Öttinger

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dal Blog Goofynomics di Alberto Bagnai

Vi ricordate del nostro amico Gunther?

Ne avevamo parlato nel post precedente: è quello che, giocando in squadra con il suo amico Martin, era riuscito a scalzare dalla Commissione Budget la commissaria bulgara (Kristalina Georgieva), non sia mai un non tedesco si fosse trovato a maneggiare i fondi per la programmazione europea 2021-2027! La Bulgaria è stato di frontiera, e magari avrebbe posto qualche resistenza alla filosofia immigrazionista che l’altro nostro amico, Wolfgang (Schäuble) aveva imposto, nell’esclusivo interesse della Germania, paese in perenne crisi demografica. Quindi, non sia mai la Kristalina avesse anche pensato non dico a qualche respingimento, ma a un minimo di regole, ecco che il problema è risolto: la si manda alla Banca Mondiale, e al suo posto arriva Gunther, casualmente dello stesso partito della Merkel.

Ah, Gunther! Una pasta d’uomo, e soprattutto, come ci si aspetta da un Cristiano (e Democratico), un uomo di fede. Gunther crede. Crede nel mercato. Crede che i problemi che non riesce a risolvere lui, li risolva il mercato. Lui è riuscito a risolvere il problema di mettere il budget UE pressoché interamente in mano tedesca. Il mercato, secondo lui, risolverà il problema di far votare “bene” (per lui) gli italiani (cioè noi):

Voi mi direte che pensare una cosa simile non è un grande segno di umanità, o almeno di solidarietà europea, ma poi addirittura dirla non è un gran segno di intelligenza! Sono d’accordo con voi, ma che ci volete fare? Io vi ho sempre detto qual è il difetto dei tedeschi, popolo che personalmente ammiro per quanto ha di buono: qualsiasi altro popolo combatte fino alla vittoria, loro combattono fino alla sconfitta.

Amen.

Con questa uscita del nostro amico Gunther (tweet soppresso), e con il comportamento del nostro Presidente della Repubblica, credo che sia definitivamente risolto il problema di far capire, a chi ancora non l’avesse capito, cosa volessi dire nel lontano 2012, quando vi mettevo in guardia con queste parole:

“Deliberata ed esplicita e rivendicata soppressione del dibattito democratico…”.

Lo so.

Molti di voi, leggendo queste parole sei anni fa, avranno detto: “Bè, sì, è bravino, certo, è eloquente, senza dubbio, l’euro non funziona, chi lo nega, però in fondo lui esagera…”.

E ora vi sorprendete (voi, io no…) nel trovarvi con un governo rifiutato per delitto di opinione (quello sorprendentemente imputato a Paolo Savona), nonostante fosse espressione di giorni e giorni di lavoro di una maggioranza della cui faticosa costruzione, in tempi normali, il Presidente della Repubblica avrebbe potuto giustamente rivendicare il merito.

Ma questo non basta!

Vi trovate anche con un premier uscito fuori dal cilindro (ma in realtà preparato scientificamente a tavolino da mesi, con una ben precisa strategia mediatica che solo agli ingenui poteva sfuggire), il quale, lellero lellero, andrà a farsi votare la fiducia da nessuno. Ma non fa niente: lui è stato scelto perché rassicuri i mercati, o almeno questo è quello che ci dicono, quando in realtà è già assolutamente chiaro dove si voglia andare a parare: avere un docile esecutore che, una volta aizzati i mercati (grazie anche alle parole del buon Gunther o di qualche altro simpatico buontempone della CDU infiltrato o meno a Bruxelles), con la solita scusa dell’emergenza nazionale (FATE PRESTO!), magari chieda un prestito alla troika, e metta il paese sotto commissariamento, o almeno faccia qualche bel decreto “salva Italia” aggredendo il nostro patrimonio immobiliare (perché tanto è lì che vogliono andare a parare, e lo sappiamo bene).

Tutto questo perché l’Italia fa parte di quel club di scriteriati che hanno deciso di non essere liquidi nella propria moneta: situazione quest’ultima che ovviamente, come ogni cosa della vita, espone a rischi (tipicamente, il rischio di quella cosa che oggi non c’è più: l’inflazione), ma che attenua (non voglio dire elimina) il potere di ricatto e di ingerenza di interessi esteri sul processo democratico del Paese.

La situazione nella quale ci troviamo è paradossale sotto molti profili, ma qui mi basterà sottolinearne uno. Sappiamo tutti quali condizioni occorre siano realizzate affinché una moneta unica possa essere sostenibile, sopportabile (perché desiderabile non credo lo sia mai) per stati diversi. Ecco: sono esattamente quelle condizioni che non noi barbari antieuropeisti populisti xenofascioleghisti, ma il nostro amico Gunther, lui così cristiano, così democratico, e così cristiano democratico, ci dimostra essere irrealizzabili in Europa: in primis l’esistenza di una genuina solidarietà politica (ma prima ancora antropologica, culturale…). Mi spiace molto per chi ci accusa a vanvera di essere antitedeschi o antieuropei. Esorto chiunque a cercare in quanto ho scritto parole di indiscriminato biasimo verso il popolo tedesco: non credo ne troverà. Viceversa, le parole di Gunther sono antieuropee, perché sono molto pesanti: esse teorizzano la rappresaglia dei mercati, come i suoi avi, forse, erano parte di quella maggioranza rumorosa di tedeschi che teorizzava le rappresaglie uso Fosse Ardeatine.

