Bloomberg – L’Italia ha bisogno di un piano di uscita dall’euro, e così anche gli altri paesi

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Un articolo pubblicato su Bloomberg spiega perché il piano B di Savona è un fatto di puro buonsenso. Nonostante la carenza di analisi economica sugli effetti della moneta unica e i luoghi comuni, anche spiacevoli – come quello ad esempio che gli italiani vorrebbero essere salvati a spese degli altri paesi – l’articolo chiarisce un punto cruciale,  e cioè che non potrà mai esistere una politica monetaria che vada bene per tutti, e quella seguita fino ad ora, con le sue fasi alterne, è stata più allineata agli interessi della Germania che a quelli dell’Italia. In questo quadro, le crisi dell’eurozona non possono che essere ricorrenti, e l’Italia, come anche gli altri paesi, fanno benissimo a tenersi in tasca un piano B. 

di Ramesh Ponnuru, 01 giugno 2018

Se anche la moneta comune dovesse riuscire a cavarsela questa volta, produrrà nuove crisi in futuro.

La turbolenza in Italia si sta placando, almeno per il momento, ma il problema che l’ha provocata è destinato sicuramente a produrre altri sconvolgimenti in futuro.

La coalizione populista che ha vinto le ultime elezioni aveva proposto Paolo Savona come Ministro delle Finanze, un economista che sostiene che l’Italia abbia bisogno di un “piano B” per l’uscita dall’euro. Sergio Mattarella, il Presidente della Repubblica, ha posto il veto su quella nomina. Dopo una iniziale insistenza su Savona, i populisti anti-euro hanno trovato per lui una collocazione differente. I mercati si sono calmati e la  formazione del governo è andata avanti.

Mattarella ha ragione sul fatto che parlare di “piano B” metta a rischio l’euro, e sul fatto che il paese abbia il diritto di discutere la questione in una campagna elettorale per poi decidere attraverso le urne. E se uscire dall’euro ora creerebbe un grande caos, è comunque vero che sarebbe saggio avere a disposizione almeno un tacito piano di emergenza nell’eventualità di un’uscita.

Savona ha esagerato nel definire l’euro “una gabbia tedesca”. L’euro ha offerto un reale beneficio all’Italia a livello microeconomico, come anche ad altri stati che ne fanno parte: l’abbassamento dei costi di transazione nel commercio coi vicini, la promozione del turismo e degli investimenti.

Tuttavia, avere una moneta comune costringe tutti i diversi paesi dell’eurozona ad avere anche un’unica politica monetaria. Questa politica monetaria ha funzionato piuttosto male per l’Italia e, sì, ha funzionato piuttosto bene per la Germania.

David Beckworth, ricercatore presso il Mercatus Center della George Mason University, ha mostrato che le politiche della Banca centrale europea hanno sempre avuto la tendenza ad adattarsi meglio ai paesi del centro dell’Unione europea anziché ai paesi della periferia. La sua analisi utilizza la Taylor Rule, una misura del tasso di interesse ideale per un paese basata sul tasso di inflazione e sulla differenza tra produzione economica potenziale ed effettiva. I tassi della BCE sono stati molto più vicini alle prescrizioni della Taylor Rule per i paesi del centro dell’eurozona rispetto ai paesi della periferia. La politica monetaria è stata troppo allentata per i paesi periferici durante il periodo del boom che ha preceduto la crisi economica del 2008-2009, e troppo restrittiva da quel momento in poi.

La politica monetaria può essere giudicata anche sulla base della sua capacità di stabilizzare la crescita della spesa in una data economia. Anche secondo questa misura la BCE ha funzionato piuttosto male per l’Italia. Prima della crisi il livello di spesa in Italia cresceva più che in Germania, e dopo è cresciuto più lentamente, o è addirittura diminuito. Le ampie oscillazioni sono segnali che la politica monetaria è controproducente. La diminuzione dei livelli di spesa, in particolare, è dannosa. Aumenta il peso del debito e richiede aggiustamenti del mercato del lavoro dolorosi e generalmente lunghi.

Che esistano differenze tra diverse regioni è inevitabile. Se la politica della BCE fosse stata perfetta per l’Italia, sarebbe stata destabilizzante per la Germania.

Se le specifiche politiche della BCE si possono criticare – ad esempio, perché sono state troppo restrittive per l’intera eurozona nel 2010 e 2011 – la radice del problema sta nella moneta unica in sé. E questo non è qualcosa che sia stato imposto agli italiani dall’esterno. La maggior parte degli italiani, secondo i sondaggi, vorrebbe stare nell’euro, forse a causa degli indubbi vantaggi che ha a livello microeconomico.

Secondo molti elettori italiani, non c’è dubbio, la condizione ideale sarebbe di continuare a ricevere i benefici dell’euro e salvataggi incondizionati da parte degli altri paesi. Ma non sono loro gli unici attori in questo dramma ad avere delle aspettative irrealistiche, sebbene comprensibili.

La Germania vuole mantenere i salvataggi e l’inflazione al minimo possibile, e al tempo stesso mantenere la moneta unica. Se anche l’euro dovesse riuscire a cavarsela questa volta, produrrà nuove crisi in futuro. L’Italia dovrebbe tenersi in tasca un piano di uscita. E lo stesso dovrebbero fare gli altri paesi.


Vocidallestero

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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