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Home Chiesa

Amazzonia – Sacrifici umani e cannibalismo erano all’ordine del giorno nella cultura azteca

by Patrizio Ricci
28 Settembre 2019
in Chiesa
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Amazzonia – Sacrifici umani e cannibalismo erano all’ordine del giorno nella cultura azteca

A. Pellicciari: Magnificare l’Amazzonia? Gli spagnoli in America trovarono sacrifici umani e cannibalismo, e annunciarono Gesù Cristo.

Sangue, violazioni, sacrifici umani e cannibalismo alla base delle “civiltà” precolombiane: «satanismo totale!» Ecco il panorama che trovarono gli spagnoli mossi da uno slancio missionario dopo aver cacciato l’invasore islamico dalla penisola iberica.

 di Miguel Cuartero Samperi

È in uscita in questi giorni il nuovo libro di Angela Pellicciari intitolato “Una storia unica. Da Zaragoza a Guadalupe” edito dalle edizioni Cantagalli di Siena. Autorevole storica del Rinascimento, docente di Storia della Chiesa ed esperta in rapporti tra massoneria e Chiesa Cattolica, con i suoi libri Angela Pellicciari ha più volte affrontato e demolito molte delle “leggende nere” riguardanti la storia della Chiesa. In questo nuovo libro si concentra sulla Spagna ed in particolare su due elementi cruciali della sua storia: la “reconquista” con la quale l’invasore islamico viene cacciato definitivamente dalla penisola iberica e la scoperta e colonizzazione del Nuovo Continente. In entrambe i casi, come documenta Pellicciari, è la fede di un popolo – guidato da re e regine santi – a riuscire vittorioso in imprese umanamente impossibili.

Da una parte la riconquista della libertà di fronte a un impero musulmano che soggiogò la penisola per diversi secoli. E tutto a partire da 300 uomini “rifugiati in una grotta” (la grotta di Covadonga in Asturias) dove la Madonna apparve per incoraggiare e promettere vittoria. Dall’Altra la conquista di un impero enorme, in una terra sconosciuta, da parte di un esercito – quello di Cortés – composto da soli 400 uomini. In entrambe i casi, in ambedue le gesta, lo scopo principale fu la difesa e la diffusione della fede cattolica. Gli spagnoli non scesero a patti, non si sedettero a tavola a dialogare con i mussulmani, ne tanto meno con gli aztechi, ma combatterono e uscirono vittoriosi. La regina Isabella – donna straordinaria e mossa da una profonda fede – proibì che nel Nuovo Mondo si sfruttassero le persone e i loro beni, e promosse l’invio di monaci e missionari per la fondazioni di chiese attorno alle quali fondare nuove città.

Più volte in questa “Storia unica” ritorna l’aiuto dal cielo, senza il quale le gesta degli spagnoli non avrebbero ottenuto i successi desiderati. La Vergine apparsa a Zaragoza a san Giacomo (Compostela) mostra un cenno di benevolenza e di assistenza che non si affievolirà nei secoli, fino alla Apparizione di Nostra Signora di Guadalupe in terra messicana. La stessa Guadalupe, il cui santuario fu «fondato da Alfonso XI di Castiglia in ringraziamento per la vittoria ottenuta nel 1340 contro i mori». Sarà proprio Santiago, l’apostolo missionario sepolto in Galizia, che verrà invocato dagli spagnoli come il “matamoros” (uccisore degli arabi) durante la dura guerra per la riconquista. Un appellativo che oggi è considerato “religiosamente scorretto” tanto da far arrossire persino il rettore della Basilica di Compostela, che ha messo un bel mazzo di fiori al posto dei “moros” sotto la statua di Santiago a cavallo mentre brandisce la spada. Un “Santiago mataflores”, per non offender nessuno.

Il libro sarà presentato mercoledì 25 settembre presso l’Hotel Adriatico di Montesilvano ma già è stato presentato radiofonicamente il 15 settembre a Radio Maria, dove Angela Pellicciari tiene, da diversi anni, delle lezioni di Storia della Chiesa (è possibile riascoltare la puntata sul sito di Radio Maria). Parlando dei popoli che abitavano il continente all’arrivo degli spagnoli, Pellicciari denuncia con durezza quel luogo comune che vede negli “indios” una civiltà giusta e fiorente, ingiustamente sterminata dal (sanguinario) invasore e colonizzatore spagnolo (e per giunta cristiano).

