Aiuti umanitari a Ghouta Est: raccontiamola tutta. Ovvero quando i report giornalistici ci privano di conoscere il ‘perché?

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Come già detto in un precedente mio posti, ‘girato pagina’ – dopo l’appello delle monache sirine – si riprende come prima. Ve lo dimostro senza scegliere troppo, prendendo il primo titolo del ‘digest’ che mi arriva ogni giorno da Google: Siria, Boulierac (Unicef): a Duma situazione terribile, palpabile la paura e la rabbia della popolazione locale”. A lanciare la notizia è l’agenzia SIR. In questo caso a tema sono la distribuzione degli aiuti umanitari a Est Ghouta. L’articolo descrive la situazione umanitaria disastrosa e ‘la paura e la rabbia della popolazione locale’ ma non facendo alcun cenno delle responsabilità dei cosiddetti ‘ribelli’, ossia l’incendio lo appiccano dal 2013. D’altra parte, le milizie armate non devono mai apparire nei report (un insight: così accade nei filmati dei White Helmet,  i jihadisti armati non devono essere mai presenti altrimenti questo confliggerebbe  con il mantra del governo che bombarda civili inermi – e non  obiettivi militari posti nei centri residenziali).

Altrettanto assente nell’articolo di SIR  che i miliziani jihadisti operanti in Est Ghouta impediscono l’evacuazione degli abitanti. Invece è riconosciuto dagli stessi leader dell’opposizione armata che ai civili è impedito di uscire dalle proprie case (vedi qui )e sono privati di qualunque mezzo di comunicazione con l’esterno. L’articolo di SIR riferisce la segnalazione del delegato dell’Unicef che asserisce che l’esercito siriano ‘ha trattenuto alcuni articoli medicali trasportati dal convoglio’.  In proposito una informazione corretta avrebbe dovuto precisare che l’esercito siriano è discriminato:  i convogli umanitari in primis avvantaggiano i miliziani jihadisti, sono le formazioni terroristiche infatti le prime a ricevere le forniture alimentari e mediche.

L’immagine offerta è quello di un esercito nazionale supportato da una catena logistica impeccabile, che priva  i bisognosi di materiale di prima necessità, senza remore. Beh, non è questa la realtà delle cose. In verità sarebbe persino ammissibile che l’esercito siriano – che ha avuto centinaia di morti e feriti dall’inizio dei combattimenti – di fronte alla carenza di alcuni medicinali divenuti irreperibili o rari per l’embargo, li trattenga, specialmente  nella consapevolezza che i civili quei medicinali non li vedranno neanche da lontano.
In proposito occorre una precisazione: relativamente al convoglio di aiuti umanitari del 5 marzo citati da SIR , è degno di nota che in merito a quella distribuzione, le stesse agenzie umanitarie hanno riferito che hanno discusso a lungo con i consigli locali delle milizie in quando, come di consueto, i viveri non vengono distribuiti immediatamente alla popolazione ma immagazzinati ed usati – come arma di ricatto discriminante – prioritariamente per i miliziani e per le loro famiglie. Viene omesso anche che quel convoglio è stato fatto oggetto di fuoco da parte di al Nusra e che quindi ha potuto consegnare gli aiuti solo parzialmente.

In definitiva, sarebbe auspicabile che qualcuno dicesse che l’interruzione della sofferenza dei civili  non  è direttamente correlata solo agli aiuti umanitari ma soprattutto all’apertura dei corridoi umanitari – ed in misura ancor maggiore – alla lunghezza della guerra, all’interruzione di afflusso di armi e supporto occidentale  e infine alla resa o al ritiro dei terroristi.

Vi sembrano questi particolari di poco conto?! Io direi di no. Vi pare che – dopo l’intervento delle monache – la narrazione della guerra di Siria sia cambiata? Io direi di no.

Patrizio Ricci
Patrizio Riccihttps://www.vietatoparlare.it
Con esperienza in testate come il Sussidiario, Cultura Cattolica, la Croce, LPLNews e con un passato da militare di carriera, mi dedico alla politica internazionale, concentrandomi sui conflitti globali. Ho contribuito significativamente all'associazione di blogger cristiani Samizdatonline e sono socio fondatore del "Coordinamento per la pace in Siria", un'entità che promuove la pace nella regione attraverso azioni di sensibilizzazione e giudizio ed anche iniziative politiche e aiuti diretti.

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