Le prime non funzioneranno come non hanno funzionato le seconde, e il motivo sarà lo stesso: non tanto il nostro malanimo (nel mio caso inesistente) verso la Germania, quanto l’insofferenza degli Stati Uniti verso l’arroganza di un paese che in fondo è uscito come noi sconfitto dalla Seconda Guerra Mondiale, ma si erge a dominus del subcontinente europeo portandolo a una balcanizzazione che forse può anche essere funzionale a progetti egemonici di più ampio respiro, ma che d’altra parte evoca lo spettro di sempre: la saldatura fra Russia e Germania (che procede, fra loro, nonostante noi si debba sottostare alle sanzioni).

Oggi c’è un unico modo di essere veramente amici dell’Europa vera, quella culturale, quella nella quale ci indentifichiamo e ci individuiamo, non fosse che per negazione (perché non siamo asiatici, non siamo africani, non siamo americani… e non siamo nemmeno pinguini!). Questo modo è togliere dal progetto politico europeo, che non si basa su una identità positiva sufficientemente forte da produrre la necessaria solidarietà, quegli elementi che necessariamente alterano i rapporti di forza fra paesi. Abbiamo avuto un’Europa funzionante: quella antecedente a Maastricht, quella alla quale il nostro programma elettorale proponeva di tornare, negoziando con gli altri paesi europei, secondo una proposta che qui voi conoscete benissimo: quella del Manifesto di Solidarietà Europea. La rigidità del cambio, e la necessità, per rifinanziare il proprio sistema monetario e finanziario, di ricorrere a una banca centrale potenzialmente controllata da interessi esteri, o comunque obbligata a tener conto anche delle condizioni di paesi molto diversi dal nostro, sono i due principali elementi che alterano le normali regole del mercato, impedendo l’aggiustamento dei prezzi relativi (si può credere nel mercato impedende ai prezzi di funzionare?) e conducendo inevitabilmente a drogare con credito facile le economie periferiche, ma anche quelle centrali del sistema.

Da un progetto di costruzione di un mercato, l’Unione Europea è diventata insensibilmente, ma ormai platealmente, un progetto di alterazione del mercato, e certe regole sono parte del problema. Non è una novità, lo sapevano tutti.

Vogliamo parlare dell’assurdità di chi dopo averci imposto regole procicliche in recessione (“c’è la crisi, fate austerità!”) vuole imporci regole anticicliche in espansione (“bisogna riparare il tetto quando c’è il sole”)?

Ecco, non c’è altro da dire, o forse qualcosa c’è. Se lo scopo dei mercati fosse creare valore, anche egoisticamente, per se stessi, l’insistenza su regole che il valore lo distruggono sarebbe irrazionale. L’unica razionalità che possiamo ravvisarci, sperando di non sbagliare, risiede nel fatto che l’imposizione di simili regole è funzionale all’ingerenza di fantomatiche entità terze (“i mercati”) nella vita politica dei paesi. Il beneficio che ne otterrebbero, lo sappiamo, è quello di alterare la distribuzione del reddito a vantaggio del capitale e a danno del lavoro (incluso quello di professionisti, piccoli imprenditori, commercianti, e di altre categorie che la sinistra abitualmente cataloga fra i “nemici del popolo”).

Ma forse non c’è nemmeno questa razionalità, e ciò cui stiamo assistendo è solo una immensa tragedia dell’assurdo. Trasformare le prossime elezioni in un insensato referendum sull’euro, anziché lasciar lavorare un governo che aveva come priorità far ripartire l’economia italiana, riformandola in profondità, per poi negoziare autorevolmente in Europa regole più razionali per tutti, non è stato un gesto di grande saggezza: chi ha agito in questo modo si è preso una schiacciante responsabilità politica.

I mercati, lo si insegna al secondo anno di economia, falliscono. Forse chi ha sottomesso la volontà politica della maggioranza al supremo interesse dei mercati non si è accorto della crisi causata dalla Lehman (istituzione privata), non ha mai sentito parlare della crisi del 1929, ecc. Può capitare: se uno studia la Costituzione, magari non studia storia economica, e magari poi si dimentica anche quello che ha studiato.

Va bene così.

Chi invece studia la storia e l’economia sa che le cose vanno come devono andare: i progetti insostenibili, per definizione, crollano, e non c’è nessun bisogno di referendum, così come, del resto, non c’è bisogno di nessun impeachment per sconfiggere chi ha voluto agire da avversario politico anziché da arbitro: la sconfitta, anche qui, è nell’insostenibilità del progetto e nel fatto che gli italiani lo rifiutano in maggioranza (una maggioranza che cresce a vista d’occhio). Sarebbe opportuno abbandonare la dimensione dogmatica per essere pronti a fronteggiare tutte le circostanze. Il dogma dell’infallibilità dei mercati (o, se volete, dell’irreversibilità delle regole), invece, ci imporrà di arrivare impreparati all’evento, che pur non essendo catastrofico come quello di Tunguska o di Chicxulub, sarà in ogni caso molto più dannoso che se la razionalità prevalesse.

Chi, in tutta evidenza, non vuole che la razionalità prevalga (come il nostro amico Gunther), se ne prende la responsabilità davanti agli uomini, e, se è cristiano (non cristiano democratico) anche davanti a Dio.

Auguri.

(…e ora andiamo in aula a sentire la discussione sul decreto Alitalia: altro bel capolavoro del partito che ha governato finora…)

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Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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