Come mai, si domanda Pellicciari, Cortés riesce a conquistare un impero immenso con soli 400 uomini? «Perché in questo impero le persone vivevano terrorizzate!» Sacrifici umani e cannibalismo erano all’ordine del giorno nella cultura azteca. Bisogna dunque capire come vivevano questi indios all’arrivo degli spagnoli. L’aspetto che accomuna la vita di questi popoli sono i sacrifici umani che avvengono a livello massivo; seguiti dal pasto di queste carni immolate ai vari demoni. Perché le loro divinità, le divinità che prevedono delle cose così terribili sono demoni, non c’è dubbio alcuno. I sacrifici umani erano il vero asse portante della cultura e della religione azteca, diffusi ovunque e praticati in ogni tempo dell’anno per onorare le diverse divinità del panteon politeista.

Pellicciari cita a questo riguardo un francescano di nome Bernardino di Sahagún che arriva in Messico nel 1529 e che insegna latino ai nobili atzechi  («perché la Spagna appena arriva in America, subito fonda università, fonda collegi perché si rende conto che è fondamentale, non solo l’Evangelizzazione, ma anche la cultura, insegnare a leggere e a scrivere, insegnare a vivere civilmente»)

«Questo francescano Bernardino di Sahagún, che insegna latino ai figli dei nobili, studia la lingua náhuatl e scrive  i 12 volumi della sua Historia general de las cosas de Nueva España (originariamente composta in náhuatl), racconta che l’anno azteco è diviso in 18 mesi di 20 giorni l’uno. Sahagún descrive come i sacrifici si svolgono a seconda dei mesi: nel primo mese “venivano sacrificati molti bambini”, nel secondo “uccidevano e scuoiavano molti schiavi e prigionieri”, nel terzo “uccidevano molti bambini” e “quelli che si erano vestiti con la pelle dei morti scuoiati il mese precedente, se li toglievano”» (perché alcuni dei sacrificati venivano scuoiati: i sacerdoti si vestivano con le loro pelli e con quel vestito ballavano, con quel vestito giravano per un mese). Juan de Zumárraga, primo arcivescovo del Messico, così scrive al Capitolo francescano di Tolosa: gli indios “hanno l’abitudine di sacrificare in questa Città del Messico ai suoi idoli più di 20.000 cuori umani”.

Quando si magnifica l’Amazzonia, bisogna sapere che questa era la condizione in cui si viveva; che non è la stessa cosa essere cristiani o essere pagani; che non tutte le culture, non tutte le religioni, sono sullo stesso piano! Assolutamente. Perché c’è solo un Signore, Dominus Iesus, Gesù Cristo che è Signore della Storia, e che libera! Perché, al contrario degli altri idoli satanici che vogliono sacrifici, Gesù è l’unico che sacrifica se stesso perché noi possiamo avere la vita. Il cristianesimo ribalta la realtà dei vari aspetti delle cosiddette religioni. E gli spagnoli si trovano davanti a questo panorama di satanismo totale… E qui la genialità, la fede di Isabella di Castilla, ma non solo di Isabella, perché è tutta la popolazione che ha combattuto per difendere la fede e la cultura romana. Per questo il continente, un continente immenso, si chiama “America Latina”: gli spagnoli sono riusciti a incorporare nel mondo greco-romano un continente immenso, di cui non si sapeva neanche l’esistenza.

Parole dure quelle di Pellicciari che arrivano proprio mentre la Chiesa Cattolica scalda i motori dell’imminente Sinodo dedicato proprio all’Amazzonia. Un Sinodo che, nel Documento Preparatorio, elogia la cultura e la civiltà dei popoli indigeni vittime delle violenze inaudite dell’invasore spagnolo (per cui si chiede ancora oggi perdono) che ha distrutto le civiltà precolombiane con la “complicità della Chiesa”.

 

L’articolo A. Pellicciari: Magnificare l’Amazzonia? Gli spagnoli in America trovarono sacrifici umani e cannibalismo, e annunciarono Gesù Cristo. proviene da Il blog di Sabino Paciolla.

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Patrizio Ricci

Associato alla Freelance International Press (FLIP), Autore sul Sussidiario, La Croce, LPLNews24. Cofondatore del Coordinamento Nazionale per la pace in Siria, Membro del direttivo Osservatorio per le Comunità Cristiane nel Medioriente…

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