Logistica 101: dove prende le armi l’ISIS?

Date:

di Tony Cartalucci – 16/06/2015

Fonte: Sakeritalia

Fin dai tempi più remoti un esercito ha (sempre) richiesto un significativo supporto logistico per portare avanti ogni genere di campagna militare di tipo continuativo. Nell’antica Roma era stato costruito un esteso sistema di strade per facilitare non solo i commerci, ma per permettere alle legioni romane di muoversi velocemente laddove ci fosse stato bisogno di loro, e perchè tutti gli approvvigionamenti necessari alle operazioni militari potessero successivamente seguirle.

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Alla fine del ‘700, il leader della Francia, generale ed esperto stratega, Napoleone Bonaparte scriveva che “gli eserciti marciano con il loro stomaco”, riferendosi all’estesa rete logistica necessaria per nutrire un esercito e di conseguenza fargli mantenere le sue capacità offensive. Da parte francese, l’incapacità di mantenere un flusso costante di rifornimenti alle forze che combattevano in Russia, e la decisione dei russi di bruciare le loro stesse infrastrutture sul territorio per renderle inutilizzabili alle forze di invasione, furono alla fine i fattori che portarono alla sconfitta dei francesi.

La Germania nazista andò incontro ad un simile destino quando anch’essa sovraccaricò le sue capacità logistiche durante l’invasione della Russia con l’Operazione Barbarossa. Ancora una volta, le armate di invasione si ritrovarono bloccate, con risorse limitate prima di essere circondate e distrutte o costrette alla ritirata.

In tempi recenti, durante la Guerra del Golfo del 1990, l’estensione eccessiva della colonna dei rifornimenti al seguito delle forze di invasione americane, unita allo scontro imprevisto con il grosso dell’esercito di Saddam Hussein, fermò quella che fino ad allora era stata un’avanzata fulminea, che molti (erroneamente) pensavano avrebbe potuto continuare fino a Bagdad se solo ci fosse stata la volontà politica di farlo. La voglia di conquista c’era, la componente logistica no.

Le lezioni della storia, per quanto chiare possano essere, sembrano andare completamente perdute per quella squadra di politici e giornalisti occidentali che sono o immensamente ignoranti o incredibilmente menzogneri.

Le linee di rifornimento dell’ISIS

Ci dicono che l’attuale conflitto che infiamma il Medio Oriente, in particolare l’Iraq e la Siria, dove il cosiddetto “Stato Islamico” (ISIS) è attivo combattendo e sconfiggendo contemporaneamente gli eserciti di Siria, Libano, Iraq e Iran, si regge sul supporto logistico derivante dal mercato nero del petrolio e dal ricavato dei rapimenti a scopo di riscatto.

ILe capacità offensive dell’ISIS sono quelle di uno Stato nazionale vero e proprio. Controlla vaste entità di territorio a cavallo fra Siria ed Iraq ed è capace non solo di difendere ed espandere militarmente questo territorio, ma possiede le risorse per occuparlo, comprese quelle per amministrare la popolazione assoggettata al suo interno.

Gli analisti militari, specialmente i membri anziani delle forze armate occidentali, e anche i giornalisti occidentali, che ricordano i convogli di autocarri necessari all’invasione dell’Iraq nel 1990 e poi di nuovo nel 2003, devono sicuramente domandarsi dove siano oggi gli autocarri dell’ISIS. Dopo tutto, se le risorse per mantenere le capacità offensive mostrate dall’ISIS fossero tutte disponibili all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora le forze siriane ed irachene dovrebbero sicuramente possedere una capacità offensiva uguale o maggiore (dell’ISIS), cosa che semplicemente non hanno.

Da uffici in località segrete, rappresentanti dei Servizi Segreti americani hanno aiutato i governanti arabi ad acquistare armi, incluso un grosso stock dalla Croazia, ed hanno accuratamente valutato i vari comandanti dei ribelli e i rispettivi gruppi di appartenenza per determinare chi dovesse ricevere le armi man mano che arrivavano, questo secondo rappresentanti americani che lo hanno riferito in condizioni di anonimato.

Se le linee di rifornimento dell’ISIS fossero unicamente confinate all’interno del territorio siriano ed iracheno, allora di sicuro, sia le forze siriane che quelle irachene utilizzerebbero il loro unico vantaggio, l’arma aerea, per isolare i combattenti di prima linea dell’ISIS dalla fonte dei loro rifornimenti. Questo però non succede, e per una buona ragione.

Le linee di rifornimento dell’ISIS corrono corrono proprio dove l’aviazione siriana ed irachena non può intervenire. A nord dentro la Turchia, membro della NATO, a sud-est dentro la Giordania e l’Arabia Saudita, alleati degli americani. Oltre questi confini si estende una rete logistica che si espande fino ad includere sia l’Europa dell’est che il nord Africa.

I terroristi e gli armamenti rimasti in Libia dopo l’intervento della NATO nel 2011 sono state inviati di corsa in Turchia e da qui in Siria, il tutto coordinato da rappresentanti del Dipartimento di Stato Americano e dalle agenzie di intelligence a Bengasi, covo di terroristi da decenni.

Il “London Telegraph” in un articolo del 2013 intitolato “Unità della CIA dedite al contrabbando delle armi a Bengasi durante l’attacco all’ambasciata”, riporta che:

(la CNN) ha asserito che una squadra della CIA era al lavoro in un edificio di fianco al consolato per rifornire i ribelli siriani di missili provenienti dai depositi libici.

