In Brasile politici e multinazionali vogliono sradicare gli indigeni dalle loro terre

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I politici brasiliani fanno pressione per la chiusura del FUNAI

Un’inchiesta istituita dai parlamentari brasiliani che rappresentano gli interessi dei grandi allevatori e dei grandi agricoltori ha appena pubblicato un rapporto in cui si chiede la chiusura del FUNAI, il Dipartimento agli Affari Indiani.

Le conclusioni del rapporto sono state accolte con indignazione e incredulità sia in Brasile che fuori. “Uccidere il FUNAI equivale a uccidere noi, i popoli indigeni” ha affermato Francisco Runja, un portavoce Kaingang. “Il FUNAI è un’istituzione cruciale per noi, per la nostra sopravvivenza, per la nostra resistenza, ed è una garanzia per la demarcazione dei nostri territori ancestrali.”

Il rapporto attacca i leader indigeni, gli antropologi, i pubblici ministeri e le ONG, tra cui Survival International.

Sostiene che il FUNAI sia diventato “ostaggio di interessi esterni” e chiede che decine dei suoi funzionari vengano perseguiti per aver appoggiato quelle che definisce “demarcazioni illegali” dei territori indigeni.

Ieri un gruppo di 50 Indiani non è stato ammesso alla sessione del Congresso in cui si è discussa l’inchiesta.

L’inchiesta è durata 500 giorni e il rapporto è lungo più di 3000 pagine. Si tratta di un lampante attacco ai popoli indigeni e di un tentativo osceno e parziale di distruggere i diritti costituzionali conquistati con tanta fatica.

È stato guidato dai politici che rappresentano il potente settore dell’agribusiness, e che da tempo hanno mire sui territori indigeni per trarne profitto personale.

Un membro del Congresso, Luis Carlos Heinze, ha ricevuto il premio di Razzista dell’Anno di Survival nel 2014 in seguito ai suoi commenti profondamente offensivi a proposito degli Indiani, degli omosessuali e dei neri del Brasile.

Un altro membro del Congresso, Alceu Moreira, ha chiesto lo sfratto dei popoli indigeni che tentano di rioccupare le proprie terre ancestrali.

Questo clima sempre più ostile e anti-indigeno di molti settori del Congresso, sta alimentando violenze nei confronti dei popoli indigeni. Il mese scorso, 22 Indiani Gamela sono stati feriti a causa di un attacco brutale da parte dei sicari al soldo dei proprietari terrieri locali.

Bimbi di tribù indigene in Brasile

Il FUNAI ha subito grossi tagli al suo bilancio, che hanno portato alla riduzione di molte delle squadre responsabili della protezione dei territori delle tribù incontattate. Tutto ciò essenzialmente lascia alcuni dei popoli più vulnerabili del pianeta alle mercé di taglialegna armati e accaparratori di terra.

L’organizzazione è stata enormemente indebolita. Molti ruoli ora sono ridondanti, e personaggi politici dirigono dipartimenti cruciali.

Negli ultimi cinque mesi, ha cambiato tre presidenti. All’inizio di questo mese il secondo presidente, Antonio Costa, è stato destituito. In una conferenza stampa aveva criticato fortemente il Presidente Temer e Osmar Serraglio, il Ministro della Giustizia, affermando che “non solo vogliono eliminare il FUNAI, ma anche le politiche pubbliche come la demarcazione della terra [indigena]… Tutto ciò è molto serio.”

“Il FUNAI è rotto… è già morto. Lo hanno ucciso. Esiste solo di nome. Un bel nome, ma non ha il potere di aiutarci” ha detto lo sciamano e portavoce Yanomami Davi Kopenawa.

Fonte: Survival

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Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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