Gheddafi speranza per l’Africa

fonte: ingannati dai tempi della scuola – Giovanni Lazzaretti 29 Maggio 2011 «I proventi del petrolio Gheddafi li ha usati per sviluppare il Paese: strade, scuole, ospedali, università, case popolari a bassissimo prezzo, inizio di industrializzazione, sviluppo agricolo con l’acqua tirata su nel deserto ad una profondità di 600-800-1.000 metri. Due acquedotti portano l’acqua dal …

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Libia: disinformazione di massa

fonte : la Gazzetta di Sondrio articolo di di Giovanni Lazzaretti Caro Direttore, la lettera di Enzo Simonazzi (La Libertà dell’11 giugno 2011) pone una serie di dubbi su ciò che scrissi riguardo a Gheddafi e alla Libia. Dubbi tutti legittimi, e lo ringrazio innanzitutto per la pacatezza con cui li esprime. Sintetizzo e metto …

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LIBIA: questo uomo che si vuole difendere, dov'è?

L’intervento della Nato in Libia (legittimato dalla risoluzione 1973 del 17/03/11  dell’Onu), è partito con presupposti non efficacemente verificati e con obiettivi non chiari, ( lo stesso  Congresso USA ha chiesto pochi giorni fà, che la Casa Bianca fornisca informazioni sulla natura, obiettivi e costi della missione in Libia ) . Sulle rivolte e le …

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Eritrea dimenticata…

[fonte: Il Tamarindo] pubblicata su “l’uomo libero”

Stupore. Incredulità. Imbarazzo. Queste le sensazioni predominanti, a qualche giorno dal mio arrivo in Eritrea.

Stupore nel trovarmi circondata da edifici, parole, abitudini tipici del nostro Belpaese. Quasi tutto, infatti, in questo piccolo angolo d’Africa, riporta all’Italia.

Incredulità nel realizzare di aver percorso migliaia di chilometri e ritrovarmi in un luogo, per molti aspetti, così familiare. “Che sia capitata sul set cinematografico di un film sull’ Italia del dopoguerra?” il mio primo pensiero. No no, sembra impossibile, ma qui è tutto reale.

L’imbarazzo è la naturale conseguenza di quanto descritto finora. Quel piccolo Paese faceva parte della nostra “grande” Nazione. E’ storia d’Italia, e dovremmo conoscerla.

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Eritrea : paese prigione , nel mirino anche la chiesa

Nella parte settentrionale del Corno d’Africa, stretta tra l’Etiopia, il Sudan e il Mar Rosso, c’è uno degli stati africani più piccoli, l’Eritrea. Paese multilingue e multiculturale che ha espresso per secoli la sua complessità anche attraverso una cultura profonda che affonda le sue radici all’VIII secolo sviluppando successivamente il regno di Axum e poi …

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…come vuole la tradizione degli ultimi dieci anni di campagne elettorali

fonte : Mario Mauro –  Il Sussidiario articolo tratto da  Sguardo Leale

Come ha osservato Giorgio Vittadini  nel suo articolo pubblicato su queste pagine mercoledì, e come vuole la tradizione degli ultimi dieci anni di campagne elettorali, anche il voto delle amministrative che avrà luogo a metà maggio si avvia, tristemente, a essere l’ennesimo sondaggio pro o contro Berlusconi, pro o contro gli immigrati. Dietro la scia dei consueti fatti di cronaca giudiziaria o di scandali costruiti ad hoc, stiamo assistendo ancora una volta a una campagna elettorale senza contenuto.
I cittadini non si allontanano dalla politica per caso. Chiedono che quella classe politica desiderosa di farsi carico dei problemi reali che permeano in maniera strutturale il nostro sistema-Paese esca allo scoperto. I cittadini di Milano, di Napoli, di Torino, ma anche quelli di tutti i comuni italiani più piccoli che devono eleggere una nuova amministrazione, vogliono poter scegliere tra diverse proposte, tra diversi modelli di convivenza civile messi sul piatto per la propria città.
Cosa vuol dire fare parte di una città? Quale visione della collettività occorre mantenere al fine di far risvegliare in maniera permanente le potenzialità che le nostre città hanno dimostrato negli anni? I concetti di “persona al centro”, di sussidiarietà e di sviluppo che parta dalla creatività sociale del singolo restano la cartina di tornasole affinché il governo di una città possa essere il motore per un benessere che non sia soltanto economico di una comunità.
Il fatto che la famiglia costituisca il fulcro economico e il vero tesoro della società non può passare in secondo piano. Una buona amministrazione si distingue da una cattiva amministrazione se valorizza al meglio le proprie risorse. Allora seguire l’esempio fornito dalla città di Parma, con il cosiddetto “quoziente Parma“, promosso dalla giunta di centrodestra, è un investimento dal successo assicurato. Investire sulla famiglia e rimodellare il sistema fiscale attorno a essa si è dimostrato il migliore antidoto contro la povertà e contro la disuguaglianza.

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Io giaccio con la verginità

“Corazón maldito por què palpitas?”

Il discorso che Don Trento ha tenuto a al Meeting di Rimini il 28 agosto 2008 –
Un bambino fuggito verso Gesù, travolto dal ’68, toccato dall’amore e graziato dalla depressione. Giussani ne ha fatto lo sposo della purezza e il padre degli ultimi
fonte:
http://unoconunapersempre.org/testimoni/don-aldo-trento/io-giaccio-con-la-verginita/

Missionario della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo in Paraguay dal 1989, don Aldo Trento ha sessantadue anni. Bellunese, parroco della chiesa di San Rafael ad Asunción, dal 2004 è responsabile della clinica per malati terminali intitolata a san Riccardo Pampuri. In questo luogo arrivano pazienti in fin di vita, malati di cancro o di Aids, e persone abbandonate a loro stesse, che non hanno più nessuno in grado di accudirle. Il 2 giugno di quest’anno il presidente della Repubblica italiana gli ha conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine della Stella della solidarietà. Il testo qui pubblicato è il discorso tenuto al Meeting di Rimini giovedì 28 agosto all’interno del ciclo di incontri intitolati: “Si può vivere così”.

“Corazón maldito por què palpitas?”, “Cuore maledetto perché batti?”, dice Violeta Parra. E poi: “Gracias alla vida che m’ha dato tanto”. E poco tempo dopo si toglie la vita. Perché incomincio così? Perché vorrei riprendere qui quello che mi ha commosso molti anni fa quando Giussani ha detto: “Vi auguro di non essere mai tranquilli”.
Luglio 2008, sono lì con i bebè (che cura nella sua casa in Paraguay e lo chiamano “papà”, ndr) a cui sto dando il biberon. Torna Cristina, la mamma che mi aiuta coi bambini piccoli malati di Aids o violentati, tornano con le pagelle, li metto in girotondo, leggo le pagelle. Lì si va dall’uno al cinque. Uno, uno, uno, uno, tutti uno. Sorrido e gli dico: “Assomigliate a vostro padre che ha sempre avuto problemi di scuola e di risultati, era buono a nulla. ‘Placido si chiamava’ e spera di diventare Santo. Però c’è un motivo che mi fa contento. Perché nella vita la cosa difficile non è passare da uno a cinque, ma da zero a uno, e voi da febbraio a luglio siete passati da zero a uno”. Poi ho spiegato alla mamma cosa volevo dire. Bene, io sono questo ragazzino di sessantadue anni che forse è arrivato a due, per pura grazia divina. Per questo più che parlarvi delle opere, ho scritto in omaggio a Giussani, perché io vivo di lui: è lui, è Dio, è lui dietro tutto quello che potete vedere o leggere.

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