Caso Almasri: scatta la contro-denuncia contro Li Gotti e Lo Voi

Il caso Almasri continua a suscitare tensioni tra politica e magistratura. Dopo la denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti contro la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i ministri Piantedosi e Nordio e il sottosegretario Mantovano, il legale Luigi Mele ha sporto una contro-denuncia contro lo stesso Li Gotti e contro il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi. L’atto, presentato alla Procura di Perugia, contesta a Li Gotti i reati di calunnia aggravata, attentato contro organi costituzionali e vilipendio delle istituzioni, mentre a Lo Voi vengono contestati omissione di atti d’ufficio aggravata e oltraggio a un corpo politico.

Secondo Mele, la denuncia originaria di Li Gotti sarebbe basata esclusivamente su articoli di giornale, senza alcun supporto probatorio concreto. La decisione della Procura di Roma di iscrivere Meloni e i ministri nel registro degli indagati, dunque, sarebbe non solo priva di fondamento ma lesiva dell’onore e del prestigio del governo, configurando una possibile azione arbitraria del magistrato in questione.

Dal punto di vista giuridico, la questione ruota attorno alla legittimità della denuncia presentata da Li Gotti e alla decisione del procuratore Lo Voi di procedere con l’indagine. La legge italiana prevede che chiunque possa presentare una denuncia in presenza di elementi che facciano sospettare la commissione di un reato (art. 333 c.p.p.). Tuttavia, se tale denuncia si basa esclusivamente su informazioni giornalistiche e non su prove concrete, potrebbe risultare infondata e, in alcuni casi, configurare il reato di calunnia (art. 368 c.p.) o di diffamazione aggravata (art. 595 c.p.).

Un aspetto chiave è la formula con cui la denuncia è stata presentata. Se essa si conclude con la dicitura “per gli opportuni accertamenti”, il denunciante si limita a segnalare fatti da verificare, demandando alla magistratura l’onere di valutare la fondatezza delle accuse. In tal caso, la responsabilità dell’apertura di un’indagine ricade sul magistrato, che deve accertare l’esistenza di elementi sufficienti per procedere.

La posizione più delicata appare dunque quella del procuratore Lo Voi. Se si dimostrasse che ha iscritto Meloni e i ministri nel registro degli indagati senza una base giuridica solida e con intenti politici, potrebbe configurarsi una violazione dell’art. 328 c.p. (omissione di atti d’ufficio) o, in casi estremi, un’ipotesi di attentato contro organi costituzionali (art. 289 c.p.). Quest’ultima fattispecie è particolarmente grave, in quanto implica un’azione volta a destabilizzare l’ordine costituzionale.

La contro-denuncia appare giuridicamente fondata almeno in termini di opportunità: se la denuncia di Li Gotti dovesse rivelarsi pretestuosa o priva di riscontri oggettivi, le accuse mosse da Mele potrebbero trovare accoglimento. Tuttavia, sarà la Procura di Perugia a stabilire se vi siano elementi sufficienti per configurare ipotesi di reato a carico di Li Gotti e Lo Voi.

La vicenda pone ancora una volta il tema del rapporto tra politica e magistratura ed evidenzia il rischio di un uso improprio dello strumento giudiziario per finalità politiche. Se da un lato il diritto di denuncia è un principio fondamentale dello Stato di diritto, dall’altro è necessario garantire che le indagini non siano avviate sulla base di presupposti inconsistenti, onde evitare il pericolo di una giustizia politicizzata che rischia non solo di compromettere la credibilità delle istituzioni ma anche di intervenire impropriamente nella vita democratica del paese.