Si invocano gli interventi umanitari su tripoli ma non si smette di bombardare e si rifiuta il cessate il fuoco

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fonte NATO Humiliation Increasing per Airstrike 25.08.2011

Ogni aereo da guerra della NATO che passa sopra le coste della Libia e che lancia ordigni sulla città di Tripoli è un richiamo evidente del fatto che non soltanto i ribelli sostenuti dalla NATO non sono riusciti a conquistare la città, ma anche che va oltre la capacità dei ribelli lottare senza un sostegno aereo costante. Mentre le bombe cadono sulle infrastrutture già malconce di Tripoli a causa dei precedenti attacchi NATO e con la più recente distruzione di una stazione dei pompieri nel distretto di Abu Salim, le dichiarazioni fatte quotidianamente al mondo intero confermano quanto erano ipocriti e mendaci le dichiarazioni disperate di “vittoria” della NATO ormai quasi una settimana fa. Passando dal danno alla beffa, il ministro degli esteri britannico William Hague ha implorato affinché il Sud Africa scongelasse i fondi a favore degli agenti della NATO di Bengasi, dichiarando che un eventuale rifiuto avrebbe comportato “il rischio di un disastro umanitario”. Hague ci deve ancora spiegare come mai il bombardamento aereo persistente di una città densamente popolata non abbia già causato un disastro umanitario in piena regola.

I ribelli, guidati a terra da parte delle forze speciali della Nato e protetti dall’alto dagli aerei della Nato, dopo una settimana di combattimenti non hanno ancora potuto prendere Tripoli. I tentativi di prendere altre città ancora sotto il controllo del governo libico rappresentano significativi fallimenti tattici. I media, non essendo in grado di indicarci un governo ribelle vittorioso con sede a Tripoli, ora stanno tentando, nella speranza che il mondo supplichi l’intervento di una forza di stabilizzazione, di venderci una versione dei fatti all’insegna del “caos”: che il combattimento sia degenerato in genocidio. Ma un problema rimane: i ribelli, responsabili davvero di atti di “genocidio”, sono guidati, armati, addestrati e organizzati dagli ufficiali della Nato presenti sul terreno.

Ora circolano notizie su come e brigate di Al Qaeda siano state intercettate prima ancora di entrare nelle città costiere di Sirte e Bin Jawad, che si trovano entrambe tra Bengasi e Misurata. Infatti, andando oltre la retorica, le notizie dicono non soltanto che i ribelli non sono riusciti a fare qualcosa che andasse oltre la più simbolica delle vittorie – con il caos immenso che hanno seminato in tutta Tripoli -, ma anche che si trovano in realtà in una posizione più debole che mai, con le loro forze disperse in più posizioni di fronte a un esercito libico trincerato su più fronti.

Mentre si canta vittoria e nel frattempo si conducono attacchi aerei quotidiani sulla “città catturata”, chi riesce a giostrarsi all’interno di questo mosaico labirintico già sa che la NATO ha evidentemente una tenue presa su questa campagna pasticciata, oltre a essere ben più lunga del previsto. Naturalmente non è concepibile che la NATO possa ritenere che la Libia si conquisti in pochi giorni, o in poche settimane, e deve essere ben consapevole del fatto che anche se Tripoli cadesse domani – che è molto improbabile – intere città rimarranno ancora sotto il controllo del governo libico insieme alle vaste zone interne della Libia meridionale.  L’occupazione è stata il vero finale di partita della NATO sin dall’inizio: si attendevano soltanto il pretesto giusto per iniziare lo sbarco di truppe sul terreno. Il compito di trovare tale pretesto si è dimostrato difficile.

L’occupazione non può iniziare fino a quando i capi terroristi di Bengasi non siano in grado di occupare Tripoli abbastanza a lungo per richiedere l’intervento delle forze della NATO o fino a che la NATO non abbia creato caos, fatti di sangue e anarchia in quantità tali da spingere la “comunità internazionale” a supplicare l’intervento di una “forza di stabilizzazione”. Ma sembra che senza i bombardamenti costanti della NATO, le forze ribelli non siano in grado di produrre né una cosa né l’altra, nei fatti negando la verosimiglianza dei resoconti dei media secondo i quali “Tripoli è caduta” o la NATO ha in qualche modo ottenuto una vittoria.

L’AP ha riportato la notizia di combattenti, a loro avviso dei ribelli, che, dopo aver legato le mani di alcuni attivisti che, come segno di solidarietà con Gheddafi, avevano eretto una tenda vicino al complesso di Bab al-Aziziya, li hanno poi uccisi. Se la notizia è vera, certamente sembra che siamo all’inizio di un genocidio, come alcuni analisti della geopolitica come il dottor Webster Tarpley avevano previsto se i terroristi di Bengasi avessero raggiunto Tripoli. La NATO spera forse che questo rappresenti il catalizzatore di cui ha bisogno per influenzare quelle parti politiche occidentali che sono poco propense all’idea dello spiegamento di una “forza di stabilizzazione”. Ma c’è una complicazione.

La Francia, gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Qatar hanno tutti ammesso di avere forze speciali sul terreno che forniscono assistenza ed armamenti ai ribelli, nonché servizi di addestramento. Qualsiasi situazione di caos o di atrocità attribuita a questi ribelli sarebbe da addebitare direttamente alle forze della NATO, le quali danno ordini proprio ai ribelli. La celebrazione prematura della vittoria della NATO, e trasformata in un’umiliazione: vittoria inceppata o impantanata a causa dell’inefficacia sul terreno dei ribelli, delle bugie conclamate e di un’opinione pubblica che ormai è consapevole del fatto che le forze imprevedibili e brutali dei ribelli agiscono, in realtà, sotto il comando delle forze speciali occidentali.

Spetta ai media alternativi il compito di esporre questi fatti, ad infinitum, in modo che la NATO non sia in grado di vendere le menzogne ​​sulle loro vittoria o su ribelli in veste di “schegge impazzite, armate, assetate di sangue” a causa dei quali l’intervento della NATO si rende necessario. Naturalmente c’è anche il tentativo concertato di riconfezionare le bugie accertate di febbraio riguardanti le asserite atrocità commesse da Gheddafi, insieme alla classica e falsa paura delle “ADM” e usare questa storia come pretesto per inviare le truppe di terra. Anche queste bugie devono essere energicamente esposte per quel che sono; bisogna costringere la NATO o a restare nella sua attuale situazione di stallo tattico fino alla scadenza di settembre oppure a continuare a distruggere la propria reputazione ed esporre agli occhi del mondo il suo programma reale e criminale, mentre, inciampando, cerca di attraversare la linea del traguardo.

(…)

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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