole, il mainstream, il pensiero unico, politicamente corretto, che ha dominato il mondo per decenni.

Ora, è interessante comprendere come si forma questo mainstream, quali sono le tecniche di comunicazione che lo generano e lo alimentano.

La prima cosa da comprendere è che esso non è una manifestazione spontanea di pensiero nata dalla gente comune, dal popolo, dalle masse, dagli individui o come si voglia definire il genere umano.

Una cosa fondamentale da tenere a mente è che la comunicazione è un flusso che per esistere ha bisogno di due attanti, l’emittente, cioè chi dà origine al flusso comunicativo, il responsabile del senso trasmesso, e il destinatario, che non è unicamente un sacco vuoto da riempire, ma bensì collabora nella creazione del messaggio che l’emittente intende inviargli ma la cui funzione lo porta a gestire le informazioni ricevute solo secondo le modalità di invio scelte dall’emittente.

In pratica, pur in un rapporto virtualmente paritetico, l’Emittente ha dalla sua parte la possibilità di gestire la comunicazione adottando strategie che possono influenzare l’opinione sino a fuorviare la capacità del Destinatario di interpretare la realtà facendo uso delle proprie capacità cognitive.

Come l’Emittente può alterare le opinioni del destinatario sino al punto da provocare un distorsione percettiva della realtà? Esistono innumerevoli tecniche comunicative (che spesso divengono addirittura tecniche di manipolazione culturale e sociale) adottate dal marketing, dalla pubblicità o dalla politica, spesso dal potere costituito (che è formato da regimi di governo e dai media principali, talvolta fiancheggiatori per il mantenimento dello “status quo”)

Quali sono state le tecniche di persuasione adottate per far cambiare idea all’opinione pubblica?

Una di queste è la cosiddetta “finestra di Overton

La finestra di Overton è un concetto introdotto dal sociologo Joseph P. Overton, secondo la quale ogni idea può essere categorizzata in una delle seguenti fasi o livelli, in base all’atteggiamento dell’opinione pubblica:

1) impensabile (unthinkable)
2) radicale (radical)
3) accettabile (acceptable)
4) razionale (sensible)
5) diffusa (popular)
6) legalizzata (policy)

Questi sei step devono essere “percorsi” metaforicamente, in un certo lasso di tempo, per far percepire all’ultima fase, la sei, come legale, un certo argomento che alla fase 1, qualche tempo prima, era considerato impensabile.

Qualsiasi idea, anche la più incredibile, può, attraverso questo sistema, in un certo arco di tempo, svilupparsi nella società ed essere accettata pacificamente.

E’ una forma blanda e “annacquata” nel tempo di un vero e proprio lavaggio del cervello, con diversa intensità ma uguale efficacia.

L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo.

Il metodo utilizza specialmente la ridondanza temporale (ma anche spaziale, testuale, contestuale e la iperidondanza), ovvero la ripetizione del medesimo concetto nel tempo, nello spazio, nel linguaggio (visivo, plastico o verbale), nei vari contesti o contemporaneamente nello spazio e nel tempo.

Secondo la teoria di comunicazione di massa nota come la “griglia percettiva” ogni essere umano si difende dalle incursione quotidiane dei mass media e dal loro bombardamento, attraverso una sorta di rete di protezione, di setaccio psichico, composto dalle nostre esperienze, la nostra cultura, le relazioni che abbiamo intessuto e così via, che filtra le informazioni, ma non in modo critico, quanto in modo istintivo, basandosi sulla quantità più che sulla qualità.

Innanzitutto la griglia accetta solo una piccola percentuale di informazioni, quotidianamente, permettendo al cervello di considerarle, prima e assimilarle, poi.

Il cervello tende a ricordare e quindi a elaborare informazioni che coincidono con le informazioni che ha precedentemente accumulato.

Usando quindi la ridondanza, si inviano quotidianamente, per anni, sempre e solo i medesimi messaggi (questa bibita è fresca; il nostro pane è il migliore; Parigi è romantica, e così via) sino a bombardare la griglia percettiva e “obbligarla” al passaggio solo di una piccola percentuale per volta del messaggio che si intende veicolare e far introiettare.

Con il passare del tempo, senza rendersene conto, la nostra griglia psichica “immagazzinerà” per migliaia di volte il medesimo messaggio.

Alla mille e ulteriore volta, il messaggio sarà recepito come “buono”, “accettabile” e quindi degno di essere considerato a livello logico, semplicemente perché l’informazione sarà trovata conforme alle idee che ci sono passate attraverso le maglie della griglia percettiva di nascosto e un po’ alla volta, negli anni precedenti.

