La crisi siriana ( 2 )

La crisi siriana 2 –  Il confronto con la guerra di Libia

Autore: Ricci, Patrizio – Fonte: CulturaCattolica.it

01 settembre 2012 – Sarebbe lungo parlare della distorta concezione del diritto internazionale che si crea adottando questa ipocrita linea interventista, per cui le prove un po’ ci sono, ma molto si enfatizzano e si distorcono i fatti. Quartieri delle principali città siriane sono ricostruiti in Qatar per i servizi TV di propaganda e per infoltire così le file degli oppositori. Con questi mezzi e con la omissione di tante notizie, il sostegno ad un intervento che rimuovesse l’attuale governo contro la volontà dei cittadini è diventato, mano a mano, consuetudine, perché non trova l’opposizione ed un giudizio chiaro da parte di nessuno.

L’opinione pubblica ha infatti dimostrato una incapacità di giudizio personale: uno sguardo autenticamente religioso, cioè capace di guardare innanzitutto all’uomo e alla sua dignità. E’ evidente che da qualsiasi parte venga e qualunque sia la bandiera, questo modo di concepire il rapporto tra Stati e il rapporto tra popoli, non può mai portare ad alcuna liberazione.

In un contesto di crisi, che è soprattutto crisi antropologica, l’allineamento dei “nostri” giornali cattolici con il “potere” è grande: per giudicare gli avvenimenti i cristiani si basano sullo sguardo di chi è più grande nella fede: come metodo e come tradizione. Così tutti si sono affidati ai propri organi di informazione, quelli che noi consideriamo “nostri”.

D’altra parte la maggior parte degli italiani, prima della rivolta siriana sapeva vagamente anche della stessa esistenza della Siria. Poi è scoppiata la protesta organizzata e sostenuta dall’esterno. La protesta partiva dal dato di un malcontento reale. Il pervasivo controllo poliziesco, la corruzione nella società siriana erano grandi, ma il fine di chi ha preso le redini della rivolta, ben presto armata, era un altro: era la caduta del regime di Assad e non un genuino desiderio di riforme; non una transizione democratica verso un sistema più pluralista, ma l’intraprendere una strada così da provocare un cambio violento di gouvernement che rispondesse a esigenze soprattutto esterne alla società siriana.

Abbiamo considerato la crisi siriana come il naturale proseguimento della primavera araba. Intorno alla vicenda siriana si è scatenata una disinformazione pari solo al caso libico. Si è fatto leva su una mentalità forgiata dai mezzi di informazione e perseguita soprattutto dal potere.

L’estrema dipendenza dalla mentalità comune, allineata, assuefatta e inconsapevolmente cinica, è confutata da un fatto recente eloquente: quello della Libia. Una campagna mediatica si era scatenata intorno agli “atti disumani” del regime libico, salvo poi riproporli sotto altra bandiera e facendo sprofondare il Paese nella miseria più cupa. Oggi avvengono in Libia atti altrettanto disumani. Le torture, le detenzioni arbitrarie, i regolamenti di conti, la persecuzione del pensiero diverso sono diventati fatti abituali e sono ignorati, non indignano più nessuno. Non ci sollecitano.

Alla conoscenza di fatti terribili l’unica domanda seria sarebbe: «perché?» Questa domanda è però inesistente, sconosciuta, mai posta, per molti inopportuna, bannata dai commenti degli articoli on-line. Perciò ciò che leggiamo non ci muove, non ci cambia, non ci interessa.

Ma ci sono altri fattori disattesi e volutamente ignorati dalla stampa cattolica: quali sono veramente i fattori in gioco politicamente e, soprattutto, qual è la posizione della gente siriana? La storia delle persone non è mai raccontata; mai è raccontato il loro desiderio, il desiderio del loro destino.

E’ come se gli esseri umani non esistessero. Esiste solo la conta dei morti, distinta in uomini , donne e bambini, o i racconti autobiografici degli oppositori. Esiste solo il fiancheggiamento a chi deve vincere perché ne ha la forza.

Naturalmente nessuno ci racconta se i ribelli rappresentano tutti i siriani. Si raccontano le forze in armi, ci si lamenta dei rapporti di forze; non si racconta però perché la comunità internazionale ha paradossalmente affamato i siriani per ‘proteggerli’, per facilitare in realtà una delle due parti in conflitto.

Perché la comunità internazionale (l’Occidente, più le monarchie assolutistiche del Golfo) ha voluto consegnare il Paese al caos ed alla distruzione? Le opportunità di risoluzione del conflitto le ha sempre scartate e quelle rare volte che le ha intraprese le ha scientemente fatte fallire!

E poi, come non notare il sospetto sincronismo degli attentati contro lo Stato, rivendicati dai ribelli, e le stragi attribuite ad Assad sempre contro donne e bambini? Sono atti criminali puntualmente successi sempre in concomitanza con le riunioni degli organismi di sicurezza delle Nazioni Unite e con i colloqui di pace. Il governo siriano sembra masochista.

E’ facile capire che per cambiare ideologicamente la società siriana le notizie anche non credibili tornano utili. A cosa? A rendere l’embargo più duro; ad avere l’occasione di cacciare gli ambasciatori siriani dai più importanti Paesi nel mondo. Lo scopo è stato sempre quello di suscitare la unilaterale esecrazione internazionale (minimizzando nei casi che hanno visto vittima il governo presieduto da Assad).

Si può chiamare ancora “disinteressato” chi ha causato e suggerito tanta rovina e rifiutato ogni possibile mediazione? Sembrerebbe di sì, perché le riunioni di queste persone si chiamano “riunioni degli amici della Siria” e l’esercito dei ribelli si chiama Esercito Libero Siriano. Sono in entrambi i casi contraddizioni in termini, ma nessuno ci fa caso.