Le armi sono arrivate anche dall’Europa dell’Est, con il New York Times, che in un suo articolo del 2013, intitolato:” Il ponte aereo per le armi ai ribelli siriani si intensifica con l’aiuto della CIA”, scrive:

Da uffici in località segrete, rappresentanti dei Servizi Segreti americani hanno aiutato i governanti arabi ad acquistare armi, incluso un grosso stock dalla Croazia, ed hanno accuratamente valutato i vari comandanti dei ribelli e i rispettivi gruppi di appartenenza per determinare chi dovesse ricevere le armi man mano che arrivavano, questo secondo rappresentanti americani che lo hanno riferito in condizioni di anonimato.

Mentre le fonti giornalistiche occidentali fanno riferimento all’ISIS ed alle altre bande che operano con il simbolo di Al Qaeda, chiamandoli “ribelli” o “moderati”, è chiaro che, se tutti quei miliardi di dollari in armi andassero veramente ai “moderati”, sarebbero loro, e non l’ISIS a dominare il campo di battaglia.

Recenti rivelazioni hanno messo in luce che già nel 2012, il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti non solo aveva anticipato la creazione di un “Principato Salafita” che occupasse parte della della Siria e dell’Iraq, esattamente dove ora si trova l’ISIS, ma gli aveva dato un entusiamante benvenuto e un concreto contributo alla sua formazione.

Per quanto si estendono le linee di rifornimento dell’ISIS?

Per quanto molti in Occidente ci mettano tanta buona volontà a fingersi ignoranti su come faccia l’ISIS a procurarsi i rifornimenti atti a mantenere le sue impressionanti capacità offensive, alcuni giornalisti hanno viaggiato nella regione e hanno videoregistrato e fatto articoli sugli infiniti convogli di autocarri che riforniscono l’esercito dei terroristi.

Questi camion, stavano per caso viaggiando avanti e indietro dai luoghi di produzione nel territorio conquistato dall’ISIS, ben all’interno di Siria ed Iraq? No. Venivano dall’interno della Turchia, passavano il confine siriano con assoluta impunità e se ne andavano per la loro strada sotto la tacita protezione delle vicine forze militari turche. Tutti i tentativi della Siria di attaccare questi convogli e i terroristi che entravano nel Paese con loro, si sono sempre scontrati con le difese antiaeree turche.

La rete televisiva internazionale tedesca Deutsche Welle (DW), ha trasmesso quello che è stato il primo videoservizio di un grosso organo di informazione occidentale inteso a documentare come le fonti di sostentamenro dell’ISIS non siano il “mercato nero del petrolio” o i “rapimenti a scopo di riscatto”, ma i rifornimenti del valore di miloni di dollari trasportati quotidianamente all’interno della Siria da centinaia di autocarri provenienti dai confini della Turchia, Stato membro della NATO.

 

Il servizio intitolato “Le vie di rifornimento dell’ISIS attraverso la Turchia” conferma quanto già detto da analisti geopoliticialmeno fin dall’inizio del 2011, che l’ISIS si basa su una immensa sponsorizzazione statale multi nazionale, che include, naturalmente, la stessa Turchia.
Guardando le mappe del territorio conquistato dall’ISIS e leggendo i resoconti delle sue manovre offensive attraverso la regione ed anche oltre, ci si immagina che per mantenere questo livello di capacità bellica siano necessari (i rifornimenti) di centinaia di autocarri al giorno. Si possono immaginare questi convogli che entrano in Iraq dalla Giordania e dall’Arabia Saudita. Altri convogli è probabile che entrino in Siria dalla Giordania.

Riassumendo, considerando la realtà della logistica e la sua costante importanza in tutte le campagne militari della storia dell’umanità, non esiste nessun’altra spiegazione plausibile della capacità dell’ISIS di portare la guerra all’interno della Siria e dell’Iraq, se non attraverso massicce risorse provenienti dall’estero.

Se un esercito marcia con il suo stomaco e gli stomaci dell’ISIS sono pieni di rifornimenti dalla NATO e degli stati del Golfo Persico, allora l’ISIS continuerà a marciare a lungo e con successo. Il segreto per spezzare la schiena all’ISIS sta nello spezzare le sue linee di rifornimento. Per fare ciò, ed è per questo che il conflitto si trascina così da tanto tempo, Siria, Iraq, Iran e gli altri dovrebbero per prima cosa assicurarsi il controllo dei confini e costringere l’ISIS a combattere all’interno dei territori di Turchia, Giordania e Arabia Saudita, uno scenario difficile da realizzare in quanto nazioni come la Turchia hanno creato di fatto zone tampone all’interno della Siria, zone che non è possibile eliminare senza un intervento militare diretto contro la Turchia stessa.

Con l’Iran che si unisce alla lotta, con un ipotetico dispiegamento di migliaia di truppe per sostenere le operazioni militari siriane, i basilari principi di deterrenza potrebbero impedire alla Turchia di rafforzare le sue zone tampone.

In pratica, quello che succede è che la NATO tiene letteralmente in ostaggio tutta l’area tramite la prospettiva di una catastrofica guerra regionale e lo sforzo di difendere e perpetuare il carnaio fatto dall’ISIS in Siria, il tutto con la copertura di una immensa rete logistica che fuoriesce dal territorio stesso della NATO.

*****
Articolo di Tony Cartalucci pubblicato su New Eastern Outlook il 10/06/2015
Traduzione in Italiano a cura di Mario per Sakeritalia.it il 13/06/2015

 

 

 

Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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