Non solo questo, ma anche l’uso del linguaggio verbale, plastico e cromatico adoperato gioca un ruolo fondamentale.

La finestra di Overton si avvale della percezione differente che si ha quanto si usano elementi denotativi o connotativi.

E’ cosa ben diversa dire che un minore è stato ucciso o che un bimbo è stato trucidato. Per questo la finestra di Overton adopera intensamente i sinonimi, chiamando le cose in modo tale da provocare sdegno o ammirazione o solidarietà o limitarsi a descrivere in modo neutrale, a seconda dei propri scopi.

Usa inoltre la creazione di false inferenze.

Le inferenze sono conoscenze generate da altre conoscenze: se dico “Antananarivo è una bella città. In Madacascar le città sono molto belle” faccio sapere a chi legge che Antananarivo è in Madacascar. Da due concetti messi accanto, ne genero un terzo.

Se però dico “Il mio è un gatto senza coda. L’ho adottato quando vivevo a Bali” si genera l’inferenza o almeno il dubbio che a Bali i gatti siano senza coda, e questo non è vero.

Un’altra tecnica adottata è quella dello scioglimento del rapporto che lega significante a significato. Un tempo la definizione di matrimonio, marito, moglie, per esempio, era sempre la stessa, adottata come tale da tutti. A un termine (significante) corrispondeva sempre il medesimo significato. Oggi non è più così pacifico.

Nelle sue varie fasi, la finestra di Overton si avvale inoltre dell’uso di testimonial: intende generare nella mente del pubblico il pensiero “se una persona così famosa crede che questa tal cosa sia giusta, buona e bella, deve essere così”.

Adopera spesso il teorema della relatività dei concetti portata all’eccesso (“chi sono io per giudicare cosa è giusto o sbagliato?”)

Motivi di marketing spingono poi tacitamente e in modo subdolo verso la “legalizzazione del nuovo modo di pensare” per permettere facilmente la pubblicizzazione di merci e servizi per il nuovo segmento di mercato.

L’ultima fase si articola sull’indottrinamento sin dalla più tenera età, sul nuovo concetto “condiviso”

In realtà queste tecniche, tanto adoperate nell’ultimo secolo, si rifanno a molto più antiche tecniche retoriche, che prendono vita nell’antica Grecia.

C’era infatti una volta il sofisma.

L’origine del termine risale alla corrente filosofica dei sofisti. Sofisma deriva dal greco sóphisma, cioè: artifizio, abilità, che deriva a sua volta dal verbo sophìzomai, che vuol dire parlare abilmente, scaltramente, in modo astuto.

Già Aristotele, nelle Confutazioni sofistiche studiò le strategie per “abbindolare” gli astanti con dotti ragionamenti che potevano con altrettanta abilità dimostrare un principio e il suo esatto contrario, un valore umano e il suo opposto.

Fra essi annovera l’omonimia, o ambiguità semantica; poi vi è l’anfibolia, o ambiguità grammaticale (per esempio, l’enunciato “posso sollevare un uomo con una mano sola” potrebbe significare sia che si può sollevare un uomo con l’uso della propria mano, sia che si può sollevare un uomo che possiede una sola mano).

Denuncia la pratica di “depistaggio” quando vengono fatte inferire proprietà per il tutto a partire da proprietà delle singole parti o quando viene usata ad arte un’errata forma dell’espressione linguistica.

Oppure la tecnica di presentare un argomento di per sé valido, ma fuori tema, l’illecita generalizzazione, l’ignorare subdolamente un’eccezione alla regola generale, l’assumere illecitamente come causa qualcosa che non lo è, o porre una domanda complessa che presuppone più cose di quelle di cui chiede, apparentemente, una risposta semplice.

Un’altra tecnica, denunciata da Aristotele, consiste nel far supporre che ciò che è stato ammesso in via condizionale sia applicabile anche al contrario, ad esempio: «Se Antonio ha la febbre, allora Antonio è caldo, dunque se Marco è caldo allora Marco ha la febbre».

Ci sono molti modi di derubarci della nostra capacità di discernimento, di analisi razionale e quindi di scelta ponderata e soprattutto veramente libera e nostra.

La finestra di Overton è una delle più subdole, perché agisce nel tempo, nascostamente e in modo molto efficace.

Oggi concetti come cannibalismo o pedofilia legale sono impensabili. Ma fra qualche anno?

La finestra di Overton è aperta. Occorre tenerla ben chiusa, se si vuol restare liberi, e tenere aperti gli occhi.

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Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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